Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 28 Sabato calendario

IL CACCIATORE DI BOSS: IMPRENDITORI COLLABORATE DI PIÙ

È sempre stato un cacciatore di mafiosi e latitanti. L’arresto che lo ha incoronato è stato quello del capo dei capi siciliani, Bernardo Provenzano, nell’aprile 2006 dopo 43 anni di fuga. Dal maggio 2012 Renato Cortese è capo della Squadra mobile.

A Roma si parla spesso di camorra e ’ndrangheta e poco di mafia. Perché? È finita in disgrazia o sa infiltrasi meglio delle altre mafie?

Bisogna considerare che tra le forme conosciute di espressione delle organizzazioni criminali mafiose sul territorio - ’ndrangheta, camorra e Cosa nostra - notiamo, negli ultimi tempi, una flessione della presenza siciliana dovuta anche ai numerosi colpi inferti all’organizzazione mafiosa. In linea generale, la Provincia di Roma è un "punto di arrivo" per le mafie, un luogo ove si concretizza l’investimento dei proventi illeciti.

A Ostia, a luglio, lei ha scoperto la pace criminale siglata tra il camorrista Michele Senese, il clan Fasciani e i fratelli Triassi, di Agrigento. Possibile per che dei mafiosi come loro, legati ai temibili Cuntrura-Caruana, si facciano gambizzare e addirittura qualcuno li prende a schiaffi senza che meditino vendetta?

Le indagini svolte dalla Squadra mobile hanno fatto luce sull’esistenza di accordi tra i vertici delle consorterie di tipo mafioso, un "patto di non belligeranza" stipulato tra Fasciani, Triassi e Senese. È da ritenersi pacifico poi che una decisione, assunta a questi livelli criminali, abbia ricadute sulle conseguenti dinamiche e possa addirittura porre un freno ad eventuali rappresaglie della "parte lesa" ma sempre perché l’obiettivo principale di tutte le organizzazioni criminali è sfruttare al massimo ogni mezzo a disposizione per accumulare ricchezza.

A Vincenzo Triassi il giudice non ha riconosciuto l’imputazione di associazione a delinquere di stampo mafioso. L’inchiesta è salva?

Assolutamente sì. Anzi il Tribunale della libertà ha riconosciuto l’estistenza delle associazioni criminose di Fasciani e Triassi, confermando l’impianto accusatorio della Dda di Roma.

Che state facendo per stanare i mafiosi?

Innanzitutto, vi è un’attenzione costante ai fenomeni criminali che possono aver trovato terreno fertile in questa provincia. Le organizzazioni criminali organizzate tendono ad un unico obiettivo: l’accaparramento o sfruttamento delle risorse economiche di un territorio che viene attuato con modalità tali da eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale ricorrendo a fittizie intestazioni a favore di prestanome compiacenti.

Il settore imprenditoriale collabora poco, ha paura? Ci sono pericolose contiguità coi mafiosi?

All’interno dei territori nei quali le singole organizzazioni criminali hanno attecchito i loro tentacoli si è avuto modo di registrare la capacità di tessere una ragnatela di rapporti con il mondo imprenditoriale e delle istituzioni nel tentativo di influenzare e condizionare, con i classici metodi dell’intimidazione mafiosa, il regolare svolgimento delle relazioni sociali ed economiche. Una maggiore collaborazione da parte degli imprenditori potrebbe contribuire alle attività di contrasto alle infiltrazioni mafiose.

Da uno a dieci quant’è mafiosa Roma?

Sarebbe estremamente superficiale ricondurre ad una scala numerica l’indice di infiltrazione mafiosa. Possiamo ribadire che l’impegno, nel debellare tali fenomeni criminali, sarà ai massimi livelli.

È sempre stato un cacciatore di mafiosi e latitanti. L’arresto che lo ha incoronato è stato quello del capo dei capi, Bernardo Provenzano, nell’aprile 2006 dopo 43 anni di fuga. Dal maggio 2012 Renato Cortese è capo della Squadra mobile.

A Roma si parla spesso di camorra e ’ndrangheta e poco di mafia. Perché? È finita in disgrazia o sa infiltrasi meglio delle altre mafie?

«Bisogna considerare che tra le forme conosciute di espressione delle organizzazioni criminali mafiose sul territorio - ’ndrangheta, camorra e Cosa nostra - notiamo, negli ultimi tempi, una flessione della presenza siciliana dovuta anche ai numerosi colpi inferti all’organizzazione mafiosa. In linea generale, la Provincia di Roma è un "punto di arrivo" per le mafie, un luogo ove si concretizza l’investimento dei proventi illeciti».

A Ostia, a luglio, lei ha scoperto la pace criminale siglata tra il camorrista Michele Senese, il clan Fasciani e i fratelli Triassi, di Agrigento. Possibile che dei personaggi come loro, legati ai temibili Cuntrura-Caruana, si facciano gambizzare e addirittura qualcuno li prende a schiaffi senza che meditino vendetta?

«Le indagini svolte dalla Squadra mobile hanno fatto luce sull’esistenza di accordi tra i vertici delle consorterie di tipo mafioso, un "patto di non belligeranza" stipulato tra Fasciani, Triassi e Senese. È da ritenersi pacifico poi che una decisione, assunta a questi livelli criminali, abbia ricadute sulle conseguenti dinamiche e possa addirittura porre un freno ad eventuali rappresaglie della "parte lesa" ma sempre perché l’obiettivo principale di tutte le organizzazioni criminali è sfruttare al massimo ogni mezzo a disposizione per accumulare ricchezza».

A Vincenzo Triassi il giudice non ha riconosciuto l’imputazione di associazione a delinquere di stampo mafioso. L’inchiesta è salva?

«Assolutamente sì. Anzi il Tribunale della libertà ha riconosciuto l’estistenza delle associazioni criminose di Fasciani e Triassi, confermando l’impianto accusatorio della Dda di Roma».

Che state facendo per stanare i mafiosi?

«Innanzitutto, vi è un’attenzione costante ai fenomeni criminali che possono aver trovato terreno fertile in questa provincia. Le organizzazioni criminali organizzate tendono ad un unico obiettivo: l’accaparramento o sfruttamento delle risorse economiche di un territorio che viene attuato con modalità tali da eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale ricorrendo a fittizie intestazioni a favore di prestanome compiacenti».

Il settore imprenditoriale collabora poco, ha paura? Ci sono pericolose contiguità coi mafiosi?

«All’interno dei territori nei quali le singole organizzazioni criminali hanno attecchito i loro tentacoli si è avuto modo di registrare la capacità di tessere una ragnatela di rapporti col mondo imprenditoriale e delle istituzioni nel tentativo di influenzare e condizionare, con i metodi dell’intimidazione mafiosa, il regolare svolgimento delle relazioni sociali ed economiche. Una maggiore collaborazione da parte degli imprenditori potrebbe contribuire alle attività di contrasto alle infiltrazioni mafiose».

Da uno a dieci: quant’è mafiosa Roma?

«Sarebbe superficiale ricondurre ad una scala numerica l’indice di infiltrazione mafiosa. Possiamo ribadire che l’impegno nel debellare tali fenomeni criminali, da parte delle forze di polizia coordinate dal procuratore Giuseppe Pignatone, è e sarà ai massimi livelli».