Stephen Rodrick, Rolling Stone 28/9/2013, 28 settembre 2013
SERENA WILLIAMS
Chi è l’atleta dominante nello sport di oggi? LeBron James? Michael Phelps? Per favore, quella è robetta. È Serena Williams, la donna che guida il tennis femminile come Kim Jong-un governa la Corea del Nord: spietatamente, con rari momenti di divertimento, pigrizia e, ogni tanto, qualche sdoppiamento di personalità. I fatti parlano chiaro: Serena è la numero uno al mondo, Maria Sharapova è la numero due. Maria è alta, bianca e bionda e per questo motivo guadagna molto più dagli sponsor, Serena è nera, è bella e ha la struttura di uno di quei camion che ai Motor Show passano sopra a una fila di Volkswagen distruggendole una a una. Il dominio di Serena si basa sul fatto di fregarsene di quello che voi (e chiunque altro) possiate pensare del suo modo di giocare. Ha mostrato il dito medio al tennis per oltre metà della sua vita. E non lo nega: «Molti dei miei amici mi hanno detto che ultimamente mi sono rovinata», dice con sguardo perplesso. «Davvero? Non credo proprio». Mi è quasi andata la Coca-Cola di traverso. Il punto è che Serena fa quello che vuole, quando vuole. Questa è la donna che, come è successo alle semifinali degli US Open nel 2009, durante un cambio di gioco legge testi motivazionali e un minuto dopo minaccia un giudice di linea di fargli mangiare la palla. I soliti stupidi commentatori di tennis si sono lamentati quando Serena si è presa qualche mese di pausa per flirtare con la moda e fare qualche apparizione in tv, come farebbe qualunque altra persona che ha guadagnato milioni di dollari.
Serena è tornata sul campo l’anno scorso, dopo aver superato un problema al piede e un coagulo di sangue che avrebbe potuto ucciderla. Dopo aver perso agli Open di Francia, nel 2012 ha avuto un parziale di 74-3, ha vinto tre tornei del Grande Slam e una medaglia d’oro alle Olimpiadi. Dopo ogni vittoria, i guru del tennis hanno detto a denti stretti: «Questa è l’ultima». Direi proprio di no. Nel 2013 ha vinto gli ultimi quattro tornei a cui ha partecipato e ha una striscia di 31 vittorie consecutive, la più lunga della sua carriera. Se non dovesse portare a casa il suo sesto Wimbledon (in effetti è stata sconfitta negli ottavi da Sabine Lisicki, ndr), vorrebbe dire che la Terra ha smesso di girare. Non è mai stata così forte come adesso, a 31 anni, che nel mondo del tennis equivalgono a 179. Persino uscire con il regista Brett Ratner non è servito a fermarla. E nemmeno sua sorella Venus, ovvero la seconda migliore giocatrice di tennis degli ultimi 20 anni.
Qual è il suo segreto? Serena non fa compromessi, se non con se stessa: «Sarebbe bello fare un figlio. Ma c’è sempre qualcosa a cui devi rinunciare in cambio del successo. Tutto ha un prezzo, quanto sei disposto a pagare?». Bella domanda.
Serena e Venus Williams vivono in una casa in un quartiere residenziale di Palm Beach Gardens, Florida, abitato in prevalenza da gente che va a letto presto e si alza all’alba. A loro piace così, serve a stare lontano dal casino e dagli scocciatori. È una mattina di marzo, Serena apre la porta in maglietta e tuta, con i capelli sciolti che sparano in almeno sette direzioni diverse. «Entra», dice, stropicciandosi gli occhi assonnati. «Devo andare ad allenarmi, uffa». Ma lo sguardo si illumina: «Poi però mi accompagni a fare le unghie, ho deciso di dipingerle con un colore che cambia a seconda dell’umore. Quello sì che non vedo l’ora».
Prendiamo la mia auto a noleggio e andiamo verso il campo da tennis. Nel vialetto davanti a casa c’è una Rolls-Royce bianca: «Quella è Casper», dice Serena, «mi piace dare un nome alle mie macchine e Casper mi sembrava perfetto». Come quasi tutti gli americani moderni, Serena viaggia accompagnata dal suo entourage: Patrick Mouratoglou, il suo nuovo allenatore francese e anche il suo nuovo fidanzato, il cuoco, il fisioterapista e Aleksandar “Big Sascha” Bajin, il suo celebre e chiacchierato hitting partner. La carovana arriva al campo da tennis e comincia a scaricare l’attrezzatura. Mancano due giorni al Sony Open di Miami, uno dei tornei più importanti del circuito tra quelli minori, il primo test significativo per Serena dopo la clamorosa sconfitta ai quarti di finale negli Australian Open e l’infortunio all’anca, che si è gonfiata tre volte il normale. È stata battuta da Sloane Stephens, una tennista bella e convenientemente (per i giornalisti) nera, che i commentatori si sono affrettati a definire “La nuova Serena”. Peccato che abbia perso 7 dei 10 match successivi, e abbia fatto innervosire Serena. La stampa ha messo in giro la voce che Sloane considerava Serena la sua mentore. Sloane stessa ha smentito, anzi ha avanzato il sospetto che Serena avesse parlato male di lei su Twitter. Il tennis femminile, se non lo sapevate, sembra Mean Girls con molti soldi in palio. «Non so da dove sia saltata fuori tutta questa storia», dice Serena. «Io non sono assolutamente il mentore di quella ragazza». Ci ha messo due mesi a recuperare dall’infortunio all’anca, ma se per caso qualcuno qui sente la pressione non lo fa vedere. Il suo amato cane bianco Jackie si accuccia nella borsa delle racchette e si addormenta, Serena si toglie una maglietta dei Green Day (non vuole sudarci dentro) e ne indossa una dell’Incredibile Hulk con tanto di addominali disegnati. Bajin è pronto per il riscaldamento. Serena no: «Ho fatto un sogno», dice come se stesse parlando da sola. «Mio padre era un mafioso, aveva fatto qualcosa di brutto e c’erano cadaveri ovunque, ma io non volevo guardare». Bajin smette di fare stretching e la guarda. «La Mafia ha attaccato casa nostra, anche se non era veramente la nostra casa. Avevano granate e fucili». Restano tutti in silenzio, con lo sguardo basso. «I miei sogni sono sempre strani. Poi nuotavo con Venus, lei teneva uno squalo in mano e me lo spingeva addosso. Cosa vorrà dire?». Questa è facile: le sorelle Williams sono note per le loro imprese sul campo, ma anche per essere figlie di un certo Richard Williams da Shreveport, Louisiana, che ha addestrato le due ragazze da quando avevano 7 anni.
Richard Williams è l’uomo che ha trasformato due figlie del ghetto in due leggende di uno sport per ricchi fino ad allora dominato da gente abituata a sorseggiare Veuve Clicquot al country club. Non è stato facile. Richards è passato sopra a chiunque per il bene delle ragazze, il che spiega i cadaveri nel sogno. A volte è stato eroico, come quando 10 anni fa ha salutato con il pugno chiuso il pubblico di Indian Wells che aveva rivolto a Serena fischi razzisti, altre è stato insopportabile, come quando si è messo a ballare nella zona stampa di Wimbledon proclamando le sue figlie come le migliori di tutti i tempi. I comportamenti di Mr. Williams sono stati così esagerati da far dimenticare ai fan il ruolo della madre, Oracene Price, che le ha allenate e mantenute calme ogni volta che il padre faceva qualcosa di strano (hanno divorziato anni fa, Richard è stato interrogato per sospetta violenza domestica dopo che Oracene è stata ricoverata con le costole rotte. Lui ha negato ogni responsabilità e non sono state emesse accuse).
Oggi Mouratoglou sta cercando di convincere Serena a tenere i piedi più vicini tra loro di un centimetro. Lei non è convinta: «Non mi sento a posto». Lui la spinge leggermente mentre è in posizione, lei per poco non cade: «Vedi?». Gli rivolge un sorriso nascosto: «Non voglio dire che non sia giusto, è che io non mi sento a posto». Comincia a servire. Il suo gioco si basa tutto sulla potenza, il che è come dire che il punto di forza di Obama sta nella sua capacità di comunicare. Semplicemente, Serena colpisce la palla più forte di qualsiasi altra donna che abbia mai giocato a tennis. La maggior parte delle giocatrici ha un servizio che si aggira intorno ai 150 km/h, lei serve dei break che vanno ben oltre i 170. La sua potenza annulla le avversarie. All’ultimo Roland Garros, Serena ha giocato al secondo turno contro una francese fragilina, Caroline Garcia. La maggior parte dei punti sono andati così: Serena spara un servizio a 160 km/h, Carolina risponde debolmente, Serena ribatte con un lungolinea, Carolina alza la risposta e Serena le schiaccia la palla in faccia. A un certo punto, Serena si è scaraventata a rete e sul volto di Carolina è comparsa comprensibilmente un’espressione di terrore. Quando Serena ha fatto un rovescio morbido che è passato appena sopra la rete, è sembrato evidente che la partita non era equilibrata. A Carolina sono cadute le braccia. Se fosse stato un incontro di arti marziali, avrebbe sicuramente gettato la spugna. La potenza è fondamentale per Serena, perché non è una giocatrice agile: «Sono goffissima, cado continuamente senza motivo. Ho una cicatrice in faccia, perché da bambina sono caduta dalla bici». In realtà, la sua scarsa agilità è diventata un cliché. Sotto la guida di Mouratoglou, il suo lavoro di gambe è nettamente migliorato e oggi riesce a prendere delle palle su cui non sarebbe mai arrivata 10 anni fa. E, comunque, chiude ancora la maggior parte dei punti prima che l’avversaria capisca come metterla in difficoltà.
Serena comincia ad allenare il suo celebre servizio. Sembra che le palline esplodano mentre sfrecciano sopra la rete e rimbalzano sulle righe. Muove l’anca ogni tanto, la controlla come farebbe una madre con il suo bambino. Ora tocca a Bajin servire, e Serena ha un’idea per rendere la cosa più interessante: «Se non riesci a fare un ace entro cinque tentativi, devi baciare il mio cane Jackie con la lingua». «Neanche morto», risponde il serbo. «Sai dove sta quella lingua di solito? Nel culo di altri cani». Serena sorride. La loro è una tipica relazione alla Serena Williams: due anni fa Bajin l’ha presa in giro dicendo che sarebbe andato a lavorare con una giocatrice dal carattere più facile e Serena ha smesso di parlargli. Ma quando è uscita al primo turno degli Open di Francia è sulla sua spalla che è andata a piangere. Sono come una vecchia coppia di sposi, che non discutono più su chi porta i pantaloni in casa. Bajin sbaglia i primi quattro servizi, Serena se la ride: «Preparati». Poi il serbo fa un lungo respiro e spara un ace proprio sulla linea. Serena protesta per un attimo e poi si arrende. «Va bene, ma devi comunque baciare Jackie». Bajin fa segno di no con la testa e se la fila. Andiamo insieme verso la palestra, e io le chiedo se per caso odia allenarsi. Lei mi lancia un’occhiata che vuol dire: «Secondo te?». Poi risponde: «Quando smetterò, non sarà perché sono stufa di giocare, ma perché sono stufa di allenarmi». Squilla il telefono. È Venus. Venus è snella ed elegante, Serena ha un look del tipo: non fare lo scemo con me. Venus gioca con grazia e un po’di emotività, Serena è tutta urla e occhiatacce. Mentre Venus usciva con un giocatore di golf di nome Hank, Serena stava con Ratner, uno degli enfant terrible di Hollywood. Serena guida una Rolls-Royce, Venus ha risposto a una domanda sulle macchine così: «Ehm, mi portano in giro». Nonostante siano tanto diverse, hanno un fortissimo legame, una specie di alleanza Venus e Serena contro l’universo”. È stata Venus a convincere Serena ad andare in ospedale nel 2011 quando la sua gamba si è gonfiata a causa di un’embolia polmonare. Adesso è Serena a stare vicina a Venus dopo che le è stata diagnosticata la sindrome di Sjogren, una malattia infiammatoria che sta mettendo a rischio la sua carriera. Ne parlano anche oggi, poi chiacchierano un po’ di loro padre e infine passano al gossip. Parla quasi sempre Serena. «C’è gente che vive solo per il tennis. Prendetevi una pausa». Serena mette giù il telefono e si trascina in palestra. Avete sempre sognato di avere almeno una cosa in comune con un atleta campione del mondo? Ora potete! Nessuno odia andare in palestra quanto Serena Williams.
Oltre a quella in Florida, Serena ha una casa a Los Angeles, ma negli ultimi 18 mesi ha passato gran parte del suo tempo a Parigi (negava di avere una relazione con il suo allenatore, ma i paparazzi li hanno fotografati mano nella mano, nda): «Sono uscita al primo turno agli Open di Francia l’anno scorso e ho deciso di fermarmi lì». Le chiedo se è stato per via della sconfitta, lei ride con l’aria un po’ triste: «No, mi ero appena lasciata molto male con un ragazzo e non volevo nemmeno più stare nella stessa nazione dove era lui». Giriamo in una via piena di centri commerciali, Serena sbatte la mano sul cruscotto: «Guarda, lì fanno l’happy hour! Non sono mai stata a uno». È cresciuta seguendo il credo dei Testimoni di Geova, ma io la rassicuro dicendo che, in fondo, non si è persa niente di speciale. Non è convinta: «Forse, ma mi piacerebbe andare a un happy hour. Solo una volta».
Parcheggiamo davanti all’estetista, ma Serena non ha ancora mangiato e quindi entriamo in una caffetteria. Serena guarda la vetrina, poi si gira verso di me e mi dice: «Posso fare una domanda?». Indica un vassoio di paste: «Vedi quei dolci alla cannella? Perché mi attirano tanto?». Perché sono deliziosi? Le spiego che, per frenare il mio consumo di palatine fritte comprese nel servizio in camera degli alberghi, ho cominciato a buttarle nel cesso. Salta di gioia: «Anch’io! Diciamo che chiedo che svuotino il minibar prima che io arrivi». Serena è stata accusata di essere, diciamo così, un po’ troppo concentrata su se stessa, ma sicuramente è stata un grande esempio per tutte le non-Sharapova del mondo: «Ho accettato il fatto che uno dei miei punti deboli è il peso», dice, mangiando un sandwich. «Soprattutto dopo essere cresciuta con Venus, che è così alta e magra e sembra una modella. Io invece sono tutta fianchi e curve e tutto il resto». Una ragazza si avvicina per chiedere una foto, lei si mette in posa e continua: «Volevo essere come lei, volevo essere magra, ma non ero io. E, così, ho dovuto imparare ad andare in giro con delle tette enormi. Sono grossa, e mi piace così. Credo sia importante per le ragazze formose essere sicure di sé». Entriamo nel salone di bellezza, Serena si toglie i sandali e mostra i piedi segnati da un quarto di secolo di tennis. Le assegnano una ragazza coreana che, riconoscendola, si agita un po’. C’è qualche problema di comunicazione sul colore dello smalto, la titolare del negozio si avvicina e chiede: «Vuole qualcuno con un inglese migliore?». Lei scrolla la testa: «Assolutamente no, è tutto a posto». Aspetto che entri in una specie di stato di trance, prima di farle qualche domanda sui suoi famosi attacchi di rabbia. Nel documentario Venus and Serena, lei stessa parla delle sue differenti personalità: Summer, che scrive bigliettini di ringraziamento a tutti, Psycho Serena, la tennista, e Taquanda, che lei descrive come: «Non umana». È stata Taquanda, secondo sua madre, a perdere le staffe agli US Open nel 2009: «Taquanda è scappata fuori», ha detto Oracene. Serena non smentisce di avere personalità multiple. Dopo un match al Sony Open in cui ha faticato molto, un giornalista le ha chiesto cosa stesse dicendo tra un punto e l’altro. Lei è scoppiata a ridere: «Quando sono giù, parlo molto da sola. Sembro pazza, perché litigo in continuazione con me stessa. Io le dico che fa schifo, lei mi dice di chiudere la bocca, poi facciamo pace». La tregua tra le varie Serena è stata sofferta. La sua rinascita, negli ultimi due anni, ha a che vedere con l’aver domato Taquanda, con la paura di avere un embolo e con il lavoro con Mouratoglou. «All’inizio facevo fatica, tutti i miei match finivano al terzo set», confessa, mentre ammira uno smalto color rosa. «Mouratoglou mi ha detto: “Fai uscire la Serena arrabbiata. Ti voglio vedere rilassata, ma anche arrabbiata”. Una piccola parte di me ha bisogno di quella rabbia».
Quanto potrà giocare ancora a questi livelli? C’è un piano per quando smetterà? Recentemente ha avuto una discussione con se stessa su questo argomento, e non’è andata bene. Si tiene su il piede con la mano, in modo che l’estetista possa lavorare meglio. «Ci ho pensato e mi sono detta: “Non ho la minima idea di cosa farò quando smetterò di giocare a tennis”. E mi è venuto un attacco di panico». Poi c’è la questione dei figli. Ha solo 31 anni, ma comincia a sentire l’orologio biologico. «Ho pensato seriamente di congelare gli ovuli. Non sto scherzando, ci ho pensato davvero. Però c’è il problema dell’antidoping, con tutte le medicine che prendo, forse rischio di risultare positiva. Devo informarmi meglio». Sono tutte cose molto lontane, almeno al momento. Vuole giocare fino alle Olimpiadi del 2016, quindi ha ancora tre anni per pensare a un piano, o anche per diventare un’altra persona.
Nei due mesi successivi al nostro incontro ha dominato il Sony Open e ha vinto sulla terra a Roma e Madrid. Poi è arrivato il Roland Garros, la sua nemesi. E Serena non ha fatto altro che giocare il tennis più bello che si sia mai visto. Ha perso un solo set in tutto il torneo e in finale è passata come un treno sopra la Sharapova in due set. Poi ha parlato con il pubblico in francese: «Je suis incroyable», ovvero: «Sono incredibile». La gente ha pensato che si fosse sbagliata e che volesse dire: «È incredibile», ma non ha molta importanza. Come sempre, Serena Williams ha detto la verità. Ma questo succede nel futuro, adesso Serena è felice delle sue unghie. «Non vedo l’ora di arrabbiarmi per qualcosa e vederle cambiare colore. Anche se così ora tutti potranno vedere come mi sento. Non so se è una buona cosa».