Domenico Quirico, la Stampa 28/9/2013, 28 settembre 2013
PARLO DEL MALE PERCHÉ L’HO CONOSCIUTO
La liberazione in Siria di Domenico Quirico ha avuto un’ampia eco anche all’estero. Ieri il quotidiano francese «Libération» ha pubblicato un lungo intervento della scrittrice libanese Dominique Eddé, che contesta la definizione di Quirico della Siria come «Paese del male». Secondo Eddé, l’affermazione «è un non senso con l’aggiunta di una negazione. Un non senso evidente perché “il Paese del male” non esiste né può esistere. Una negazione, perché attraverso questa sintesi folgorante, è la Siria tutta intera che viene implicitamente condannata, ridotta dalla A alla Z all’immagine dei suoi carnefici». E ancora: «In un momento in cui il regime di Damasco guadagna terreno sulla scena internazionale, in cui il popolo siriano è più che mai preso in ostaggio da una tenaglia - forze di Assad da una parte, jihadisti e bande mafiose dall’altra -
ridurre la Siria e il suo popolo a una sola e medesima parola - il male - è inaccettabile». Potrei rispondere a Domenique Eddé semplicemente: che ne sa lei del Male? Che scrivo, appunto, maiuscolo: perché è quello inflessibile e senza rimedio, che è mistero e stupore, non collocato in un perduto passato ma incomprensibile e cieco dolore, ineffabile schifo, da sempre, per sempre.
Attenta: per aver diritto di parlare del Male, di raccontarlo, con decenza e onestà, bisogna rispettare la regola che vale per il dolore, ovvero bisogna averlo vissuto condiviso pagato.
Bisogna disancorarsi dai caffè della Corniche di Beirut, (e dalle redazioni), e inchiodare tra i denti il grido e lo strazio e l’ira nera, l’amore stravolto in rancore per esser stati traditi da altri esseri umani.
Il Male non sono insormontabili parole, sono atti, azioni, gesti. E quando questi gesti li compiono popoli interi è Storia.
Allora. Saprebbe raccontarmi, secondo per secondo, non a brancate, a mesi, che cosa sono 152 giorni di malvagità subita, l’accasciarsi nella stanchezza di una non vita sforzata dalla consapevole volontà di altri, ingiustizia mirabile e miserevole insieme, amara in se stessa e orribile perché inflitta da coloro che dovevano essere amici? Può descrivere come ti sfibra vedere un altro essere umano che si diverte, sì, si diverte, a fingere di spararmi con una pistola? E che poi va a dirigere la
preghiera, in prima fila, al suo Dio. E ti sale alla gola l’urlo non per il terrore, ma per la nausea che ti schifa dell’essere anche tu uomo, e ti senti lurido, stuprato di immondo morbo: il Male appunto.
Ha provato questa signora l’oppressione al petto e lo spasimo e la costernazione perché migliaia di siriani, sì siriani, uomini vecchi adolescenti e bambini con o senza le armi in mano, rivoluzionari veri e rivoluzionari finti, briganti di strada e infiammati islamisti, per cinque mesi, fanno finta di non vedere che due esseri umani subiscono ingiustizia? Che sghignazzano, di un riso alto stridente e lacerante che a sentirlo ci faceva dolere le tempia, quando vedono un uomo piangere e invocare la sua famiglia con cui non ha alcun contatto da mesi. Per colpa loro. Era con me nelle stanzette sudice, nella botola infame e nelle mie sudice prigioni dove dei siriani tenevano sempre la luce accesa perché la voglia di dormire, interrotta, più pesasse, irresistibile, da far dimenticare tutto e ogni cosa? Ha mai conosciuto gli uomini che mi hanno umiliato, in quanto occidentale e in quanto cristiano, per cinque mesi, imponendoci una solitudine insoffribile, che chiedeva come una elemosina la vista di altri esseri umani, gli occhi e la voce di uno che avesse pietà? Io posso parlare del Male perché l’ho vissuto; come ho diritto di raccontare la sofferenza dei siriani, buoni e cattivi, giusti e ingiusti, tutti, anche i miei carnefici, perché negli ultimi due anni l’ho vissuta con loro.
Sì, lo ripeto, la Siria è il Paese del Male perché è diventata una tetra successione naturale d’un odio ad un altro e di cattiveria aggiunta a cattiveria. Anche per colpa nostra.
La mia non è che una piccola storia umana in una immensa tragedia di un popolo, è vero. Ma io ho raccontato non una maligna parabola, ho raccontato storie di siriani, di musulmani malvagi, a centinaia, a migliaia, e il Male è questo: sono gli atti degli uomini, le loro azioni, la loro mancanza di misericordia.
Se per 152 giorni, in un Paese intero, percorso, da Sud a Nord a Est, (non) ho trovato un solo Giusto, allora mi spiace, la Siria è il Paese del Male. Perché è abitato oggi da uomini che lo compiono, quotidianamente e banalmente, come se fosse la normalità della vita. La guerra sì, i morti che si frappongono da ogni parte, due anni di guerra hanno imbracato questa parte nel mondo nel vizio del Male. Li ha penetrati ad uno ad uno nel suo orrore, ne puoi seguire la traccia nella profonda intimità delle anime travolte e contaminate. Si invoca continuamente Dio, in Siria, il Dio dell’Islam, e lo si bestemmia in ogni atto che viene compiuto.
Gli uomini che ho conosciuto e che, vicino a me, salmodiavano ipocritamente i loro riti vuoti di azioni giuste erano impregnati di un veleno che è in loro e che non vogliono eliminare. Non tutti i siriani sono così, rammenta la scrittrice libanese. Già, lo dico anch’io, perché se non lo pensassi da due anni non sarei andato in quel Paese per raccontare chi sono i morti, i centomila morti, poveri che spesso non hanno scelto né l’uno e né l’altro e vengono ammazzati dagli uni e dagli altri. Già, il Male lo abbiamo compiuto anche noi, e tanto, noi occidentali europei cristiani. E allora dobbiamo tacere, non indicare che in questo momento, ora, il luogo dove l’uomo uccide l’uomo e lo martirizza con più foga e intensità, pregando e chiamando col vizio degli astuti e dei finti, a
testimone un Dio? Che le armate del Male innalzano anche le bandiere che dovrebbero essere, che credevamo fossero immacolate della rivoluzione, dove spadroneggiano ormai fra bugie prepotenze tirannelli di piazza, criminali sfrontati, capi-fazione ghiotti ed esosi maestri di soperchierie e delitti che hanno copiato dalla crudele nullaggine del loro Nemico. La sentenza è: colpevoli. Colpevoli non di violenza, di sequestro, di furto, miserie da pandette, colpevoli di serpigna, collettiva assenza di pietà, la colpa più grande. La Siria ascolta fino alla nausea, all’intontimento, registrati sui telefonini, trasmessi per ore alla tv, i discorsi di predicatori infami che incitano, all’odio, ad ammazzare baathisti e infedeli. Dominique Eddé attraversi la sua frontiera, sono pochi chilometri, troverà a Jabrud un bambino che ha caricato sul suo telefonino le immagini di un linciaggio e le mostra soddisfatto, come se fosse un film o il gol della squadra preferita. Purtroppo non è il solo: dove può esistere una storia così se non nel Paese del Male?