VARIE 28/9/2013, 28 settembre 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - BERLUSCONI FA DIMETTERE I SUOI MINISTRI
APPUNTI PER GAZZETTA - BERLUSCONI FA DIMETTERE I SUOI MINISTRI
CORRIERE.IT
Sono state le parole di Silvio Berlusconi a sancire la fine del governo Letta con l’apertura di fatto della crisi di governo. Alla vigilia del suo compleanno e nella quiete di Villa San Martino il Cavaliere ha dato il rompere le righe alla squadra di governo targata Pdl, invitando i ministri a rassegnare le dimissioni. A stretto giro il vice premier Angelino Alfano ha confermato che il governo Letta non esiste più. «I ministri del Pdl stanno rassegnando le loro dimissioni» ha fatto sapere tramite la sua portavoce, tenendo a sottolineare di parlare a nome di tutta la delegazione del Popolo della Libertà. A ruota il sottosegretario Gianfranco Miccichè ha annunciato con enfasi: «Rimetto il mio mandato nelle mani di Silvio Berlusconi».
IL CAVALIERE - Il Cavaliere (che poco prima aveva annunciato di voler disertare la seduta della giunta per le elezioni) ha preso la sua decisione nonostante la posizione delle tante colombe del Pdl che davano al governo ancora qualche possibilità di sopravvivenza. «Ho invitato la delegazione del Popolo della Libertà a valutare l’opportunità di presentare immediatamente le dimissioni per non rendersi complici, e per non rendere complice il Popolo della Libertà, di una ulteriore odiosa vessazione imposta dalla sinistra agli italiani» ha detto Silvio Berlusconi. E poi ha attaccando frontalmente il presidente del consiglio. «La decisione assunta da Enrico Letta, di congelare l’attività di governo, determinando in questo modo l’aumento dell’Iva è una grave violazione dei patti su cui si fonda questo governo -ha detto- e contraddice il programma presentato alle Camere dallo stesso Premier e ci costringerebbe a violare gli impegni presi con i nostri elettori durante la campagna elettorale e al momento in cui votammo la fiducia a questo esecutivo da noi fortemente voluto».
ULTIMATUM - Per il Cavaliere «l’ultimatum lanciato dal premier e dal Pd agli alleati di governo sulla pelle degli italiani appare irricevibile e inaccettabile». E per questo ha deciso di invitare «la delegazione del Popolo della Libertà al governo a valutare l’opportunità di presentare immediatamente le proprie dimissioni per non rendersi complici di un’ulteriore odiosa vessazione imposta dalla sinistra agli italiani».
LA RISPOSTA DI PALAZZO CHIGI - Non si è fatta attendere la risposta del premier Letta, che con un comunicato ufficiale indirizza pesanti accuse al leader del Pdl: «Berlusconi per cercare di giustificare il gesto folle e irresponsabile di oggi - dichiara il premier - tutto finalizzato esclusivamente a coprire le sue vicende personali, tenta di rovesciare la frittata utilizzando l’alibi dell’Iva». Le motivazioni addotte dal leader del Pdl sarebbero dunque un pretesto: «La responsabilità dell’aumento dell’Iva è invece proprio di Berlusconi e della sua decisione di far dimettere i propri parlamentari mercoledì, fatto senza precedenti, che priva il Parlamento e la maggioranza della certezza necessaria per assumere provvedimenti che vanno poi convertiti». Letta avrebbe voluto portare la questione in Parlamento: «Per questo, ieri si era deciso di andare al chiarimento parlamentare e si era concordemente stabilito di posporre a dopo il voto in Parlamento i provvedimenti economici necessari. Gli italiani sapranno rimandare al mittente una bugia così macroscopica e un simile tentativo di totale stravolgimento della realtà. In Parlamento ognuno si assumerà le proprie responsabilità d’innanzi al Paese».
LETTA - La mossa di Berlusconi ha chiaramente avuto contraccolpi in tutte le sedi istituzionali. Il Presidente del consiglio Letta si è subito messo in contatto telefonico con il Presidente della Repubblica che si trova a Napoli. Non è ancora chiaro quando salirà al Quirinale per formalizzare la crisi, ma non si può escludere che avvenga già domani o al più tardi lunedì.
NAPOLITANO - Il premier, Enrico Letta, era stato comunque informato in anticipo delle intenzioni del Cavaliere. Per garbo istituzionale il vicepremier Alfano lo aveva avvisato prima che Berlusconi rendesse pubblica la sua decisione. Appena avvertito Letta ha telefonato a Napolitano. E anche l’ufficio stampa del Quirinale ha fatto sapere che «il Presidente della Repubblica è stato informato dal presidente del Consiglio. Dopo il rientro a Roma - si legge ancora nella nota- concorderà con il presidente Letta l’incontro che le decisioni odierne rendono necessario».
EPIFANI - Tra le prime reazioni quella del segretario Pd Guglielmo Epifani. «È una ulteriore azione di sfascio nei confronti dell’azione del governo - ha detto- . È evidente che con questa scelta, qualora avvenisse, si apre nei fatti una crisi e dovremo valutarne le conseguenze». E ancora: «Aprono formalmente nei fatti una crisi, dovremo valutare esattamente le conseguenze di questo. L’irresponsabilità sta salendo a livelli che non erano razionalmente valutabili».
MARONI - Esulta, invece, il leader della Lega Roberto Maroni. «Bene le dimissioni dei ministri del Pdl, ed ora elezioni subito per vincere e per dare un governo stabile e amico del Nord, che dia risposte ai problemi delle imprese. Cosa che il Governo Letta non ha fatto» afferma il segretario della Lega Maroni.
SCENARI - E già si a pensa al dopo Letta che potrebbe essere un Letta bis. Difficilmente infatti il capo dello Stato scioglierà le Camere senza prima tentare di formare un nuovo esecutivo, che però dovrà trovarsi una maggioranza in Parlamento. Sicuro il viceministro Stefano Fassina (Pd): «Non si andrà ad elezioni perché troveremo una soluzione in Parlamento: sono sicuro che in Parlamento c’è una maggioranza in grado di evitarlo. Dobbiamo approvare la legge stabilità e la legge elettorale perché se non lo facciamo vuol dire fare del male molto seriamente all’Italia». E poi c’è l’incognita Movimento 5 Stelle che ribadisce di non voler accettare alcuna alleanza in Parlamento e continua a chiedere che si vada subito al voto.
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Né Silvio Berlusconi né i suoi avvocati parteciperanno alla Giunta delle elezioni del Senato, il 4 ottobre. È l’orientamento contenuto nella memoria difensiva, di 26 pagine, dell’ex premier consegnata sabato mattina. «Nessuna utilità vi potrebbe essere nel partecipare a un giudizio del quale si sia già previamente conosciuta la sua conclusione», si legge. E ancora: «La presenza delle parti, dell’interessato e di un avvocato non sarebbe che una mera sceneggiata in un copione già ampiamente scritto». Poi una richiesta: la Giunta delle immunità «sospenda il giudizio in attesa della decisione della Corte Europea» presso la quale è stato presentato un ricorso contro la legge Severino e che dovrebbe decidere «in tempi assai ravvicinati, ovvero nell’ordine di pochi mesi».
LA RICUSAZIONE - Berlusconi chiede anche la «ricusazione dei componenti della Giunta che, essendosi espressi sul caso, non possono più esser considerati imparziali». I membri di cui il leader di Forza Italia chiede le dimissioni sono dieci. Tra questi il senatore Casson, scrive Berlusconi, che «non solo già anticipava che voterà per la decadenza, ma negava il ruolo di terzietà della giunta affermando testualmente che trattasi di "organismo politico" con ciò vanificandone ogni ragion d’essere». «Addirittura - prosegue - l’M5s ha prospettato più volte una posizione comune di tutto il gruppo a favore dell’immediata decadenza, sottolineando quindi trattarsi di una decisone politica. Anche la senatrice Pezzopane e il senatore Pagliaro più volte hanno espresso pubblicamente di aver già deciso di votare per la decadenza». Si osservi, nota, «che in linea astratta il principio della terzietà è vulnerato anche nel caso in cui il componente, al di fuori del procedimento, si esprime a favore dell’interessato».
TUTTI FUORI TRANNE TRE - «Vorranno quindi i componenti di codesta Giunta che hanno già espresso il proprio convincimento, in particolare i senatori Stefàno (Dario, presidente della Giunta in quota Sel, ndr), Pezzopane, Buccarella, Casson, Crimi, Cucca, Fuksia, Giarrusso, Pagliari, Moscardelli, dimettersi per consentire la formazione di un collegio giudicante quantomeno apparentemente imparziale». Alla fine, fatta eccezione per i membri in quota Pdl o Lega, ne salva solo tre: Isabella De Monte, Rosanna Filippin e Doris Lo Moro. Con la richiesta di ricusazione è a forte rischio la conclusione dei lavori della Giunta nella giornata del 4 ottobre.
«SERVE IL GIUSTO PROCESSO» - Berlusconi premette che la Giunta svolge «funzioni giurisdizionali», come è reso palese dalla Corte costituzionale e che pur non trattandosi di procedimento penale «si deve concludere per la necessità che anche di fronte a codesta Giunta la giurisdizione si attui mediante giusto processo». Inoltre nella memoria si riproporrebbero anche le questioni preliminari che, esposte dal relatore Pdl, sono state bocciate dalla stessa Giunta nei giorni scorsi, scatenando la protesta dei senatori del Pdl e della lega che hanno lasciato la seduta prima della votazione. Si ribadirebbe cioè l’incostituzionalità della legge Severino e la necessità di portarla davanti alla Consulta, così come si sosterrebbe la necessità di una pronuncia della Corte di Lussemburgo.
«SVELENIRE IL CLIMA» - La notizia del deposito della memoria difensiva è stata data dal presidente Dario Stefàno: «Spero che questa scelta possa servire a svelenire il clima». La mossa arriva a pochi giorni dal voto, previsto per il 4 ottobre, nel quale si deciderà sulla decadenza del leader del centro-destra. «Ho chiesto e ottenuto dal presidente Grasso - spiega ancora Stefàno, senatore di Sinistra e Libertà - l’autorizzazione alla diretta audio-video della seduta pubblica del 4 ottobre, anche perché le ragioni della difesa possano essere conosciute direttamente da tutti, dai cittadini e dalla stessa comunità dei giuristi».
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Fabrizio Cicchitto ha criticato le modalità con cui si è arrivati alle dimissioni dei ministri del Pdl. Prima di arrivare a questo passo, ha spiegato, sarebbe stata necessaria «una discussione approfondita» negli organismi dirigenti e nei gruppi parlamentari del Pdl. «Sulla base del comunicato del presidente Berlusconi, i ministri del Pdl si dimettono dal governo Letta in seguito alle posizioni negative prese ieri dal presidente Enrico Letta al consiglio dei ministri», ha detto.
«APPROFONDIMENTO» - «Apprezzo la decisione dei ministri sul terreno di una cristallina condotta scevra da ogni preoccupazione di potere - che ribadisce una netta distinzione dalla sinistra che anche in questa occasione si è assunta gravissime responsabilità- cosi come ho apprezzato la loro azione di governo», ha assicurato Cicchitto. «Ma ritengo che una decisione di cosi rilevante spessore politico avrebbe richiesto una discussione approfondita e quindi avrebbe dovuto essere presa dall’ufficio di presidenza del Pdl e dai gruppi parlamentari, il cui ruolo in questa cosi difficile situazione politica andrebbe esaltato, sia sul piano delle scelte politiche da prendere sia su quello dell’iniziativa politica», ha sottolineato.
FASSINA: CAMBIARE SISTEMA ELETTORALE - L’ipotesi di un ritorno immediato alle urne non è però l’unica sul tappeto. «Con Napolitano siamo pronti a cercare una soluzione parlamentare per andare avanti con l’approvazione della legge di stabilità e una nuova riforma elettorale», ha infatti detto il viceministro dell’Economia Stefano Fassina intervenendo all’edizione straordinaria del Tg de La 7. «Non approvare la legge di stabilità vuol dire fare molto male all’Italia - ha aggiunto Fassina - gli italiani non si fanno prendere in giro da quest’ultima trovata di Berlusconi, Letta non è potuto intervenire sul rinvio dell’aumento dell’Iva perché il governo non aveva più la maggioranza. Oggi il Pdl è isolato e disperato, le responsabilità sul mancato rinvio dell’aumento dell’Iva è solo loro».
IL M5S: SUBITO AL VOTO - Venuta meno la maggioranza basata sulle grandi intese, si torna a guardare all’area del M5S, possibile stampella di un governo di scopo: «Il M5S non ha suo dna la possibilità di realizzare accordi o alleanze nè per Governi normali, nè per Governi di scopo». Taglia corto il senatore Nicola Morra del M5S nell’edizione straordinaria del TgLa7. Un pensiero condiviso anche da altri esponenti di punta del movimento grillino: «Nessuna analisi politica. Non deve interessarci delle strategie e di giocare ai piccoli onorevoli - scrive su Facebook il deputato Luigi Di Maio -. Loro (Pd e Pdl) hanno fallito e noi vinciamo le prossime elezioni». Sempre su Facebook il senatore Vito Crimi esulta per le dimissioni dei ministri pdl: «Non ne sentiremo la mancanza come non sentiremo la mancanza di tutto il governo. Tutti a casa».
LA TENUTA DEL PDL - Ma non tutti sono certi dell’obbedienza dell’intero gruppo parlamentare pdl: «Non penso che un gesto così grave - afferma ad esempio Pierferdinando Casini - possa essere accettato da quanti nel Pdl hanno sempre lavorato alla creazione di una vasta area moderata e popolare». Un chiaro invito a rifondare il centro, raccogliendo i tranfughi del movimento berlusconiano. «Nel giorno in cui sembra prevalere l’irresponsabilità e allontanarsi la costruzione di un’area politica che si richiami ai valori popolari - gli fa eco il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa - mi auguro che per le tante persone davvero moderate e di buonsenso presenti nel Pdl questo sia il momento di una profonda riflessione, in nome del bene comune e del supremo interesse nazionale».
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«Abbiamo bisogno che il Parlamento discuta e lavori, non che ogni tanto si sciolga. Abbiamo bisogno di continuità. Non abbiamo bisogno di campagne elettorali a getto continuo, ma di risolvere i problemi concreti». Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo intervento al carcere di Poggioreale dove si è recato in visita. Il presidente parlando con i cronisti all’uscita del carcere a proposito di un eventuale provvedimento di amnistia ha detto di augurarsi che «il clima politico sia sufficientemente svelenito perché il mio messaggio alle Camere (su amnistia e indulto, ndr) possa avere un’accoglienza serena e garantire che il Parlamento lavorerà nei prossimi mesi».
BONDI - Intanto Sandro Bondi, senatore e coordinatore Pdl, attacca il presidente della Repubblica: «Già il fatto che Presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica concordino una linea da seguire dopo il gesto etico e civile assunto dai parlamentari del Pdl, rappresenta un atto di sfida e di ricatto piuttosto che di rispetto e di comprensione di fronte a una testimonianza che avrebbe dovuto essere riconosciuta nelle sue motivazioni profondamente democratiche». «L’iniziativa concordata di Napolitano e Letta è un’ulteriore umiliazione del popolo dei moderati», conclude Bondi.
«NESSUNA TELEFONATA» - Dunque all’indomani dell’ultimatum del premier Enrico Letta, si registra un nuovo intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nel pomeriggio poi in una nota il Presidente smentisce nel modo più assoluto quanto hanno riferito alcuni giornali e cioè «che il presidente della Repubblica avrebbe cercato al telefono il senatore Berlusconi, il quale avrebbe preferito non rispondere». «Notizia del tutto inventata di sana pianta», si legge nella nota.
ZANDA - Intanto la tensione fra Pd e Pdl non accenna a calare. Si discute su tutto. È scontro fra Luigi Zanda, presidente dei senatori del Partito Democratico e il capogruppo del Pdl al Senato Renato Schifani sulla data della fiducia fissata per martedì. Zanda ha respinto la richiesta del Pdl di anticipare di un giorno la data della verifica in Parlamento per poi passare - nel caso in cui l’esecutivo ottenga la fiducia- all’approvazione del decreto sull’Iva. Le date sono cruciali, visto che l’aumento dell’imposta scatterà automaticamente il primo ottobre. L’ex presidente di Palazzo Madama, dai microfoni di Sky Tg 24 lancia dure accuse a Letta «che si è assunto la responsabilità gravissima di non deliberare su provvedimenti economici per motivazioni politiche». Immediata la replica di Zanda: «Le accelerazioni di mezza giornata sono strumentali e mostrano la volontà di eludere le ferite istituzionali e perfino costituzionali che sono state inferte dalle dimissioni dei deputati e senatori del Pdl, peraltro sottoscritte mentre Letta era all’Onu per promuovere la credibilità dell’Italia». «La responsabilità dello stallo» - ha aggiunto Zanda- «è tutta del Pdl». Altra benzina sul fuoco arriva da Sandro Bondi con un duro attacco a Letta e Napolitano: «Il loro è un atto di sfida e di ricatto, l’iniziativa concordata insieme è un’ulteriore umiliazione del popolo dei moderati».