Carlo Grande, la Stampa 28/9/2013, 28 settembre 2013
LA STRAGE DE GLI ELEFANTI IL SIMBOLO DELL’AFRICA AVVELENATO COL CIANURO PER FARNE SOPRAMMOBILI
Ibracconieri li hanno uccisi versando nelle pozze d’acqua del cianuro, quello che si usa nelle miniere d’oro: sono oltre ottanta le carcasse di elefanti trovate nei remoti abbeveratoi del Hwange National Park, nello Zimbabwe; una strage, perché con loro sono morti molti altri animali che si erano abbeverati con l’acqua contaminata e avvoltoi e altri predatori che si sono cibati delle carcasse dei pachidermi.
Ora nove bracconieri sono stati arrestati e il nuovo ministro dell’Ambiente Saviour Kasukuwere ha promesso pene più severe; ma il disastro è compiuto e purtroppo non sarà l’ultimo. Bisogna tener presente che i bracconieri sono gli abitanti più poveri di terre sempre più affamate, disperati e disoccupati pronti a delinquere come avviene a ogni latitudine, compresa l’Italia, dove si brucia una macchina, si ammazza o si vende l’anima a chi paga meglio. Abbattono gli animali con i kalashnikov, ne segano le zanne, lasciano i corpi nella savana. Sradicano la ricchezza dalla loro terra.
Povertà, ignoranza, delinquenza: è tutto collegato. I mercati chiedono avorio per trasformare una delle creature più grandi della terra in bacchette da riso o insulse statuine che prendono polvere in salotto, mentre la carcassa dell’animale marcisce.
Un essere capace di piangere, diceva Darwin, di fare amicizia e di avvicinarsi ad ascoltare gli umani che cantano. Gli elefanti hanno un cervello simile al nostro, capace di ricordare, capace di complesse relazioni sociali e di grandi emozioni: possono provare terrore, compassione, coraggio. I pachidermi si proteggono a vicenda, emettono una specie di brontolio quando sono soddisfatti, comunicano su lunghe distanze con suoni molto bassi, una frequenza non udibile dagli umani.
Non stupisce che siano cari (e utili) a un miliardo di persone: da poco, a metà settembre, milioni di indiani hanno festeggiato «Ganesh Chaturthl», la nascita di Ganesh, dio portafortuna dalla testa di elefante. Non abbastanza persone lo pregano, evidentemente.
Il simbolo d’Africa viene così ammazzato dai poveri, per fame. E per lui il rischio di estinzione è sempre in agguato: la responsabilità è dei cinesi, ma anche dei turisti europei, nordamericani, orientali, di faccendieri. I principali trafficanti sono Cina e Hong Kong: lo lavorano e lo rivendono su Internet. L’avorio può giungere in Egitto dagli Stati confinanti, dal Sudan, che ha pochi controlli. A lungo anche l’Egitto è stato un mercato di scambio.
Con i pachidermi è anche un patrimonio estetico a scomparire: la bellezza in grado di farci amare la vita, come dimostrano ad esempio le immagini di Nick Brandt, che fotografa tanti degli animali più maestosi di Madre Africa.
L’estetica, presso gli antichi greci, era inscindibile dall’etica: commuoveva e aiutava a vivere meglio. Non per nulla «an-estetizzare» significa non far provare più nulla, dunque una forma di morte, di insensibilità.
La caccia selezionata, quella che paga profumatamente per uno dei «Big Five» in sovrannumero (leone, elefante, rinoceronte, leopardo e bufalo) in un certo senso limita i danni. Nemmeno si può dire ai disperati che avvelenano le pozze di cianuro, quello che dice la moglie di sir Francis Macomber - in un celebre racconto di Hemingway - al marito: «Non fate gli eroi per tre inermi animali che avete preso, cacciando con l’automobile. Siete insopportabili».
Ma possiamo dirlo a chi compra oggetti in avorio, turisti o collezionisti irresponsabili che alimentano le stragi.