Sergio Romano, Corriere della Sera 28/9/2013, 28 settembre 2013
LA MOSSA SIRIANA DI PUTIN RISCATTA VECCHIE UMILIAZIONI
A Putin non potrà non essere assegnato il Premio Nobel per la Pace. Si è prodigato — del tutto disinteressatamente... — affinché gli Stati Uniti non attaccassero militarmente il regime di Assad in Siria. Ha abbracciato recentemente Prodi affermando di poter contare in Italia su due amici: Prodi e Berlusconi. Giacché costoro rappresentano, nella politica italiana degli ultimi 20 anni, le opposte tifoserie, Putin, amico di entrambi, potrebbe riuscire nell’impresa che neppure questo Governo delle larghe intese sta conseguendo e cioè realizzare la pacificazione nazionale, tra berlusconiani ed antiberlusconiani. Pazienza per i diritti umani e civili calpestati, per il dissenso e l’opposizione messi a tacere in tutti i modi e per la Cecenia. Soprassediamo e affidiamoci all’afflato umanitario dello zar Putin.
Manlio Rizzo
poropotta@yahoo.it
Caro Rizzo,
Putin non merita il premio Nobel per la pace (ma forse non lo meritava neppure Obama) e le sue simpatie italiane non riusciranno a conciliare i seguaci di Romano Prodi con quelli di Silvio Berlusconi. Ma credo che il suo intervento nella questione siriana sia stato provvidenziale. Obama aveva promesso che l’America avrebbe reagito militarmente all’uso delle armi chimiche ed era ormai, dopo la strage del 21 agosto, prigioniero delle proprie parole. Sapeva che un intervento militare contro il regime di Bashar Al Assad avrebbe giovato a formazioni ribelli di cui era difficile stabilire l’identità e le intenzioni. Ma alcuni consiglieri gli dicevano che la grande potenza americana non poteva starsene con le mani in mano senza perdere autorità e prestigio. Quando il Parlamento britannico bocciò le strategie guerresche di David Cameron, Obama intravide una via di uscita e cercò di togliersi d’imbarazzo responsabilizzando il Congresso. Ma la mossa, utile sul momento, presentava almeno due rischi. Se il Congresso avesse approvato, Obama sarebbe stato costretto a sparare. Se non avesse approvato, il presidente avrebbe risparmiato a se stesso i pericoli di una operazioni militare, ma il suo ruolo di comandante supremo ne sarebbe uscito ammaccato. Grazie alla proposta di Putin accettata da Assad (sottoporre l’intero arsenale chimico siriano al controllo dell’Onu), Obama ha certamente tirato un sospiro di sollievo. Il censimento delle armi chimiche richiederà molto tempo e si scontrerà lungo la strada con parecchi ostacoli. Tanto meglio. Tutto ciò che allontana l’intervento militare americano lascia spazio ad altre proposte e iniziative.
Putin, quindi, ha giocato bene le sue carte e ha buoni motivi per essere soddisfatto di se stesso. Le ricordo, caro Rizzo, che i russi non hanno ancora smaltito due umiliazioni subite dopo il crollo dell’Unione Sovietica. La prima risale alla guerra del Kosovo, nel 1999, quando gli Stati Uniti e i loro alleati bombardarono Belgrado e altre città serbe senza l’autorizzazione dell’Onu. La Serbia era amica della Russia e contava sulla sua protezione; l’azione americana dimostrò quindi che i russi non erano in grado di proteggere i loro amici e alleati. La seconda umiliazione risale alle operazioni militari contro la Libia del marzo 2011. La Russia aveva approvato la zona d’interdizione aerea nei cieli libici decisa dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma non immaginava che Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti avrebbero utilizzato quella risoluzione per giustificare una vera e propria guerra contro Gheddafi. Ancora una volta i fatti sembravano dimostrare che la Russia non avrebbe più avuto alcuna influenza nelle vicende medio-orientali. Per un Paese che ha una forte comunità musulmana e molte regioni infiltrate dall’integralismo islamico, questa situazione non era accettabile.