Fabrizio Massaro e Stefania Tamburello, Corriere della Sera 28/9/2013, 28 settembre 2013
«BANCHE ITALIANE, SERVONO 6 MILIARDI»
MILANO — Il Montepaschi è una banca «sistemica» per l’Italia e proprio a causa delle incertezze legate al suo futuro il sistema finanziario nazionale resta «vulnerabile». È l’allarme del Fondo monetario, che ieri ha diffuso il suo rapporto sulla stabilità finanziaria del Paese, arrivato tre giorni dopo l’improvviso rinvio dell’approvazione del piano di ristrutturazione dell’istituto senese per «problemi burocratici» e di limatura di alcuni dettagli tra Roma e Bruxelles.
Per la Banca d’Italia tuttavia non esiste un «caso» Mps, anche perché le osservazioni degli economisti di Washington si basano su elementi raccolti fino al 6 settembre e non tengono conto dei passi fatti successivamente da Siena. E poi perché il Fondo nella stesso rapporto promuove il sistema bancario italiano nel suo complesso che, riconosce, ha rafforzato la propria dotazione patrimoniale e solo in uno scenario particolarmente negativo dell’economia del Paese potrebbe avere un ulteriore fabbisogno di capitale di 6 miliardi al 2015 per rispettare i requisiti minimi previsti da Basilea 3.
È comunque il Montepaschi il grande malato secondo Washington, che dedica un’intera pagina (su 60) del rapporto all’istituto senese: «Una efficace realizzazione dell’ambizioso piano di ristrutturazione di Mps è un elemento critico non solo per la stessa banca ma anche per il sistema finanziario nel suo insieme». I problemi dell’istituto presieduto da Alessandro Profumo e guidato dall’amministratore delegato Fabrizio Viola — sottolinea il Fondo — risalgono a prima della crisi e derivano da «una debole governance, dall’acquisizione di Antonveneta, e dall’ampia esposizione ai titoli sovrani italiani. La banca resta oggi debole e c’è incertezza sulla tempistica di uscita dall’aiuto pubblico». Come elementi di debolezza della banca, il Fondo ricorda che Mps ha il più alto rapporto di sofferenze rispetto agli impieghi tra le maggiori banche italiane (quasi il 22% a fine marzo 2013) e che fa leva «pesantemente» sulle iniezioni di liquidità della Bce, 29 miliardi sotto forma di Ltro, pari al 13% degli asset totali.
Non è la prima volta che il Fondo si sofferma sulla particolare situazione della banca senese. A luglio aveva sottolineato che le autorità avrebbero dovuto «essere pronte ad agire rapidamente» se la banca non fosse riuscita «a raggiungere i suoi obiettivi». Ma solo ieri ha posto quello di Mps come un caso di «sistema».
L’allarme del Fmi è per certi versi datato, visto che fa riferimento all’aumento di capitale da 1 miliardo e dunque non tiene conto delle evoluzioni delle ultime settimane. In particolare non considera l’accordo politico raggiungo a Cernobbio tra il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e il commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, relativo a un rafforzamento dell’aumento di capitale a 2,5 miliardi di euro da realizzarsi entro 12 mesi, oltre alla richiesta di maggiori tagli di costi (agenzie e personale) e di riduzione dell’esposizione ai titoli di Stato.
Il Fondo sottolinea che il nuovo management di Mps «sta affrontando un ambizioso piano di ristrutturazione» ma che le incertezze sul piano «possono creare problemi nella raccolta del necessario capitale privato». I capitali privati sono necessari per ripagare i 4,07 miliardi di aiuti di Stato sotto forma di Monti bond che Mps ha ottenuto a inizio anno a un tasso del 9% crescente da remunerare in contanti o, se la banca chiudesse in perdita, con nuove azioni. Il Fondo stima che, in quest’ultimo caso, il Tesoro si ritroverebbe con il 35% del capitale della banca entro il 2015. Insomma, se continuerà a perdere, Mps sarà di fatto nazionalizzata.
Fondamentali saranno dunque i prossimi giorni di trattativa con Bruxelles per ottenere il via libera definitivo al piano di ristrutturazione, dopo che è saltato in extremis l’approvazione al consiglio di martedì 24. E l’essere Mps una «banca sistemica» rende ancora più urgente la conclusione di questo processo.