Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Umberto Bossi non è più il segretario della Lega: si è dimesso ieri pomeriggio nel corso di una drammatica riunione in via Bellerio. I suoi, nel disperato tentativo di minimizzare la tragedia giudiziaria che ha travolto il capo, lo hanno subito nominato presidente. Presidente senza poteri, come è ovvio: il consiglio federale ha affidato il partito a un triumvirato composto da Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago. Questi tre dovranno governare il problematico appuntamento delle amministrative, gestire l’opposizione a Mario Monti in Parlamento e infine, dopo l’estate, organizzare il famoso congresso federale, che la Lega non tiene dal 2002 e al termine del quale sarà incoronato il nuovo capo del Carroccio. Visti i risultati di tante consultazioni di base e dei vari congressi regionali, è anche troppo facile pronosticare la vittoria di Maroni. Ma ieri alcuni militanti hanno gridato «buffone, buffone» a Maroni e il risentimento della famiglia Bossi verso di lui è così forte che non sembra azzardato ipotizzare altre lacerazioni, altre spaccature, altri drammi. E l’inchiesta della magistratura è appena agli inizi.
• Qualche particolare in più sulle dimissioni.
È stato nominato un nuovo amministratore, dato che il vecchio responsabile dei conti, Francesco Belsito, origine di tutti i guai piovuti addosso a Bossi, è stato buttato fuori l’altra sera. Il nuovo amministratore è Stefano Stefani, 73 anni, parlamentare di lungo corso e oggi presidente della Commissione Esteri alla Camera. I dettagli sulla riunione del consiglio federale li ha dati Matteo Salvini a Radio Padania, quando la riunione era appena finita: «Umberto Bossi ha detto che per il bene del movimento, per il bene dei militanti, per l’affetto e il lavoro di migliaia di persone che seguono la Lega…» sottinteso: si dimetteva. «Chiunque fosse dimostrato che abbia sbagliato (sic), pagherà per quello che eventualmente avesse fatto. La priorità è il bene della Lega e continuare la battaglia per dare un po’ di respiro e di libertà al Nord. Io non ricordo leader politici che si siano presi sulle spalle responsabilità evidentemente non loro…».
• Evidentemente non loro?
Bossi, come ognuno di noi, è innocente fino a prova contraria e comunque non è indagato dalla magistratura. Dimettendosi, vrebbe detto: «Chi sbaglia paga qualunque cognome porti». I suoi dicono che alla storia della famiglia – che a quanto pare si faceva passare i soldi, pagare le case e le macchine da Belsito – non voleva credere e che sono stati gli stessi leghisti a dirgli: «Guarda che è tutto vero». Su questo sarebbe avvenuto il crollo psicologico e la decisione di presentarsi dimissionario al consiglio federale di ieri. Salvini ha detto che nessuno – assolutamente nessuno – gli ha chiesto di andarsene. Fuori dalla sala di via Bellerio, del resto, lo aspettava un gruppetto di militanti che, mentre insultava Maroni, lo esortava a non mollare, a cacciar via i traditori eccetera. I figli coinvolti, come saprà, negano tutto, anche con l’aria di indignarsi.
• Invece?
Ma intanto bisogna chiarire che la legge istitutiva dei rimborsi elettorali, fra le tante brutture, ha anche quella di non sottoporre i partiti a un obbligo di rendicontazione stringente. In pratica, con quei soldi – denaro pubblico – i partiti possono fare quello che vogliono, tant’è vero che Belsito ha addirittura adoperato i fondi per comprare diamanti in Tanzania. Quindi, anche ammesso che le intercettazioni siano suffragate da riscontri, non è detto che dar soldi alla famiglia del segretario, benché impresentabile sul piano politico e del costume, sia un reato.
• Beh, qualche intercettazione ieri mattina l’ho letta pure io e, francamente, è roba che fa prudere le mani.
Sì, Belsito era appena stato convocato a Roma e temeva che Bossi lo avrebbe defenestrato. Allora l’impiegata amministrativa Nadia Dagrada lo invitava ad andare all’attacco: «Gli dici: capo, guarda che è meglio sia ben chiaro: se queste persone mettono mano ai conti del Federale, vedono quelle che sono le spese di tua moglie, dei tuoi figli, e a questo punto salta la Lega. Papale papale glielo devi dire: ragazzi, forse non avete capito che, se io parlo, voi finite in manette o con i forconi appesi alla Lega». Segue elenco, che riferiamo nel riassunto dei carabinieri: «i costi di tre lauree pagate con i soldi della Lega», «i soldi per il diploma (Renzo Bossi)»; «i 670.000 euro per il 2011 e Nadia dice che non ha giustificativi, oltre ad altre somme ingenti per gli altri anni»; «le autovetture affittate per Riccardo Bossi, tra cui una Porsche»; «i costi per pagare i decreti ingiuntivi di Riccardo Bossi»; «le fatture pagate per l’avvocato di Riccardo Bossi»; «altre spese pagate anche ai tempi del precedente tesoriere Balocchi»; «una casa in affitto pagata a Brescia»; «i 300.000 euro destinati alla scuola Bosina di Varese per Manuela Marrone (moglie di Bossi, ndr), che Belsito non sa come giustificare, presi nel 2011 per far fare loro un mutuo e che lui ha da parte in una cassetta di sicurezza». Poi: «l’ultima macchina del Principe, 50.000 euro, i soldi ancora da dare per le ristrutturazioni del terrazzo». Tra i beneficiati non manca Rosy Mauro, videpresidente del Senato e detta qui «la nera»: «Sai quanto gli ho dato l’altro giorno alla nera? Quasi 29mila, 29.142 in franchi eh... vuoi che ti dica tutti gli altri di prima?». La Mauro, a quanto si evince da queste telefonate, pigliava soldi attraverso la sigla di un sindacato padano Sin.Pa.
• Non ho visto grandi dichiarazioni dagli altri partiti.
Hanno tutti il terrore che, dopo quest’altra tegola, si debba per forza rimetter mano alla legge sui rimborsi.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 6 aprile 2012]