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 2012  aprile 06 Venerdì calendario

Maroni stava covando vendetta da 17 anni – Sono diciassette anni che Roberto Maroni covava in petto la vendetta

Maroni stava covando vendetta da 17 anni – Sono diciassette anni che Roberto Maroni covava in petto la vendetta. Il suo momento è giunto. Quando, nel dicembre del ’94, Umberto Bossi decise di affossare il primo governo presieduto da Silvio Berlusconi, al ribaltone si oppose un folto gruppo di parlamentari. I loro destini furono vari: chi finì in gruppi autonomi, chi aderì prima o poi al centro-destra, qualcuno invece passò nel fronte opposto. I tentativi scissionistici non ebbero molta fortuna. Fra gli oppositori al ribaltone stava l’allora vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno, Roberto Maroni. La sua decisione poteva essere motivata da attaccamento personale alle due poltrone, fuor di dubbio; però c’erano altresì risvolti di natura politica. Maroni preferì restare nella Lega Nord. Fu umiliato da Bossi e dai suoi devoti, quasi costretto a un’autocritica da comunismo dei tempi d’oro, tollerato e guardato a vista per un po’. Poi, tutto tornò sereno, anche per la carriera personale di Maroni, allietata da incarichi ministeriali di primo piano. Sul piano politico, invece, nonostante le ripetute dichiarazioni di amicizia, di soli-darietà, di univoca visione con Bossi, negli ultimi tempi Maroni, già quand’era al Viminale, ha avviato un potenziamento della propria corrente in ostilità prima sorda, poi palese, verso i bossiani. Le spaccature sono emerse sia nei congressi sia nella formazione delle liste alle odierne amministrative. Adesso lo scandalo del tesorire Francesco Belsito, pesantissimo fin dall’inizio e aggravato dalle intercettazioni finite sui giornali, gli offre il destro per l’assalto alla fortezza bossiana. Le dichiarazioni di Maroni sono state il contrario del politicismo e del bizantinismo comuni nei palazzi romani: bisogna far pulizia. In tal modo ha appagato quei fedeli che sono rimasti delusi, sconcertati, amareggiati, come violentati, dalle rivelazioni che hanno finito con l’intaccare la figura stessa del fondatore del Carroccio, dei suoi familiari e di diretti collaboratori. C’è uniformità fra quanto predica l’ex ministro dell’Interno e quanto sente la base: non dev’esserci spazio nella Lega per traffichini e trafficoni. I timori estesi nei vertici leghisti riguardano il possibile tonfo elettorale, conseguente all’indiscutibile sputtanamento subìto in questi giorni e alla perdita di credibilità e fiducia. Maroni così, dopo diciassette anni, ha la possibilità concreta di vendicare la Canossa sopportata allora. Se qualcuno rammenta ancora La cena delle beffe, il poema drammatico di Sem Benelli reso celebre da un film di Alessandro Blasetti dominato dalla figura di Amedeo Nazzari, può ricordare il sentimento di vendetta di Giannetto (Giannettaccio, interpretato nel film da Osvaldo Valenti): «Sì, perché/ un’altra donna ho tolto per amarla/ assai più bella e più lusingatrice./ Si chiama essa Vendetta. Io la saprei/ dipingere cotanto l’ho sognata/ e posseduta in sogno». Ecco: per Maroni, è giunta l’ora in cui la vendetta dal sogno è diventata realtà.