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 2012  aprile 06 Venerdì calendario

Umberto Bossi non è più il segretario della Lega: si è dimesso ieri pomeriggio nel corso di una drammatica riunione in via Bellerio

Umberto Bossi non è più il segretario della Lega: si è dimesso ieri pomeriggio nel corso di una drammatica riunione in via Bellerio. I suoi, nel disperato tentativo di minimizzare la tragedia giudiziaria che ha travolto il capo, lo hanno subito nominato presidente. Presidente senza poteri, come è ovvio: il consiglio federale ha affidato il partito a un triumvirato composto da Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago. Questi tre dovranno governare il problematico appuntamento delle amministrative, gestire l’opposizione a Mario Monti in Parlamento e infine, dopo l’estate, organizzare il famoso congresso federale, che la Lega non tiene dal 2002 e al termine del quale sarà incoronato il nuovo capo del Carroccio. Visti i risultati di tante consultazioni di base e dei vari congressi regionali, è anche troppo facile pronosticare la vittoria di Maroni. Ma ieri alcuni militanti hanno gridato «buffone, buffone» a Maroni e il risentimento della famiglia Bossi verso di lui è così forte che non sembra azzardato ipotizzare altre lacerazioni, altre spaccature, altri drammi. E l’inchiesta della magistratura è appena agli inizi.

• Qualche particolare in più sulle dimissioni.

È stato nominato un nuovo amministratore, dato che il vecchio responsabile dei conti, Francesco Belsito, origine di tutti i guai piovuti addosso a Bossi, è stato buttato fuori l’altra sera. Il nuovo amministratore è Stefano Stefani, 73 anni, parlamentare di lungo corso e oggi presidente della Commissione Esteri alla Camera. I dettagli sulla riunione del consiglio federale li ha dati Matteo Salvini a Radio Padania, quando la riunione era appena finita: «Umberto Bossi ha detto che per il bene del movimento, per il bene dei militanti, per l’affetto e il lavoro di migliaia di persone che seguono la Lega…» sottinteso: si dimetteva. «Chiunque fosse dimostrato che abbia sbagliato (sic), pagherà per quello che eventualmente avesse fatto. La priorità è il bene della Lega e continuare la battaglia per dare un po’ di respiro e di libertà al Nord. Io non ricordo leader politici che si siano presi sulle spalle responsabilità evidentemente non loro…».

• Evidentemente non loro?

Bossi, come ognuno di noi, è innocente fino a prova contraria e comunque non è indagato dalla magistratura. Dimettendosi, vrebbe detto: «Chi sbaglia paga qualunque cognome porti». I suoi dicono che alla storia della famiglia – che a quanto pare si faceva passare i soldi, pagare le case e le macchine da Belsito – non voleva credere e che sono stati gli stessi leghisti a dirgli: «Guarda che è tutto vero». Su questo sarebbe avvenuto il crollo psicologico e la decisione di presentarsi dimissionario al consiglio federale di ieri. Salvini ha detto che nessuno – assolutamente nessuno – gli ha chiesto di andarsene. Fuori dalla sala di via Bellerio, del resto, lo aspettava un gruppetto di militanti che, mentre insultava Maroni, lo esortava a non mollare, a cacciar via i traditori eccetera. I figli coinvolti, come saprà, negano tutto, anche con l’aria di indignarsi.

Invece?

Ma intanto bisogna chiarire che la legge istitutiva dei rimborsi elettorali, fra le tante brutture, ha anche quella di non sottoporre i partiti a un obbligo di rendicontazione stringente. In pratica, con quei soldi – denaro pubblico – i partiti possono fare quello che vogliono, tant’è vero che Belsito ha addirittura adoperato i fondi per comprare diamanti in Tanzania. Quindi, anche ammesso che le intercettazioni siano suffragate da riscontri, non è detto che dar soldi alla famiglia del segretario, benché impresentabile sul piano politico e del costume, sia un reato.

Beh, qualche intercettazione ieri mattina l’ho letta pure io e, francamente, è roba che fa prudere le mani.

Sì, Belsito era appena stato convocato a Roma e temeva che Bossi lo avrebbe defenestrato. Allora l’impiegata amministrativa Nadia Dagrada lo invitava ad andare all’attacco: «Gli dici: capo, guarda che è meglio sia ben chiaro: se queste persone mettono mano ai conti del Federale, vedono quelle che sono le spese di tua moglie, dei tuoi figli, e a questo punto salta la Lega. Papale papale glielo devi dire: ragazzi, forse non avete capito che, se io parlo, voi finite in manette o con i forconi appesi alla Lega». Segue elenco, che riferiamo nel riassunto dei carabinieri: «i costi di tre lauree pagate con i soldi della Lega», «i soldi per il diploma (Renzo Bossi)»; «i 670.000 euro per il 2011 e Nadia dice che non ha giustificativi, oltre ad altre somme ingenti per gli altri anni»; «le autovetture affittate per Riccardo Bossi, tra cui una Porsche»; «i costi per pagare i decreti ingiuntivi di Riccardo Bossi»; «le fatture pagate per l’avvocato di Riccardo Bossi»; «altre spese pagate anche ai tempi del precedente tesoriere Balocchi»; «una casa in affitto pagata a Brescia»; «i 300.000 euro destinati alla scuola Bosina di Varese per Manuela Marrone (moglie di Bossi, ndr), che Belsito non sa come giustificare, presi nel 2011 per far fare loro un mutuo e che lui ha da parte in una cassetta di sicurezza». Poi: «l’ultima macchina del Principe, 50.000 euro, i soldi ancora da dare per le ristrutturazioni del terrazzo». Tra i beneficiati non manca Rosy Mauro, videpresidente del Senato e detta qui «la nera»: «Sai quanto gli ho dato l’altro giorno alla nera? Quasi 29mila, 29.142 in franchi eh... vuoi che ti dica tutti gli altri di prima?». La Mauro, a quanto si evince da queste telefonate, pigliava soldi attraverso la sigla di un sindacato padano Sin.Pa.

Non ho visto grandi dichiarazioni dagli altri partiti.

Hanno tutti il terrore che, dopo quest’altra tegola, si debba per forza rimetter mano alla legge sui rimborsi.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 6 aprile 2012]