Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 06 Venerdì calendario

L’incubo di Bobo il delfino: finire spiaggiato come Martelli - Malinconicamente affondato il Tro­ta, è arrivata alfine l’ora del perpetuo Delfi­no? C’è un parallelo non fausto,che però in questi giorni di fango e tempesta sul Carroc­cio è stato più volte evocato

L’incubo di Bobo il delfino: finire spiaggiato come Martelli - Malinconicamente affondato il Tro­ta, è arrivata alfine l’ora del perpetuo Delfi­no? C’è un parallelo non fausto,che però in questi giorni di fango e tempesta sul Carroc­cio è stato più volte evocato. Quello tra due capi carismatici di prima grandezza, Betti­no Craxi e Umberto Bossi, e il destino dei lo­ro eterni numeri due: Claudio Martelli e Bo­bo Maroni. Qualcuno lo ha citato con perfi­dia, come il fulminante Giorgio Stracquada­nio, Pdl: «Bobo farà la fine di Martelli con Craxi:voleva ridare l’onore al Psi e finì inda­gato per il conto Protezione». Qualcun al­tro con lieve ironia, come Mario Lavia su Eu­ropa : «Numeri due, nati e cresciuti all’om­bra del Capo, profondamente uomini di partito ma abili nel ritagliarsi un profilo isti­tuzionale importante (ministro della Giu­stizia il socialista, dell’Interno il leghista). E soprattutto, entrambi velocissimi ad avoca­re a sé il suolo di salvatore dell’onore del proprio partito». Veloci sì, ma- almeno per Martelli - fuori tempo massimo. Se Martelli aveva libero accesso al frigori­fero di casa Craxi, anche Maroni sedeva al desco familiare bossiano, immortalato, gio­vane e capelluto, in tenere istantanee col piccolo e già viziatissimo Trota sulle ginoc­chia. Faceva parte della family, lo zio Bobo. E se Martelli annunciò (poco prima dell’av­viso di garanzia sul Conto protezione) di vo­ler «restituire l’onore ai socialisti», Maroni ora ammonisce: «Bisogna fare subito puli­zia, se qualcuno ha tradito la fiducia dei mi­­litanti va cacciato». Uno studioso della Le­ga come Leonardo Facco parla di «nemesi storica» che accomuna Carroccio e Psi, con «un capo indiscusso travolto dagli scandali e il suo delfino che fa finta di sganciarsi». Ma si chiede: Maroni può «rivendicare una verginità» rispetto alle scelte strategiche del gruppo dirigente della Lega, come ad esempio«l’appoggio deciso in una notte al­­l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fa­zi­o nei giorni della scalata di Giampiero Fio­rani ad Antonveneta o all’epoca degli inve­stimenti della CredieuroNord»? Martelli ci provò, ma non ci riuscì: era troppo parte di quel «convento povero» nel quale, secon­do la definizione di Rino Formica, «i frati se la passano benissimo». Così come provò a smarcarsi politicamente da Craxi, ma solo all’ultimo e con qualche spregiudicatezza di troppo. Come Bobo: frondista sì, ma con parecchia oculatezza per uno che si è auto­nominato «barbaro sognante». Per dire, Maroni non ci pensa un attimo in luglio a di­re sì all’arresto di Papa, contro i voleri del Capo: quel giorno gli serviva la prova di for­za dentro la Lega, per contarsi e incassare spazio nel partito, dettare la linea rispetto al governo Berlusconi e decidere chi doves­se occupare poltrone importanti come quella di capogruppo. Ma basta poco più di un mese a fargli cambiare linea e riscoprire il garantismo: su Marco Milanese, Maroni dimentica le ansie di manette e si allinea a Bossi per salvare dalla galera (nonostante accuse ben più pesanti che per Papa) l’ex pupillo del ministro Tremonti. Non resta che augurare al delfino Maroni che la storia non si ripeta, passando magari- secondo la massima marxiana - da tragedia a farsa.