Marco Alfieri, La Stampa 6/4/2012, 6 aprile 2012
Siamo al capolinea di un ciclo ventennale: quello del forzaleghismo», riassume icastico Aldo Bonomi, sociologo esperto di Nord e modernizzazione
Siamo al capolinea di un ciclo ventennale: quello del forzaleghismo», riassume icastico Aldo Bonomi, sociologo esperto di Nord e modernizzazione. Una stagione politica che ha monopolizzato la parola «territorio», spostando a destra imprenditori e lavoratori insieme. E poi agricoltori, artigiani, operai, pensionati. «Un movimento interclassista, armato di una capacità mimetica di creare comunità, consenso e radicamento a tutto campo», che per anni, al nord, ha maneggiato senza rivali le parole della politica: sicurezza, impresa, immigrazione, crisi e federalismo. «Proprio in questi momenti - continua Bonomi - bisogna sforzarsi di guardare la luna invece che il dito che va in cancrena, cioè le dimissioni di Bossi e la Lega che ha perso la sua verginità». E la luna, per il sociologo valtellinese, «è un intera agenda sociale che resta inevasa, probabilmente peggiorata dopo i vent’anni del forzaleghismo al tramonto». Qualche esempio? «Lo spaesamento dei piccoli della vallate pedemontane che la Lega degli inizi quotò al mercato della politica, riecheggiano nella crisi dei piccoli comuni di oggi»; «gli orfani del fordismo di allora, artigiani e Pmi vessati da fisco e burocrazia, in questi mesi si sono trasformati nei drammatici suicidi di imprenditori e nella crisi del capitalismo molecolare»; «la questione extracomunitaria, simboleggiata a suo tempo dal referendum contro la legge Martelli, torna fuori ogni volta che c’è un barcone di disperati che sbarca a Lampedusa». E ancora. «Il debito pubblico abnorme causato nella vulgata leghista da “Roma ladrona”, richiama da vicino il quasi default di oggi, senza che il federalismo sia arrivato a bersaglio…». Dunque attenti a fissare il dito al posto della luna. In fondo, se si esamina la parabola della Seconda Repubblica oltre la crisi delle leadership carismatiche di Bossi e Berlusconi, i tre movimenti di questi 20 anni - ulivismo, berlusconismo e leghismo - sono arrivati al capolinea. C’è un filo rosso, per Bonomi, pur nelle diversità delle storie: «Tutti hanno avuto difficoltà a trasformarsi in forma partito, il che rimanda alla crisi della politica, il peccato originale della Seconda Repubblica». E adesso che succede? «Adesso si entra in una terra incognita in cui lo schema giocato per anni dal tandem Bossi-Berlusconi non sarà più lo stesso», ragiona Roberto Biorcio, studioso attento del leghismo e dei partiti autonomisti. Ma la questione settentrionale resta intatta sul tavolo. Anzi rischia di marcire per inazione. Pdl e Lega sono in rotta, ma anche gli altri partiti non si sentono tanto bene. «Vedremo come si comporteranno gli eredi dei due leader. Ora tocca a Maroni. Immagino vorrà emanciparsi dallo stile bossiano, provocazione e insieme mediazione», testimoniata dal grande accordo con l’individualismo proprietario berlusconiano: la saldatura del blocco dei produttori che li riporta insieme a palazzo Chigi nel 2001. Questo pendolo è una costante del forza-leghismo, capace alle origini di dare voce alle pulsioni anti stataliste dei ceti del nord fino alle ansie e le paure più recenti per la modernizzazione incompiuta dello sviluppo locale. Una stagione sepolta ieri. E domani? «Il centrosinistra non mi sembra forte a tal punto di organizzare una efficace rappresentanza nordista», continua Biorcio. «Lo è in qualche grande città e in Emilia, ma poi sul territorio vedo un deficit all’orizzonte». Anzi «è probabile che il nord bossian-berlusconiano si scongelerà nei tanti nord». Con la crisi riemergeranno profili e interessi diversi. «Il debito pubblico, la globalizzazione, la trasformazione dei distretti produttivi, per anni sigillati sotto il manto Lega-Pdl, stresseranno i territori». Esploderà più forte il dualismo nord-sud. Ci sono derive latenti. Paradossalmente «Bossi e Berlusconi, certo in un mix simbolico fatto di populismo e liberismo, hanno tenuto insieme il quadro». Che cos’era in fondo il Polo delle Libertà al nord e del Buon governo al sud già nel 1994? «Per anni hanno ottenuto consensi oceanici sopra il Po, e quando i rapporti di forza si spostavano, avveniva solo dentro al centrodestra», conclude Biorcio. Ora quello schema è saltato, finito per sempre. Ma chi sarà in grado di sostituirsi e di dare rappresentanza al male del nord?