Mario Calabresi, La Stampa 6/4/2012, 6 aprile 2012
Per anni hanno biasimato il “teatrino della politica” e ora ci tocca assistere al “teatrino delle parti sociali”: io sono sconcertata da questi cambi di fronte e dal fatto che sia sempre necessario demonizzare qualcuno, è davvero un segno di immaturità del Paese»
Per anni hanno biasimato il “teatrino della politica” e ora ci tocca assistere al “teatrino delle parti sociali”: io sono sconcertata da questi cambi di fronte e dal fatto che sia sempre necessario demonizzare qualcuno, è davvero un segno di immaturità del Paese». A tarda sera Elsa Fornero non riesce a trattenere l’irritazione per l’offensiva del mondo imprenditoriale contro la riforma del lavoro e per le dichiarazioni fortemente critiche rilasciate da Emma Marcegaglia in un’intervista al Financial Times. «E’ una reazione incomprensibile - sottolinea il ministro del Lavoro - di fronte a un cambiamento marginale e ragionevole che non stravolge certo il senso della riforma». Il presidente uscente di Confindustria ha detto testualmente: «The text is very bad», ossia che la riforma del lavoro è pessima. «Prima di tutto bisognerebbe essere responsabili anche nei messaggi che si mandano ai mercati e all’estero, bisognerebbe davvero recuperare una rappresentazione corretta e non distorta delle cose e poi, prima di rilasciare certe dichiarazioni, l’articolato avrebbe meritato una lettura più pacata e attenta». Vi si accusa di aver fatto marcia indietro. «Il governo non ha fatto nessuna marcia indietro, le modifiche apportate non sconvolgono l’impianto né fanno venir meno la spinta innovativa della riforma: l’unica novità che c’è nella riforma dell’articolo 18 è aver inserito la clausola della “manifesta insussistenza” dei motivi economici come possibilità di reintegro». Però la variazione ripropone il reintegro anche nei licenziamenti per motivi economici. «La verità è che abbiamo modificato lievissimamente la riforma dell’articolo 18, abbiamo solo inserito la norma secondo cui in caso di manifesta insussistenza il giudice può stabilire il reintegro, il resto è rimasto uguale. Il giudice non viene chiamato ad entrare nello specifico del motivo economico o nel merito della gestione di un’azienda ma può solo stabilire se c’è una insussistenza chiara e manifesta del motivo e poi abbiamo scritto “può” non “deve” reintegrare». Marcegaglia però ha spiegato che il testo non è quello che avevate condiviso, riferendosi alla prima proposta del governo, presentata alle parti sociali. «Con le parti sociali c’è stato un lungo dialogo ma nessun accordo e nessuna concertazione, l’accordo invece bisognava trovarlo con i partiti politici che sostengono questo governo e che dovranno approvare il disegno di legge in Parlamento». E cos’è successo al vertice di martedì sera? «C’è stato un lungo confronto e poi Alfano e Casini hanno teso la mano a Bersani, nel senso che gli sono andati incontro per cercare una sintesi tra le forze che insieme sostengono il governo. Così si è deciso di aggiungere la possibilità di reintegro del lavoratore da parte del giudice, ma con limiti ben precisi, una cosa di assoluto buon senso». Non può negare che ci sia stata una concessione a Bersani e alla Cgil nel vertice. «Non ci sono vincitori e vinti ma una soluzione equilibrata chenon ha smantellato l’impianto, mi sembra un tantino esagerato questo cantare vittoria da parte della sinistra». Che cosa la disturba di più nelle critiche di questi ultimi due giorni? «Siamo partiti che l’articolo 18 era un totem intoccabile, tutti scommettevano che non saremmo riusciti a fare alcuna modifica, invece noi l’abbiamo riformato e adesso le imprese ci dicono che non è cambiato niente. E poi sembrano far finta di non vedere le cose che hanno portato a casa». A cosa si riferisce? «Sembrano dimenticare che nello stesso vertice però si è venuti incontro anche alle esigenze delle imprese allungando da un lato i tempi e dall’altro allentando le restrizioni messe sui contratti non a tempo indeterminato. Per esempio: le aziende avranno un anno di tempo per far emergere i rapporti di lavoro a tempo indeterminato che oggi sono presentati come partite Iva; poi abbiamo tolto la necessità della causale per i contratti a tempo determinato di sei mesi e per i primi contratti. Per quanto riguarda l’apprendistato abbiamo cambiato il rapporto tra lavoratori e apprendisti: prima era uno a uno, adesso puoi avere tre apprendisti ogni due lavoratori. Inoltre prima potevi assumere nuovi apprendisti solo se ne avevi confermati almeno la metà nel triennio precedente, invece adesso per i prossimi tre anni la soglia è abbassata al 30 per cento. Ma non solo: rispetto alla stesura precedente è stato ridotto l’indennizzo che era previsto in una forbice tra le 15 e le 27 mensilità e che ora sarà tra 12 e 24. Infine abbiamo lavorato per rendere più rapidi e veloci i processi e abbiamo inserito l’elemento della conciliazione preventiva. Perché tanta sfiducia?». Certamente uno dei motivi della reazione è legato al ricorso ulteriore alla magistratura. «Beh,le dirò che non mi aspettavo una sfiducia così aperta nei confronti dei giudici, se si vuole il cambiamento non lo si può costruire sui pregiudizi. Salvo che si pensi che i giudici sono tutti ideologizzati: cosa difficile da sostenere. E’ una reazione incomprensibile che mi sembra risponda più a logiche interne che a fatti reali». Niente da rimproverarsi? «Il governo ha pensato al Paese, non a favorire una o l’altra parte, lo facciano tutti, sono anni che chiedono a gran voce di far prevalere l’interesse generale e ora c’è l’occasione..., bisognerebbe smettere di pensare solo alla propria parte, solo agli interessi di bottega». E adesso cosa farà come ministro del Lavoro? «Sarei ben felice di fare un confronto pubblico, anche in televisione, con Emma Marcegaglia per spiegare la riforma e come stanno le cose, perché bisogna fare chiarezza e perché non è possibile fare marcia indietro in questa maniera». In che senso marcia indietro? «Nel senso che non è cambiato quasi nulla rispetto ad un testo che era accettato da tutti tranne che dalla Cgil e adesso sembra di essere passati all’opposto: io faccio ancora fatica a comprendere questa giostra».