Giornali vari, 6 aprile 2012
Anno IX – Quattrocentodiciannovesima settimana Dal 2 al 6 aprile 2012 (prima parte) [SOTTO LA SECONDA]Nel pomeriggio di giovedì 5 aprile è finita l’avventura politica di Bossi, costretto a dimettersi da segretario della Lega per le conseguenze di un’inchiesta giudiziaria politicamente devastante
Anno IX – Quattrocentodiciannovesima settimana
Dal 2 al 6 aprile 2012 (prima parte) [SOTTO LA SECONDA]
Nel pomeriggio di giovedì 5 aprile è finita l’avventura politica di Bossi, costretto a dimettersi da segretario della Lega per le conseguenze di un’inchiesta giudiziaria politicamente devastante.
Tanzania Ed ecco la sequenza degli ultimi avvenimenti. Ai primi di gennaio venne fuori che il segretario amministrativo della Lega, Francesco Belsito, aveva investito all’estero una decina di milioni, piazzandone 4,5 in Tanzania (s’è scoperto poi che con questi soldi aveva acquistato diamanti), un altro milione a Cipro, il resto in Norvegia. Allo scandalo dei militanti e alle risate degli avversari, si aggiunse la denuncia di un leghista rimasto anonimo, poche righe depositate in Procura a Milano, con allegati però un bel po’ di ritagli di giornale. Era di turno il procuratore aggiunto Alberto Nobili, che passò la palla all’aggiunto Alfredo Robledo, impegnato in accertamenti su reati connessi con la pubblica amministrazione e che aveva già messo nel mirino il Carroccio. Il quale era sotto inchiesta anche da parte della Procura di Napoli (Woodcock/Piscicelli) e della Dda di Reggio Calabria (cioè l’antimafia, giudice Giuseppe Lombardo). In questi novanta giorni, i giornali hanno parlato di queste indagini en passant. Ma lunedì 2 aprile i titolari delle tre inchieste hanno tenuto un vertice in Procura a Milano, e il giorno dopo si sono presentati in via Bellerio, sede della Lega, per perquisire l’amministrazione del partito e gli uffici di Belsito. Quella sera stessa, al termine di una riunione drammatica, Bossi ha licenziato Belsito. Ma intanto, mentre i leghisti si davano appuntamento per il giorno dopo, 4 aprile, i quotidiani cominciavano a pubblicare le intercettazioni.
Le intercettazioni Le conversazioni più compromettenti sono quelle tra Belsito e la segretaria amministrativa Nadia Dagrada. Siamo a gennaio e Belsito è molto preoccupato perché Bossi, infastidito dalla faccenda della Tanzania, lo ha convocato a Roma. Il tesoriere teme di esser prossimo al licenziamento. Ma la segretaria Nadia lo invita a resistere e, anzi, a passare all’attacco: «Gli dici: capo, guarda che è meglio sia ben chiaro: se queste persone mettono mano ai conti del Federale, vedono quelle che sono le spese di tua moglie, dei tuoi figli, e a questo punto salta la Lega. Papale papale glielo devi dire: ragazzi, forse non avete capito che, se io parlo, voi finite in manette o con i forconi appesi alla Lega». Segue elenco, che riferiamo nel riassunto dei carabinieri: «i costi di tre lauree pagate con i soldi della Lega», «i soldi per il diploma (Renzo Bossi)»; «i 670.000 euro per il 2011 e Nadia dice che non ha giustificativi, oltre ad altre somme ingenti per gli altri anni»; «le autovetture affittate per Riccardo Bossi, tra cui una Porsche»; «i costi per pagare i decreti ingiuntivi di Riccardo Bossi»; «le fatture pagate per l’avvocato di Riccardo Bossi»; «altre spese pagate anche ai tempi del precedente tesoriere Balocchi»; «una casa in affitto pagata a Brescia»; «i 300.000 euro destinati alla scuola Bosina di Varese per Manuela Marrone (moglie di Bossi, ndr), che Belsito non sa come giustificare, presi nel 2011 per far fare loro un mutuo e che lui ha da parte in una cassetta di sicurezza». Poi: «l’ultima macchina del Principe, 50.000 euro, i soldi ancora da dare per le ristrutturazioni del terrazzo». Vengono citati, come presunti beneficiati, anche Rosy Mauro (detta «la nera») e Calderoli.
Rivelazioni Nella segreteria di mercoledì scorso, 4 aprile, a Bossi, che non poteva credere alle accuse della magistratura, i suoi colonnelli spiegarono che sì, quelle accuse erano vere, la famiglia da un pezzo prendeva soldi dalla cassa del partito. La mattina dopo, 5 aprile, Bossi pretese che invece del solito riassunto dei giornali gli si leggessero – riga per riga – tutti gli articoli che riguardavano lui e la sua famiglia. Alla fine, decise di dimettersi. E infatti, al consiglio federale del pomeriggio, senza che nessuno glielo avesse chiesto, annunciò che avrebbe lasciato. Con questa frase: «Chi sbaglia paga, qualunque cognome porti». Il consiglio lo elesse presidente del partito e affidò la gestione della Lega a un triumvirato composto da Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago. I tre dovranno affrontare il difficile passaggio delle amministrative, poi guidare l’opposizione in Parlamento e infine organizzare il congresso federale del primo week end di ottobre, in cui si sceglierà il successore del Senatùr. È facile dire oggi che l’incoronato sarà Bobo Maroni. Meno facile prevedere se la Lega, nel frattempo, non sarà andata in pezzi.
Anno IX – Quattrocentodiciannovesima settimana
Dal 2 al 6 aprile 2012 (seconda parte)
Articolo 18 Il governo ha riscritto l’articolo 18, in una forma che è impossibile riportare per intero qui, ma che significa sostanzialmente questo: i licenziamenti discriminatori continuano ad essere impossibili, i licenziamenti per motivi disciplinari saranno vagliati dal giudice che potrà optare per il reintegro o per un risarcimento, i licenziamenti per motivi economici, «nel caso di manifesta infondatezza, anzi insussistenza» (stiamo citando la ministra Fornero) saranno resi nulli dal giudice che disporrà eventualmente il reintegro con un indennizzo pari a 12-24 mensilità (in funzione dell’anzianità di servizio e di altri parametri obiettivi). Il giudice potrà naturalmente confermare il licenziamento, sia nel caso degli economici che dei disciplinari, disponendo l’indennizzo di 12-24 mensilità. Nella versione precedente, il licenziamento per ragioni economiche non era sottoposto al vaglio del giudice e l’indennizzo oscillava tra le 15 e le 27 mensilità. A questa ultima correzione si è arrivati martedì 3 aprile con un incontro segreto Monti-Bersani, allargato successivamente ad Alfano-Casini, a Fornero, al viceministro Grilli, al sottosegretario Catricalà. Emma Marcegaglia ha detto al “Financial Times” che la riforma è «very bad» (pessima) perché allungherà i tempi delle cause di lavoro e costerà troppo alle imprese. Fornero le ha risposto che un testo così, appena un mese fa, se lo sarebbe sognato.
Riforma Le altre parti della riforma sono quelle di cui abbiamo già parlato più di una volta. Il perno di tutto il nuovo sistema è il contratto unico a tempo indeterminato, meno solido di prima, naturalmente, per via della nuova formulazione dell’articolo 18. I neoassunti affronteranno un periodo di apprendistato di tre anni durante il quale potranno essere licenziati praticamente senza problemi. L’imprenditore pagherà questa libertà un 1,4% in più rispetto ai contratti flessibili di adesso (anche di qui viene il malumore della Confindustria), ma i soldi gli saranno in parte restituiti se invece alla fine del triennio assumerà il lavoratore. Sparisce la cosiddetta mobilità, cioè la cassa riservata ai lavoratori rimasti disoccupati, a cui sarà invece offerto per un anno un assegno di un migliaio di euro, tagliato dopo sei mesi. Per finanziare il sistema ci vorranno due miliardi di euro all’anno. Il governo li prenderà tassando soprattutto i proprietari delle case date in affitto e i viaggiatori che prendono l’aereo, e costringendo a qualche taglio Inps, Inail e Monopoli di Stato (rispettivamente 72, 18 e 10 milioni).
Legge Ricordiamo che stiamo parlando di una legge non ancora in vigore: l’iter parlamentare deve cominciare e per accelerarne l’esito è probabile che il governo metta la fiducia.
Imu L’Imu – la tassa che ha tra l’altro sostituito la vecchia Ici – è troppo complicata da pagare: così a giugno i Comuni, che protestano, dovranno accontentarsi di un versamento calcolato sull’aliquota base, vale a dire l’aliquota che risulta dalla rendita catastale rivalutata del 5%, moltiplicata per 160 e scremata dei 200 euro delle detrazioni forfettarie e dei 50 euro per ogni figlio a carico che abbia meno di 26 anni. Il saldo si mangerà poi, a dicembre, un pezzo di tredicesima.