Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’idea di Bersani – eleggere Franco Marini al Quirinale con i voti del Pd, di Berlusconi e di Monti – è miseramente naufragata già al primo scrutinio: invece di raccogliere gli 850 voti potenziali di quei tre partiti (con il quorum a livello 672), Marini ne ha presi appena 521. E al secondo scrutinio, Pd Pdl e Scelta civiva hanno preferito votare scheda bianca, per prendere tempo e decidere sul da farsi. In un primo momento, anche a causa di una dichiarazione di Alfano, era parso che il segretario democratico fosse deciso, d’accordo con Berlusconi, a ripresentare il nome di Franco Marini alla quarta votazione, quando, per passare, basteranno 504 voti (maggioranza assoluta dell’assemblea). Ma in serata, prendendo atto della tempesta in cui era precipitato il partito, con Renzi in viaggio verso Roma, e l’occupazione in tutt’Italia di sedi del Pd per protestare contro l’intesa con Berlusconi (ci sono state un paio di manifestazioni anche davanti a Montecitorio, dove sono state bruciate tessere del Partito democratico), Bersani ha dichiarato: «Fase nuova, faremo una nuova proposta, la nostra assemblea sceglierà democraticamente un candidato». Alla conferenza dei capigruppo di stamattina (ore 9.40), il Pd chiederà lo spostamento della quarta votazione a domani, in modo da aver tempo, nel pomeriggio, di studiare una nuova candidatura (il Pdl è contrario). L’altra sera, al teatro Capranica, all’annuncio di Bersani che il Pd avrebbe votato un candidato scelto da Berlusconi, s’è scatenata una specie di vera e propria rivoluzione, con Vendola che ha annunciato la fine dell’alleanza. Ieri esponenti democratici, ammettendo di non aver mai preso parte a una riunione simile, hanno ammesso che le troppe parti di cui è fatto adesso il centro-sinistra «si sono dilaniate» tra di loro.
• Cominciamo con l’esito dei due voti.
La classifica finale dopo il primo scrutinio è stata questa: Marini 521, Rodotà 240, Chiamparino 41, Prodi 14, Bonino 13, D’Alema 12, Napolitano 10, Finocchiaro 7, Cancellieri e Monti 2, dispersi 18, bianche 104, nulle 15. Secondo scrutinio: Rodotà 230, Chiamparino 90, D’Alema 38, Alessandra Mussolini 15, Marini 15, Prodi 13, Bonino e Sergio De Caprio (il capitano “Ultimo”) 8, Cosimo Sibilia (ex presidente pdl della provincia di Avellino) 7, Rosi Bindi 6.
• Spieghiamo le candidature Rodotà e Chiamparino. Oltre tutto Chiamparino, già sindaco di Torino, non era mai stato nominato nelle rose della vigilia.
Chiamparino è il nome scelto dai renziani per contarsi e fare un’opposizione visibile a Bersani. Non si sono comportati da franchi tiratori perché avevano annunciato il loro “no” a Marini la sera prima. Nel secondo scrutinio, hanno scelto Chiamparino anche i montezemoliani di Scelta civica in polemica con Casini (che spinge per il cattolico Marini). Rodotà è il cavallo di Troia che Grillo ha introdotto nel campo democratico, mossa speculare a quella con cui Bersani aveva scompigliato il campo grillino presentando a suo tempo Boldrini e Grasso per le presidenze delle aule. I grillini ieri non hanno fatto che chiedere: «I democratici, prima di proporci qualunque altro nome, ci spieghino perché non va bene votare Rodotà». È una partita facile: Rodotà, per la sua storia, è per intero uomo del Pd, ed ecco che i cinquestelle, impadronendosene, hanno ingolfato le possibilità di scelta di Bersani e dei suoi. Ci pensi, tutti i nomi messi in lista dai grillini nelle loro quirinarie (o come si chiamano) appartengono al Partito democratico. Scegliendo uno di questi nomi, i democratici farebbero la figura di accodarsi al comico genovese. Lo stesso che li ha presi per i fondelli quando Bersani ha tentato di formare il governo.
• Prodi?
Ieri sera i nomi che andavano per la maggiore erano di nuovo D’Alema e Prodi. Soprattutto Prodi. Io non lo so. Guardando la storia, Prodi non dovrebbe avere il consenso dell’ala ex diessina, cioè dalemiani, veltroniani, bersaniani, eccetera. Ha già il sì di Renzi. C’è la grande tentazione, naturalmente, di fare un dispetto a Berlusconi, che vede nell’elezione di Prodi la sua sconfitta definitiva. Prodi si è anche pronunciato per l’ineleggibilità del Cavaliere. Bersani in definitiva deve scegliersi una volta per tutte il nemico: il Cav o Renzi?
• Esiste ancora un segretario del Pd?
Il nuovo congresso sarà convocato mercoledì prossimo, e si svolgerà, credo, a brevissimo. Bersani che ieri sera cambia idea (non più insistere su Marini, ma prendere atto della «fase nuova») ci fa sapere di essere già stato stato commissariato. I commissari sono Vendola, e soprattutto Renzi. Il flop di Marini dimostra che non si può scegliere il presidente della Repubblica contro Renzi. L’idea di insistere proponendo ancora la Finocchiaro (sempre contro Renzi) ieri è durata solo mezz’ora. Renzi sta vincendo questa specie di precongresso, giocato drammaticamente mentre si deve scegliere il capo dello Stato e senza che vi sia un’idea di come fare il governo dopo.
• La possibilità di un’asse Pd-Pdl per mettere in piedi un esecutivo è definitivamente tramontata?
Gli elettori del Pd, per lo meno quelli che sono capaci di farsi sentire attraverso i social networks, facebook, twitter ecc. hanno detto massicciamente che l’accordo con Berlusconi non lo vogliono. L’idea della grande intesa, così cara a Napolitano, appartiene, si direbbe, ai vecchi. I giovani – e questo Parlamento è molto più giovane del precedente – vedono nel compromesso, nell’accordo, nella mediazione il metodo con cui è ingrassata la casta. E non ne vogliono più sentir parlare.
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