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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

LA PARABOLA DEL PORNO D’AUTORE, DA COURBET A KOONS - È

una delle opere più celebri della storia dell’arte, ma finora era stata studiata in modo tradizionale, tentando di ricostruirne la storia e soprattutto di scoprire di chi fosse il sesso dipinto in primo piano. Ma forse, più che stabilire se davvero sia stata la modella irlandese Joanna Hiffermann a ispirare Gustave Courbet, è più interessante ricostruire i segni che la sua Origine du monde ha lasciato nell’immaginario, spesso anticipando l’erotismo contemporaneo; da quando il ricco collezionista turco Khalil-Bey lo nascondeva dietro una tendina verde, antesignana dei peep-show, a quando Jacques Lacan lo esponeva nel suo studio privato, sino all’approdo al Musée d’Orsay a metà degli anni 80, quando vi lavorava come sovrintendente (delle sculture però) la donna più misteriosa e potente di Francia, Anne Pingeot, il grande amore di François Mitterrand e madre della sua unica figlia.
Scrive Luca Beatrice, brillante critico e storico dell’arte, in questo irriverente e colto Sex, saggio in libreria da Rizzoli (pp. 252, 19,50), che se L’origine venisse di nuovo decontestualizzata dal museo e proposta, per esempio, come home page di un sito erotico, funzionerebbe comunque. Questo significa che l’immagine sessuale è l’ultimo «ready made», il vero erede della Fontaine di Marcel Duchamp. Sia che lo si contempli in una pinacoteca, sia che lo si sbirci sullo schermo del computer, comunque sollecita la fantasia e l’immaginazione.
L’origine du monde ha dunque la paternità assoluta tra le opere trasgressive, quelle che hanno rivoltato il concetto di osceno in una modalità che mai la pittura aveva osato affrontare. Sono peraltro gli stessi anni in cui comincia a diffondersi la fotografia, da cui è ancora assente il principio dell’autorialità che definisce invece un’opera d’arte. Sono quindi i dilettanti, gli amatori a diffondere sul mercato quelle immagini quasi pornografiche che rimandano esplicitamente alla posa di Courbet. Un erotismo vintage che peraltro oggi appartiene al gusto corrente.
Grazie all’Origine e alla fotografia è come se si fossero abbattute le frontiere moralistiche: Rodin realizza sculture di ragazze con le gambe aperte, Schiele e Klimt si attardano in pose di autoerotismo femminile, Picasso comincia la sua lunga esplorazione del sesso, che si concluderà nel 1967 con la Suite 357, trionfo dell’eros voyeuristico e senile, disegno di una ragazza con animale, mentre Man Ray dedica le sue Four Seasons ad altrettante pose da film hard core, recitate con l’amante Kiki de Montparnasse.
Poi viene il tempo della liberazione sessuale, della coscienza del corpo, del femminismo e del movimento gay; l’epoca delle performance dove è l’artista (quasi sempre donna) a mettersi a nudo contro la visione «maschilista e fallocratica» della società, è un film porno a lanciare il dibattito sul godimento femminile. Eppure l’Italia è tra i pochi paesi dell’Occidente che, a inizio degli anni 70, manda ancora al rogo due film accusati di oscenità: Ultimo tango a Parigi, per via della scena del burro, e Salò di Pasolini.
Se gli anni dell’impegno politico reclamano la libertà etica del corpo, gli Ottanta rilanciano sul piano dell’estetica. E la pornografia entra in tv, in parlamento, nei salotti. Così alla fine del decennio Jeff Koons, il più celebre artista pop, erede di Andy Warhol, incontra Ilona Staller, la più famosa pornostar. Si frequentano, si piacciono, si sposano e fanno del loro amore un’opera d’arte (o almeno un tentativo). Ma in un’epoca all’apparenza di eccessi si insinua il fantasma dell’Aids, quasi contrappeso moralistico; e suona davvero come una fine simbolica la morte di Robert Mapplethorpe, alfiere della fotografia gay. In più la foto di moda entra nel sistema dell’arte e autori come Helmut Newton sono finalmente considerati artisti.
A fine secolo anche il sesso nell’arte si ritrae in una dimensione intima. L’obiettivo del fotografo (Nan Goldin, Tillmans, Kern, Larry Clark) entra nelle camere da letto. La letteratura conosce cadute nella banalità. Dai nudi pixelati di Thomas Ruff alle polaroid di Araki, dagli scatti lesbo di Bettina Rehims all’esibizionismo di Terry Richardson, l’arte attinge a piene mani dalle luci rosse e la differenza è data ancora una volta dal contesto. Il saggio di Beatrice ci fa conoscere la contemporaneità. Ma più ci si avvicina all’attualità, più si avverte la lontananza di Courbet e della sua Origine.
Aldo Cazzullo