Massimo Gaggi, Sette 19/4/2013, 19 aprile 2013
IL BITCOIN SFIDA IL DOLLARO
Ogni tanto qualche remota comunità nelle praterie americane si inventa una sua moneta locale con la quale vorrebbe sostituire il dollaro. Per rivendicare la sua autonomia dal governo federale o per ostentare disprezzo nei confronti della politica monetaria della Federal Reserve. A differenza degli attivisti di piccole città dello Utah o del Texas che sognano un ritorno – romantico quanto impossibile – alla parità aurea, le menti che sono dietro Bitcoin hanno concepito un progetto anch’esso con uno sfondo ideologico, ma che sta diventando un business vero. E problematico. Bitcoin è la moneta virtuale nata nel 2009 per iniziativa di alcuni attivisti di Internet con l’obiettivo di creare un sistema di pagamenti alternativo ispirato alla filosofia “opensource”. All’inizio l’esperimento è stato poco più di una provocazione intellettuale, ma dall’anno scorso il giro d’affari è cresciuto vorticosamente, un po’ per l’attenzione dei “media” che ha fatto salire il valore attribuito a questo denaro artificiale creando una sorta di “bolla”, un po’ per motivi più oscuri. Il valore di tutti i Bitcoin oggi in circolazione ha ormai superato il miliardo di dollari. E, oltre ad attrarre investitori che puntano a facili profitti, questo sistema di pagamento viene usato sempre più spesso da gente interessata a realizzare transazioni opache, che non vengono registrate. Non parliamo di grande criminalità: le cifre in ballo, in genere, sono piuttosto limitate. Ma, per esempio, uno studio della Carnegie Mellon University ha accertato che gran parte delle transazioni in Bitcoin che passano attraverso Silk Road, un mercato “online” coperto dall’anonimato, riguardano la compravendita di piccole quantità di sostanze stupefacenti. Perché allora non interviene l’FBI a spazzar via queste transazioni e la stessa moneta virtuale? Non è così facile. Bitcoin nasce da alcuni attivisti della rete ideologicamente motivati ed è sostenuta da una fondazione non profit, la Bitcoin Foundation, e da diverse società di “venture capital” della Silicon Valley. Ci sono poi organizzazioni come il sito Antiwar.com o la Electronic Frontier Foundation, decisi a difendere i Bitcoin fino alla morte: considerano essenziale, per la loro libertà di criticare le autorità, la possibilità di utilizzare una moneta esterna alla sfera d’influenza del governo. E sono convinte che, man mano che crescerà questa consapevolezza nella società, crescerà anche l’uso del Bitcoin in campagne legate ai diritti civili o alle battaglie politiche e ideologiche, mentre calerà quello per attività illegali o border line.