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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

LA GIORNATA DI UN OLIGARCA


LONDRA. La grande ricchezza rende invisibili. Non si incontrano miliardari che fanno la spesa al supermercato, stanno in coda alla cassa di una boutique, sbuffano sul tapis-roulant in palestra, cenano nel ristorante alla moda. È più facile per i paparazzi fotografare all’uscita da una discoteca un futuro re, il principe William con Kate (almeno fino a quando lei non era in cinta), che rubare la stessa immagine a un oligarca, il termine con cui dopo il crollo dell’Urss comunista si definiscono i nuovi ricchi di Russia, i Paperoni sbocciati dalla privatizzazione selvaggia e corrotta dell’ex-Impero dei Soviet. In dieci anni passati a Londra, non ho mai visto sui tabloid una sola foto di Roman Abramovich, il petroliere siberiano proprietario (fra molte oltre cose) del Chelsea Football Club, tranne che nella tribuna Vip di Stamford Bridge, lo stadio della sua squadra, e sul portone d’ingresso dell’Alta Corte, il tribunale dove l’anno scorso era stato citato per danni (richiesta: 3 miliardi di sterline di indennizzo) da un oligarca rivale, Boris Berezovskij. Per questo sobbalzai sorpreso quando, sedendo a un tavolo di Zafferano, uno dei migliori ristoranti italiani, mi ritrovai accanto a quest’ultimo, che cenava con una giovane donna, guardato a discreta distanza da una coppia di guardie del corpo, vagamente distratte dal risotto che avevano nel piatto per non dare nell’occhio.
Quel fortuito incontro con Berezovskij, due anni prima che venisse ritrovato morto nel bagno della sua villa del Surrey, con un laccio attorno al collo, apparentemente suicida, sottolineava in realtà la contraddizione degli oligarchi di Russia, la caratteristica che li distingue da altri miliardari, da uno sceicco arabo, diciamo, da un cinese, da un indiano, da un texano. Tanti nuovi ricchi russi si sono trasferiti a Londra perché si sentono più sicuri nell’anonimato che offre loro una grande metropoli occidentale. Ma allo stesso tempo vengono qui perché, sotto sotto, non riescono a rinunciare al piacere di esibire il loro status, ossia il loro patrimonio, il loro privilegio. Se voleva davvero proteggere la sua privacy, Abramovich non avrebbe acquistato un club di calcio che è tutti i giorni in prima pagina. Se avesse preferito veramente restare nell’ombra, Berezovskij non sarebbe andato a cena in uno dei ristoranti preferiti dai divi del cinema e della musica pop. È la contraddizione di questa piccola società segreta, esserci e non esserci, restare nascosti e mettersi in mostra. Da un lato cercano di imitare l’understatement, l’attitudine così inglese a minimizzare, celarsi, contenere qualsiasi sensazione (dal piacere al dolore); dall’altro sono pur sempre russi e non resistono a comportarsi come tali, cioè in modo vistoso, esagerato, rumoroso.
La giornata tipo di un oligarca russo a Londra comincia in una casa di Belgravia, il quartiere più esclusivo della capitale, sede di ambasciate, consolati e residenze dai 6 milioni di sterline (7 milioni di euro) in su. Non un negozio, un tabacchino, un’edicola, viola l’eleganza aristocratica di questi palazzi. Ma i russi di Belgravia riescono lo stesso a farsi notare, perché non potendo ampliare le proprie ville verso l’alto, a causa dei regolamenti urbani che ne preservano lo stile, le ingrandiscono verso il basso, scavando due, tre, quattro piani sotterranei in cui fare spazio per piscina, campo da tennis, sala da ballo, parcheggio, provocando le proteste dei vicini per le dimensioni dei lavori e i detriti che provocano. Oppure si risvegliano negli appartamenti di Hyde Park One, il condominio più lussuoso del mondo, prezzi da 5 a 50 milioni di sterline, dove la macchinetta per fare il caffè espresso, in dotazione a ogni inquilino, costa 17 mila sterline, e i vicini sono figli di dittatori ex-sovietici, emiri del Golfo Persico, pop star thailandesi. Altrimenti a Kensington Palace Gardens, soprannominata Billionaire’s Row, dove abitano Tamara e Petra Ecclestone, figlie del patron della F1.
C’è sempre la palestra privata in case del genere, ed è lì che inizia la 24 ore dell’oligarca e della sua consorte. Dopodiché, consumato il breakfast, è tempo di fare shopping, non certo da Harrod’s, i grandi magazzini del lusso kitsch che fanno tanta gola ai turisti, bensì nel vicino Harvey Nichols, dove circolano i soldi veri e si trovano soltanto capi d’alta moda, nei cui bar si può fare un rapido lunch prima di proseguire gli acquisti nelle gioiellerie di Bond Street. All’uscita c’è sempre una limousine, una Bentley o una Rolls-Royce dai vetri oscurati (Berezovskij ne aveva una d’epoca, del 1927 – ma l’ha dovuta vendere per pagare i debiti quando ha perso il processo contro Abramovich) per portare il nostro oligarca al prossimo appuntamento. Per un incontro d’affari alle 5 del pomeriggio non c’è niente di più appropriato e di più tipicamente inglese di un tè, magari nella tearoom del Millennium Hotel di Grosvenor Square, la piazza addolcita da un magnifico giardino, su cui sorgono l’ambasciata Usa e quella d’Italia. Un posto più sicuro di così non esiste probabilmente in tutta Londra, senonché proprio al bar del Millennium, sette anni fa, fu servito un tè al polonio radioattivo ad Aleksandr Litvinenko, l’ex-agente del Kgb tramutatesi in businessman londinese, assassinato dal suo commensale, russo anche lui, poi fuggito a Mosca. Per cui il tè da allora è forse meglio andarlo a bere all’hotel Dorchester.
L’ufficio dell’oligarca è a MayFair, il quartiere degli hedge fund nel cuore della città (qui ce l’aveva anche Berezovskij, fino a due settimane prima di morire, quando lo ha chiuso misteriosamente). Da lì raggiunge comodamente uno dei ristoranti preferiti dai russi per la cena: Zafferano o C London (come si chiama ora Cipriani) se ha voglia di cucina italiana, Nobu o Novikov per l’asiatica (quest’ultimo aperto dal più famoso ristoratore di Mosca), Nikita o Mari Vanna se desidera la gastronomia di casa propria. Naturalmente pasteggia a vino, il nuovo ricco russo di Londra ha rinunciato da tempo alla volgare vodka: uno dei requisiti del suo status è avere (o fingere di avere) la conoscenza di un sommelier in fatto di bottiglie.
Se è venerdì, dopo cena può partire per il Surrey, dove ormai un terzo delle ville da 15 a 30 milioni di sterline sono state vendute ai russi; se rimane in città può prepararsi a un sabato allo stadio, a patto di avere un posto in tribuna Vip allo Stamford Bridge. Vicino a quello di Abramovich.