Marco Imarisio, Corriere della Sera 19/04/2013, 19 aprile 2013
IL RITORNO DI CHIAMPARINO: CONVERGERE CON BERLUSCONI VUOL DIRE AZZERARE IL PARTITO
«Purtroppo una rondine per me non fa certo primavera per il Pd». L’inverno sta arrivando fuori stagione, per il Partito democratico. E i novanta voti raccolti ieri da Sergio Chiamparino rappresentano qualcosa di più del tributo a un candidato di bandiera. L’ex sindaco di Torino, a rigor di sondaggio il primo cittadino italiano più amato della storia recente, nel 2011 terminò il suo mandato mettendosi a disposizione del partito. Andò a parlarne a Roma. Non venne neppure ricevuto da Pier Luigi Bersani. Era già in odore di eresia renziana. Prese la strada della banca, presidente della Compagnia San Paolo, sopportando qualche dichiarazione di prammatica dei vertici del Pd sulla «risorsa» che aveva autonomamente scelto una strada diversa dalla politica attiva.
Ieri pomeriggio stava pedalando dall’ufficio verso casa quando il telefonino ha cominciato a suonare. «Sarei ipocrita se dicessi che non mi fa piacere. Credo che nel gradimento intorno al mio nome ci sia anche un po’ del lavoro che ho fatto come sindaco e presidente dell’Anci. Oltre alla soddisfazione, c’è la conferma di un mio piccolo patrimonio personale di credibilità». Tra i tanti sms ricevuti c’era anche quello di Matteo Renzi, che gli faceva i complimenti, non si sa quanto scherzosi. «Per me è fin troppo» è stata la risposta.
Chiamparino ci scherza sopra dicendo di essere una versione molto riveduta e corretta di Sophia Loren. Ai tempi di Segni e Saragat, il nome dell’attrice era una presenza fissa dei primi scrutini. «Poi spariva, come è giusto che accada anche a me. Non sono così privo di senso del limite da pensare che si possa andare oltre questa votazione».
Il tono diventa decisamente più serio, eufemismo, quando si parla delle sorti del Pd, che nonostante tutto è ancora il suo partito. «Ci sono segnali piuttosto evidenti di implosione, e qui mi fermo. Chiunque abbia a cuore le sorti del Pd ha il dovere di essere non preoccupato, ma spaventato. La giornata di ieri ha reso evidente che il metodo della convergenza con Berlusconi non può proseguire, pena l’azzeramento del partito. Perseverare sarebbe diabolico, e autolesionista. Bisogna avere il coraggio di ammettere l’errore e immaginare candidature diverse. Sono convinto che il presidente della Repubblica debba essere in primo luogo una figura di profilo internazionale, conosciuta e rispettata all’estero. Come Romano Prodi, in primis, e Giuliano Amato, due persone che rispondono entrambi a questo requisito fondamentale».
A Torino lo sanno anche i sassi che i giorni da banchiere di Chiamparino sono contati, comunque vada questa improvvisa candidatura al Quirinale. Lui non può certo sbandierare la voglia di politica, ma un suo impegno diretto accanto a Matteo Renzi, del quale è sostenitore da tempi non sospetti, rappresenta ormai molto più di una ipotesi di scuola. E quei novanta voti delimitano un’area di consenso più vasta di quella che in Parlamento sostiene il sindaco di Firenze. «La mia soddisfazione per questo riconoscimento non conta nulla, è un dettaglio davanti alla gravità di quel che sta succedendo. Di questo passo del Pd e della politica italiana non resterà molto. A guardarsi intorno, a leggere le cronache di questi giorni, viene in mente La strada, il romanzo post apocalittico di Cormac McCarthy. Un paesaggio di macerie e rovine. La preoccupazione è niente. Come si fa a non essere sgomenti davanti a quello che sta succedendo?»
La candidatura al Quirinale potrebbe anche avere esiti diversi da quella di Sophia Loren. Ma al momento l’ex sindaco di Torino sembra più interessato al futuro prossimo. «Non credo di essere io la soluzione a questo stallo. Comunque vada, lo sfilacciamento dell’attuale situazione politica è sotto gli occhi di tutti coloro che lo vogliono vedere. Mi sembra ben difficile che non porti a nuove elezioni. Prenderne atto quanto prima mi sembra doveroso. L’ipotesi di votare tra un anno? Ho come l’impressione che al momento l’Italia sia a corto di miracoli».
Marco Imarisio