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 2013  aprile 19 Venerdì calendario

ECCO PERCHÉ L’AMERICA NON HA DEPOSTO LE ARMI E HA BOCCIATO LA RIFORMA

Per Barack Obama era qualcosa di più di una semplice legge o di un programma politico. Era uno dei suoi cavalli di battaglia, una priorità mo­rale, un impegno assunto di fronte all’America dopo la strage di Newtown costata la vita, lo scor­so dicembre, a 20 bambini della scuola elementa­re Sandy Hook. Ora quella priorità si è tramutata in una delle sue più cocenti sconfitte. «Oggi è una giornata vergognosa per Washington, ma non fi­nisce qui. La mia amministrazione farà di tutto contro la violenza». Con questo commento tra l’amaro e il livoroso Obama ha denunciato l’inca­pacità dei senatori repubblicani e democratici di siglare un’intesa bipartisan per una legge di rifor­ma per il controllo delle armi. Per concretizzare l’accordo su una legge capace d’introdurre con­trolli più stringenti sulla vendita d’armi, mettere al bando i fucili d’assalto e vietarel’uso di carica­tori ad alta capacità erano necessari almeno 60 voti. Mercoledì, al momento della conta, i promo­tori del nuovo testo non sono andati oltre i 54.
La bocciatura della riforma fortemente voluta da Obama non è figlia solo della tradizionale al­lergia repubblicana per qualsiasi limitazione ad un diritto garantito dal secondo emendamento della Costituzione. A far fronte compatto contro la riforma hanno contribuito molti senatori de­mocratici - come Max Baucus del Montana e Mark Pryor dell’Arkansas - decisi a non giocarsi la rielezione in stati dove la fiducia in pistole e fu­cili rappresenta l’unica ed autentica fede biparti­san. La retromarcia del Senato ha però un signifi­cato che supera il confine della politica. Amplifi­ca la distonia tra Washington ed il resto del pae­se, dimostra come il cuore del presidente non batta all’unisono con quello di una buona parte dell’America. A render ancor più evidente que­sta distonia contribuisce la coincidenza tempo­rale con l’apparente svolta nelle indagini sulla carneficina di Boston. Rinunciare alla riforma mentre si ipotizza l’emergere di un terrorismo in­ter­no figlio di un estremismo di destra deciso a di­fendere con tutti i mezzi il diritto a possedere un’arma può sembrare paradossale.Ma lo è solo per una mente europea.
In America la cosiddetta «cultura delle armi» non è una prerogativa delle frange più fanatiche della destra.Il diritto a possedere un’arma per au­todifesa è considerato un elemento fondamenta­le di libertà. La battaglia di Lexington del 19 apri­le 1775, il primo atto della Rivoluzione america­na celebrato ogni anno proprio con la maratona di Boston, fu la conseguenza del tentativo ingle­se di sequestrare i cannoni e le riserve di polvere da sparo dei coloni. Le armi simbolo della rivolta delle«milizie»patriottiche diventano poi l’icona di una conquista del West dove Colt 45 e Winche­ster rappresentano l’unica difesa contro banditi ed indiani. Ma la cosiddetta «cultura delle armi» non è solo storia. Secondo i dati aggiornati al 2011 del «Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives» il 46 per cento degli adulti ma­schi e il 23 per cento delle donne possiede un’ar­ma, mentre il 47 per cento della popolazione complessiva vive con almeno una pistola o un fu­cile nell’armadio. Per una buona metà dell’Ame­rica dunque il vero paradosso è rinunciare ad un diritto costituzionale solo perché un folle ha tra­sgredito la legge. E di questa convinzione- sotto­valutata da Obama, ma incarnata nell’animo dei cittadini e nella storia del paese- ha dovuto tener conto ieri il Senato.