Rassegna, 19 aprile 2013
La giornata del favorito, Franco Marini
• Franco Marini esce di casa, ai Parioli, alle otto di mattina. Manda via l’auto blu e prende la sua Yaris grigia guidata da un amico. Alle nove è a Palazzo Giustiniani, dove ha l’ufficio in quanto ex presidente del Senato. In mattinata lo va a trovare Bruno Vespa. [D’Argenio, Rep]
• I grillini arrivano a Montecitorio emozionati e nervosi. Scattano foto ricordo con l’iPad nel cortile. [Cuzzocrea, Rep]
• Pier Luigi Bersani si fa fotografare in aula abbracciato ad Angelino Alfano (fuori campo di un piddino anonimo: «Stanno a fa’ Thelma e Louise...»). [Stella, Cds]
• «In che mani siamo!» (Emilio Colombo, 93 anni, senatore a vita, dopo aver deposto la scheda nell’urna). [Longo, Rep]
• Berlusconi arriva tardi in aula, appena in tempo per la seconda chiamata. Alla seconda votazione non ci sarà, vola a Udine per sostenere il governatore uscente Renzo Tondo. [Longo, Rep]
• Il deputato leghista Gianluigi Buonanno, che esce nel catafalco con una t-shirt indossata sopra l’abito scuro con scritto: “La gente è stufa… io anche. Sveglia!”. [Longo, Rep]
• Appena appreso il risultato della prima votazione, Bersani lascia Montecitorio per riunirsi in un ristorante dietro Campo de’ Fiori con il gruppo dei fedelissimi (Migliavacca, Errani e Letta) da tempo e sprezzantemente definito il «tortello magico». Il leader Pd decide che la linea è votare scheda bianca per non esporre Marini al secondo insuccesso. Ma finisce anche peggio della prima votazione. Il segretario Pd fa uscire una nota: «Spetta al Pd la responsabilità di una proposta a tutto il Parlamento, decisa con metodo democratico nell’assemblea dei nostri grandi elettori». [Geremicca, Sta]
• Conversazione captata dall’Ansa che registra uno scambio di battute tra renziani: «Il cavallo ferito va abbattuto per risparmiare tempo e non farlo soffrire. Chi è il cavallo ferito? Bersani. Anche lasciarlo fare per poi criticarlo non fa bene a noi e a lui». [Piccolillo, Cds]
• Dopo la prima votazione fuori della Camera si è radunata una piccola folla, trecento persone al massimo. C’è chi brucia le tessere di partito, chi urla insulti all’indirizzo dei dirigenti del Pd. Nel frattempo le agenzie trasmettono le notizie che vengono dall’Emilia: il segretario regionale Stefano Bonacini e tutti gli altri vertici del Pd locale chiedono che non si voti Marini. Alcuni fanno esplicitamente il nome di Romano Prodi. I giovani democratici cominciano a occupare le sedi del Pd in Toscana. «Il comunicato di Bonacini è il nostro ordine del giorno Grandi», sorride un deputato dei «giovani turchi», che non ha gradito affatto il modo in cui Bersani ha gestito tutta la trattativa per il Quirinale. [Meli, Cds]
• Nel pomeriggio Sandro Bondi incontra nei corridoi di Montecitorio Guido Crosetto (ex Pdl, ora segretario di Fratelli d’Italia), responsabile di aver dileggiato lui e la fidanzata-senatrice, Manuela Repetti: «Vergognati, pezzo di m...». E Crosetto niente: «Preferisco non dire nulla». [Feltri, Sta]
• A tarda sera, Matteo Renzi sbarca a Roma e chiama a raccolta i suoi a cena per prepararsi all’assemblea del Pd di venerdì mattina. Dice: «Mi sembra ormai evidente che ci sia una spaccatura nel Pd, speriamo che da domani non ci sia più. L’obiettivo non era abbattere Marini ma eleggere un presidente della Repubblica che rappresenti gli italiani». E prepara le sue contromosse: «Proviamo a trovare un ampio consenso su Chiamparino che potrebbe essere visto bene anche dai berluscones. Altrimenti la soluzione di Prodi che potrebbe trovare il consenso di Sel e Casaleggio. La candidatura di D’Alema non esiste». [Piccolillo, Cds]
• Si viene a sapere che l’intervista di Renzi alle Invasioni barbariche di mercoledì 17 ha fatto il record assoluto di ascolti nella storia delle trasmissione: oltre 1 milione e 400 mila spettatori. [Poli e Vanni, Rep]
• Sembra che le “Quirinarie” siano venute in mente a D’Alema. Le avrebbe suggerite lui a Bersani, facendogli questo ragionamento: così ogni parlamentare potrà esprimersi, però poi quel voto vincola tutti a comportarsi di conseguenza anche in Aula. [Meli, Cds]
• Mercoledì Massimo D’Alema ha incontrato in gran segreto Silvio Berlusconi e il consenso del Pdl, anche se sofferto, è convinto di poterlo strappare. «A noi mandarlo al Colle ci fa perdere il 5% di voti – ragiona il berlusconiano Raffaele Fitto, che con D’Alema coltiva un antico rapporto di amicizia – e potremmo accettare soltanto se avessimo certezza che tutto il Pd lo sostiene in un’ottica di larghe intese». Ma D’Alema deve soprattutto vedersela, come sette anni fa, con il fronte interno. L’ostilità nei suoi confronti non è più limitata a quei settori del centrosinistra che rifiutano un accordo con il Cavaliere. Anche la schiera degli ex popolari, scottati dalla sconfitta di Marini, medita vendetta. [Bei, Rep]
• Scrive Bei su Rep che venerdì notte Bersani ha chiamato al telefono direttamente Silvio Berlusconi. «A questo punto noi vorremmo riproporti Cassese». La risposta del Cavaliere è stata netta: «Impossibile». A quel punto il segretario Pd ha rilanciato il nome di Sergio Mattarella. La replica: «Per noi non cambia». «Allora – ha chiuso Bersani – non abbiamo altri nomi da proporre». La trattativa si è così chiusa e il nome di Prodi è diventato l’unica opzione.