io Donna, sabato 1° gennaio 2011, 19 aprile 2013
Tags : Katherine Graham
Appunti su Katherine Graham
io Donna, sabato 1° gennaio 2011
Single «Essere single pone problemi soprattutto per i weekend in campagna e per le vacanze estive» (Katharine Graham).
Phil Phil, sicuro, affascinante, spiritoso, brillante, sagace. Sposa Katherine, figlia del proprietario ed editore del Washington Post Eugene Meyer, il 5 giugno del 1940. Quattro figli e molte amanti. Editore e poi proprietario del giornale ereditato dal suocero, lo porta al successo e negli anni ’50 investe in radio e televisioni.
Porcellina Phil, che la chiama «porcellina» e le regala l’insegna di una macelleria francese a forma di testa di porco.
Azioni Le azioni del Washington Post, che Phil e Katherine comprano dai genitori di lei: 3325 intestate a Phil e 1325 a Katherine, perché «nessun uomo dovrebbe essere nella posizione di lavorare per la propria moglie».
Depressione Phil, che soffre di depressione: ha dubbi terribili sulle sue capacità, voglia di allontanarsi dalle persone, incertezza. Certe mattine non riesce neanche a decidere quale paio di scarpe mettersi. Ricoverato diverse volte in ospedali psichiatrici, il 3 agosto 1963 convince i dottori a lasciarlo uscire per un giorno e si spara un colpo in testa nel bagno della sua fattoria di Glen Welby.
Johnson Quella volta che, invitata a cena alla Casa Bianca, l’allora presidente Lyndon Johnson la convoca in camera da letto e le fa una scenata mentre si spoglia per mettersi il pigiama. Rimasto in mutande, le urla: «Voltati» e poi continua ad insultarla per un articolo uscito sul Post.
Nixon «Non ci sarà più un Nixon da prendere a calci» (lo slogan del futuro presidente durante la campagna elettorale del 1968).
Caterina «Caterina la Grande», uno dei soprannomi di Katherine, ritrovatasi improvvisamente al timone del Post dopo la morte del marito.
Fortuna «Il ruolo della fortuna fu essenziale nel caso Watergate, e fu dalla nostra parte. La fortuna va riconosciuta e sfruttata, ma senza di essa il risultato finale per noi avrebbe potuto essere assai diverso. Sin dall’inizio, dalla scoperta del nastro adesivo sulla porta del Watergate da parte di un guardiano, al fatto che la polizia mandò una scassata autocivetta che stava pattugliando la zona anzichè una volante a sirene spiegate che avrebbe messo in fuga i ladri, alle fonti disposte, persino felici, di collaborare e di parlare, fummo decisamente fortunati e per una serie di motivi: perché l’effrazione avvenne a Washington e fu dunque un fatto locale; perché le persone coinvolte nelle indagini aggravarono la loro situazione con nuovi errori e con decisioni sbagliate; perché disponevamo delle risorse per seguire la vicenda; perché sia Woodward sia Bernstein erano giovani e scapoli e potevano permettersi di lavorare sedici, diciotto ore al giorno sette giorni su sette per mesi e mesi, con meno ripercussioni che se fossero stati padri di famiglia; perché infine Nixon fu abbastanza eccentrico da far installare quel sistema di registrazione alla Casa Bianca, senza il quale avrebbe potuto probabilmente completare il mandato. E per fortuna nessuno di noi crollò sotto l'incredibile pressione di quel periodo» (Katherine Graham, La mia storia, ed. Rizzoli).
Single «Essere single pone problemi soprattutto per i weekend in campagna e per le vacanze estive» (Katharine Graham).
Phil Phil, sicuro, affascinante, spiritoso, brillante, sagace. Sposa Katherine, figlia del proprietario ed editore del Washington Post Eugene Meyer, il 5 giugno del 1940. Quattro figli e molte amanti. Editore e poi proprietario del giornale ereditato dal suocero, lo porta al successo e negli anni ’50 investe in radio e televisioni.
Porcellina Phil, che la chiama «porcellina» e le regala l’insegna di una macelleria francese a forma di testa di porco.
Azioni Le azioni del Washington Post, che Phil e Katherine comprano dai genitori di lei: 3325 intestate a Phil e 1325 a Katherine, perché «nessun uomo dovrebbe essere nella posizione di lavorare per la propria moglie».
Depressione Phil, che soffre di depressione: ha dubbi terribili sulle sue capacità, voglia di allontanarsi dalle persone, incertezza. Certe mattine non riesce neanche a decidere quale paio di scarpe mettersi. Ricoverato diverse volte in ospedali psichiatrici, il 3 agosto 1963 convince i dottori a lasciarlo uscire per un giorno e si spara un colpo in testa nel bagno della sua fattoria di Glen Welby.
Johnson Quella volta che, invitata a cena alla Casa Bianca, l’allora presidente Lyndon Johnson la convoca in camera da letto e le fa una scenata mentre si spoglia per mettersi il pigiama. Rimasto in mutande, le urla: «Voltati» e poi continua ad insultarla per un articolo uscito sul Post.
Nixon «Non ci sarà più un Nixon da prendere a calci» (lo slogan del futuro presidente durante la campagna elettorale del 1968).
Caterina «Caterina la Grande», uno dei soprannomi di Katherine, ritrovatasi improvvisamente al timone del Post dopo la morte del marito.
Fortuna «Il ruolo della fortuna fu essenziale nel caso Watergate, e fu dalla nostra parte. La fortuna va riconosciuta e sfruttata, ma senza di essa il risultato finale per noi avrebbe potuto essere assai diverso. Sin dall’inizio, dalla scoperta del nastro adesivo sulla porta del Watergate da parte di un guardiano, al fatto che la polizia mandò una scassata autocivetta che stava pattugliando la zona anzichè una volante a sirene spiegate che avrebbe messo in fuga i ladri, alle fonti disposte, persino felici, di collaborare e di parlare, fummo decisamente fortunati e per una serie di motivi: perché l’effrazione avvenne a Washington e fu dunque un fatto locale; perché le persone coinvolte nelle indagini aggravarono la loro situazione con nuovi errori e con decisioni sbagliate; perché disponevamo delle risorse per seguire la vicenda; perché sia Woodward sia Bernstein erano giovani e scapoli e potevano permettersi di lavorare sedici, diciotto ore al giorno sette giorni su sette per mesi e mesi, con meno ripercussioni che se fossero stati padri di famiglia; perché infine Nixon fu abbastanza eccentrico da far installare quel sistema di registrazione alla Casa Bianca, senza il quale avrebbe potuto probabilmente completare il mandato. E per fortuna nessuno di noi crollò sotto l'incredibile pressione di quel periodo» (Katherine Graham, La mia storia, ed. Rizzoli).
Lucrezia Dell’Arti