Uri Dadush, L’Espresso 19/4/2013, 19 aprile 2013
GRANDE LEZIONE DALLA PICCOLA CIPRO
Il crollo del sistema bancario cipriota sarà ricordato a lungo, sia per l’inetto tentativo di mettere le mani sui depositi bancari non garantiti, sia per le marce indietro e le accuse che ne sono seguite. Cipro dimostra che non esiste un chiaro limite al livello di sofferenza che un paese è pronto ad accettare per evitare il caos e la confusione che scaturirebbero da una uscita dall’euro. Le condizioni molto dure e senza precedenti imposte a Cipro dalla Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) hanno segnato la fine del settore più importante del Paese, quello bancario off-shore. Anche i limiti ai movimenti del capitale sono stati una scelta imposta. Tuttavia le autorità di Cipro non hanno mai considerato seriamente la possibilità di un’uscita dall’eurozona, che avrebbe permesso loro di adottare una valuta svalutabile e di non onorare il debito. Queste due misure avrebbero consentito alla piccola economia dell’isola di riprendersi più in fretta dall’enorme shock.
IL PRESIDENTE ANASTASIADES, anche se risentito e amareggiato per le misure imposte, ha esplicitamente respinto l’opzione di un’uscita dall’euro ritenendola un «giocare con il futuro del Paese». A loro volta, la Germania e il resto dell’eurozona hanno dimostrato di essere pronti a fare imboccare ai Paesi strade molto difficili pur di mantenere l’integrità dell’unione monetaria. L’economia di Cipro non supera l’1 per cento del Pil dell’insieme dell’eurozona, ma il pacchetto di salvataggio destinato a questo Paese, anche se insufficiente per preservare l’indennità del suo sistema bancario, assomma a un 60 per cento del Pil cipriota. Aggiungendoci la liquidità fornita alle banche locali dalla Bce di una entità forse pari, gli aiuti totali forniti a Cipro superano facilmente il suo Pil. Inoltre, consentendo una massiccia raccolta di fondi direttamente dai depositi non garantiti, i paesi dell’eurozona hanno dato prova di essere pronti a rischiare una contrapposizione con la Russia, dove ha sede il principale gruppo che detiene questi depositi.
Il prelievo sui depositi non garantiti non sarebbe stato possibile senza un sostegno attivo da parte della Bce. Il suo ultimatum (se non fosse stato accettato il programma della Troika avrebbe bloccato la liquidità diretta alle banche cipriote) manda un messaggio chiaro a tutti i Paesi che potrebbero cadere nella tentazione di fare affidamento su questo tipo di sostegno, riducendo così il rischio di azzardo morale che la realizzazione delle riforme potrebbe alzare.
LA BCE HA anche permesso al programma della Troika di spezzare il tabù che impediva di sacrificare i detentori di obbligazioni privilegiate prima dei contribuenti. E se da una parte ciò comporta il rischio di un ulteriore acuirsi della crisi del credito, dall’altra scoraggia un’eccessiva assunzione di rischio. In aggiunta, la maggiore flessibilità riguardo al coinvolgimento dei creditori e dei detentori di depositi nel caso di un salvataggio delle banche, riduce il costo di possibili futuri salvataggi e abbassa la probabilità di contestazioni nei Paesi del cuore dell’Europa. L’effetto finale sarà probabilmente di rassicurare chi detiene debito sovrano della periferia.
La Troika ha dimostrato di aver sviluppato una maggiore fiducia nella propria capacità di gestire il rischio sistemico. E da ultimo, ma non meno importante, è significativa la reazione incredibilmente pacata dei mercati al pasticcio cipriota, nonostante la coincidenza con una profonda crisi politica in Italia. L’euro si è indebolito, il che è probabilmente positivo, mentre le Borse hanno ceduto poco terreno e gli spread delle obbligazioni degli Stati della periferia sono saliti di poco. Questa capacità di riprendersi dall’impatto di uno shock contrasta notevolmente con precedenti episodi analoghi, in particolare con i giorni peggiori della crisi in Grecia, Italia e Spagna.
I MERCATI si sono lasciati rassicurare da una serie di indicatori dai quali hanno concluso che la combinazione dell’aggiustamento fiscale e di quello della competitività nella periferia sta gradualmente facendo passi avanti. Il costo del lavoro per unità di prodotto è sceso drasticamente in Irlanda e Portogallo e significativamente anche in Spagna e Grecia, anche se non in Italia. L’export dai paesi della periferia si rafforza e la ripresa del settore dell’edilizia negli Stati Uniti e la crescita robusta dei mercati emergenti corroborano la speranza che le condizioni per una ripresa della crescita si stiano lentamente ricomponendo. La recessione nella periferia deve ancora percorrere una lunga strada prima di essere superata, ma solo più avanti si saprà se è stata superata la fase più acuta della crisi. Un dato è certo: gli eventi di Cipro contribuiscono a rafforzare la credibilità delle terapie prescritte a quasi tutte le banche dell’eurozona, tra cui una regolamentazione più severa e requisiti di capitale più alti. L’eurozona deve procedere più spedita verso l’unione bancaria, andando oltre un’autorità unica per la supervisione del settore finanziario ospitata presso Bce e creando un vero schema condiviso per l’assicurazione dei depositi e un meccanismo comune per l’eventuale liquidazione delle banche. Se questi passi fossero stati compiuti prima, il disastro cipriota sarebbe stato evitato in buona parte.