Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
«Le schede bianche producono fumate nere» diceva un nostro amico uscendo ieri da Montecitorio. E infatti, ieri, primo giorno della XVII legislatura, il voto per l’elezione del presidente della Camera e quello per l’elezione del presidente del Senato, è andato sempre a vuoto (tre volte alla Camera, due al Senato). A parte i grillini, e qualche spiritoso che ha voluto fare di testa sua, hanno votato tutti scheda bianca, obbedendo alle rispettive indicazioni di partito.
• Che senso ha votare scheda bianca ai primi giri?
Copertura totale di tutti nei confronti di tutti. Bersani vorrebbe che la presidenza della Camera – dove il Pd gode di una maggioranza schiacciante e potrebbe eleggere senza problemi un uomo suo – andasse al Movimento 5 Stelle, possibilmente nel quadro di un accordo per dar vita al suo governo, ma anche a conclusione di una mossa unilaterale, che – spera – metterebbe i cinquestelle in un qualche imbarazzo. Vendola insiste per la mossa unilaterale, ma dentro il Pd quelli che cominciano ad averne le tasche piene, di questo corteggiamento disperato ai grillini, sono sempre di più. A cominciare da Renzi, che l’altro giorno ha riunito i suoi, confermato che non vuole creare ostacoli al segretario, «però non ci si chieda di condividere una linea destinata all’insuccesso». Le schede bianche di Monti e del Pdl sono semplicemente “surplace” in attesa di vedere quello che faranno i democratici. Gira voce che Monti vorrebbe la presidenza del Senato, magari mettendosi d’accordo con Berlusconi. Come è noto, qui Bersani ha solo la maggioranza relativa e senza un accordo di qualche tipo rischia uno smacco. “Scelta civica”, il partito di Monti, vuole far parte di un eventuale governo Bersani? E in caso di elezioni correrebbe da solo (come vogliono alcuni) o in coalizione col Pd di Renzi? Ma non è detto che Renzi ci stia. E non è detto che la battaglia dei renziani per prendersi il Pd sia così in discesa come sembrerebbe a qualcuno.
• Poi c’è l’intreccio del Quirinale…
Già, l’unica posizione sicuramente duratura da conquistare, se Napolitano non accetterà di farsi rieleggere (Berlusconi ci spera ancora). Il candidato più in corsa è Prodi. Ma il Pd è diviso, molto diviso. E da un paio di giorni circola anche la soluzione Bersani: spedito al Quirinale il segretario, Renzi avrebbe via libera e la sinistra sindacale metterebbe in carniere la preda più grossa.
• Come funziona questa storia delle presidenze di Camera e Senato? Possono andare avanti a votare all’infinito?
Alla Camera in teoria non c’è problema, dato che a questo punto basta la maggioranza assoluta dei votanti. Al Senato, già oggi, si procederà (quarto scrutinio) al ballottaggio tra i due nomi più votati al terzo scrutinio, facendo vincere il più anziano in caso di parità. È già successo nel 1994: Spadolini e Scognamiglio presero lo stesso numero di voti al terzo scrutinio (159 a 159), poi Scognamiglio vinse al quarto per un punto: 162 a 161. Per un errore, il presidente dell’epoca, De Martino, aveva inizialmente dato lo stesso numero di voti ai due contendenti e fatto vincere Spadolini perché più in là con gli anni.
• Ieri è stato il primo giorno. Come si sono comportati gli scolaretti grillini?
Intanto hanno votato, per la presidenza di Camera e Senato, i nomi che avevano scelto il giorno prima, tra sette concorrenti (metodo: far parlare tutti quelli che ambivano alle cariche, bombardarli di domande, poi decidere). Il nome per la Camera è quello di Roberto Fico, 38 anni, napoletano, che di conseguenza ieri ha preso 110 voti (uno di troppo). Il nome per il Senato è quello di Luis Alberto Orellana, 51 anni, funzionario pavese di origine venezuelana (52 voti). I grillini sono così decisi a non cedere al corteggiamento democratico che se il Pd volesse alla Camera far convergere unilateralmente i suoi voti sul loro candidato, voterebbero scheda bianca per rendere palese il non-inciucio.
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