Natalia Aspesi, la Repubblica 16/3/2013, 16 marzo 2013
RITORNA “HISTOIRE D’O” LA MADRE DELLE SFUMATURE
RITORNA Histoire d’O, e le signore in età guardano se per caso non l’abbiano già, dimenticato da anni, nella parte più irraggiungibile della libreria di casa. E capita che le più letterate, con sommo stupore, ritrovino, del tutto rimossa dai ricordi, addirittura la prima edizione francese, un libretto giallastro, dalla copertina priva di illustrazioni, severo come un saggio filosofico.
E con le pagine di carta grossolana che, come tomi più antichi, bisognava separare tagliandole. 1954: in un’epoca catacombale di doverosa e quasi sempre ipocrita innocenza femminile, in che modo se lo erano procurate quelle italiane di buona famiglia, allora giovinette, cosa le aveva spinte a voler leggere, in francese poi!, e in peccaminoso segreto, quel libro demoniaco, innominabile in qualsiasi casa onorata; quali scombussolamenti, e terrori, e piaceri, avevano acceso, nell’ignoranza erotica della loro fantasia per non parlare della pratica, quelle pagine di ininterrotto oltraggio al corpo femminile, penetrazioni su penetrazioni in ogni possibile orifizio, frustate, catene, marchiature a fuoco, e lei, O, in mezzo ai suoi instancabili torturatori mascherati, proprio contenta no, però devotamente consenziente, neanche un pensiero di ribellarsi con un calcio in quella maschile carne preziosa e crudele, imposta e subìta come un oggetto sacro. E a parte O nuda, tutti in costume più o meno Settecento, valletti sadici compresi!
Autore di tanto accumulo di sevizie senza in cambio neppure un gioiellino, accettate con gioia e lacrime per puro inconsulto atto d’amore, non il solito imitatore di De Sade, ma una donna, francese ovvio, tale Pauline Réage; che aveva osato scrivere sadomasochismi estremi non per i soliti maschi pasticcioni ma per le signore più raffinate, inquiete e forse persino spiritose; una donna del tutto ignota persino a chi aveva osato pubblicarla, secondo la dichiarazione resa alla polizia del buon costume da Jean-Jacques Pauvert, editore specialista in ardimenti erotico-letterari, il solo che pubblicandola, aveva osato affrontare soprattutto l’indifferenza della critica, impegnata ad esaltare o denigrare il portentoso successo della giovane Françoise Sagan e del suo peccaminoso Buongiorno tristezza.
Abbattuta dal silenzio, la prima edizione di O fu un flop editoriale: ci vollero mesi per esaurire nel silenzio le sue duemila copie, malgrado la prefazione del massimo letterato alla moda, Jean Paulhan, direttore della Nouvelle Revue Française. Un anno dopo, il romanzo vince l’importante premio dei Deux-Magot, e scoppia lo scandalo, gli intellettuali si dividono, lo esaltano (Bataille), lo denigrano (Mauriac), ne viene proibita la pubblicità e soprattutto ci si chiede chi sarà mai lo sporcaccione letterato che si cela dietro lo pseudonimo di Pauline Réage? Non certo una donna, essendo ovvio che la pornografia, per di più così raffinata, è un’arte esclusivamente maschile. L’autore quindi poteva essere lo stesso Paulhan, oppure Monterland, o forse addirittura Robbe- Grillet. La scostumata Réage era ancora solo un ombra senza volto né genere, quando nel 1971, ben 17 anni dopo l’edizione francese, O fu finalmente pubblicato in italiano dalla vivace redazione Bompiani (oggi torna con la traduzione di A. D’Anna), nella sua prestigiosa collana letteraria. Ma intanto anche le italiane si erano scocciate e almeno a parole e in piazza, il loro corpo se lo erano ripreso: alzavano le braccia tutte insieme, univano pollice e indice delle due mani, formando una specie di O, non certo in nome dell’acciaccata protagonista dell’Histoire, ma in onore del proprio sesso, non più ignorato come una mancanza ma finalmente esaltato in tutti i suoi misteri.
Nella traduzione italiana si mantenne la dotta e pomposa prefazione di Paulhan, e per attutire cattivi pensieri ed eccitazioni non letterarie, si aggiunse un testo di Alberto Moravia che si sforzò di raffreddarne la lettura paragonando il mondo di O a quello inerte della fotografia di moda. Alle signore fece un effetto tutto diverso e infatti diventò subito un bestseller, insinuando nel loro immaginario fantasie segrete del massimo azzardo, soprattutto in tempi di femminismo. Questa infuocata conseguenza fu ignorata dalla critica, e ci fu chi ne esaltò il valore letterario (Carlo Bo) e chi (Alberto Arbasino) lo definì «un abile pastiche» derivato direttamente da Sade e Restif de la Bretonne «con un pizzico di Bataille». Certo, proprio a causa del fastidio rivoltoso delle donne, il romanzo che restituiva ai maschi un potere fallico assoluto e ormai molto immaginario, incuriosì molto anche gli uomini; e infatti, ricorda Mario Andreose, direttore editoriale Bompiani, la prima edizione di 15mila copie sparì in un attimo, e in pochi anni le vendite superarono le 100mila. Nel 1975 arrivò sugli schermi una “Histoire d’O” diretto da un giovanotto alla moda, Just Jaeckin, con la bella Corinne Cléry, dalla nudità asessuata e intonsa anche dopo ogni intollerabile sopruso.
Grandi polemiche, incassi strepitosi. Franco Maria Ricci pubblicò una O di lusso barocco disegnata da Crepax, un’edizione pirata invase le edicole. Histoire d’O era ormai diffuso come gli album di Tex e Diabolik. Ma la signora Réage rimaneva sempre un enigma, non chiarito neppure da Régine Deforges, editrice-scrittrice molto libertina per conto suo, più volte condannata per oltraggio al pudore, che nel 1975 pubblicò O m’a dit, un libro intervista alla supposta autrice, così descritta: «Ha l’aria di una religiosa. Tailleur blu, tacchi bassi, niente trucco… intimidisce…». L’identità della signora era ancora un mistero nel 1990, quando L’Espresso vendette 350mila copie con allegato una copia di O dei Bompiani tascabili, in copertina tre ragazze vestite, e una toppa nera a nascondere un seno probabilmente nudo (tre anni dopo fu Panorama ad allegare il prezioso reperto ormai storico), confermando tuttavia «la provenienza letteraria dell’autore, considerata l’alta qualità dello stile e la sapienza con cui è articolata la storia».
Finalmente, nel 1994, in un’intervista al New Yorker, Pauline Réage cedette: lei era conosciuta come Dominique Aury, che era comunque uno pseudonimo, quello di Anne Desclos, coltissima traduttrice, eroina della Resistenza, autrice di un’ammirevole Antologia della poesia religiosa francese. Nel comitato di lettura di Gallimard era diventata l’amante di Paulhan, e per amor suo, a 47anni (lui era un settantenne ancora fascinoso) e con un visino smorto e pudibondo come mostra una sua foto, aveva scritto O per il di lui dispotico piacere. Bisessuale piuttosto sfrenata, fu anche l’amante della storica Edith Thomas, che potrebbe averle ispirato uno dei personaggi del romanzo, Anne-Marie. La porno-letterata aveva difeso la sua privacy per quarant’anni, al momento dell’intervista era ormai una severa vecchina di 87 anni. Morì novantenne, decorata con la Legion d’Honneur, massimo riconoscimento francese.
Apparentemente passato di moda, Histoire d’O ha continuato a vendere silenziosamente anche in Italia, più o meno diecimila copie l’anno, anche online, come e-book o scaricato in pdf. Si sa che l’immensa fortuna della trilogia della signora E. L. James dedicata a Cinquanta sfumature di grigio (rosso, nero) è nata sul web, molto frequentato dalle donne avide della nuova categoria del pornorosa, che preferiscono l’intimità del computer al libro esibito in casa. Poi si sa che, diventato cartaceo in tutto il mondo (con Mondadori in Italia) ha superato i 31 milioni di copie ed è ancora nelle nostre classifiche. Adesso Bompiani ripubblica O tale e quale la prima edizione del 1971, nella collana Vintage, come un classico di alta letteratura, tipo Proust.