Daniele Martini, il Fatto Quotidiano 16/3/2013, 16 marzo 2013
PARIGI TIENE A TERRA ALITALIA
Non era riparato con il nastro adesivo, ma poco ci manca. Gli ispettori di francesi non volevano credere ai loro occhi: il pannello del rifornimento idraulico di un A 321 Alitalia, congegno da cui dipendono i comandi di volo e che potrebbe essere paragonato a grandi linee al servosterzo di un’automobile, era fermato alla volé con un nastro metallico, conosciuto nell’ambiente come «nastro ad alta velocità», di solito usato per le riparazioni provvisorie. E’ successo il 7 marzo all’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi e il velivolo italiano è stato immediatamente bloccato sulla pista perché ritenuto non in grado di riprendere il volo, con una decisione che negli scali europei non si prende spesso e comunque mai a cuor leggero. Solo due giorni dopo, a riparazioni avvenute, gli è stato consentito di rientrare a Fiumicino con un nuovo equipaggio. I funzionari francesi non si aspettavano davvero di imbattersi in tanti difetti così gravi e tutti insieme, perché oltre a quello del pannello idraulico ne hanno poi individuati altri, davvero preoccupanti: numerose ammaccature nelle pale dei motori di spinta, un inconveniente dovuto all’uso, che diventa pericoloso se trascurato e che viene di volta in volta eliminato con la manutenzione attraverso limature che ridanno alle stesse pale un profilo integro. E poi hanno trovato la cappotta motore seriamente danneggiata e scoperto riparazioni di fortuna al pannello di chiusura della valvola di blow out dell’antighiaccio motori. Sentita dal Fatto Quotidiano, Alitalia non nega l’accaduto, ma in una nota definisce con disinvoltura “rilievi minori” la sfilza di inconvenienti segnalati dagli ispettori francesi.
L’A 321 AIRBUS bloccato a Parigi è uno di quelli agghindati in versione vintage, con una livrea che ricorda quella classica degli anni Sessanta, impiegato per il medio raggio, cioè per i voli internazionali da Roma e Milano diretti verso gli scali europei più importanti. È un velivolo non nuovissimo, ma nemmeno decrepito e del resto Alitalia si vanta di avere una flotta giovane, con un’età media inferiore ai 7 anni di vita. I clamorosi inconvenienti riscontrati sull’esemplare fermato al Charles De Gaulle evidentemente non sono frutto della vetustà, ma della manutenzione non adeguata. Il controllo parigino è stato effettuato nell’ambito delle normali ispezioni previste dal programma Sa-fa. In base agli accordi internazionali ogni paese ha diritto di effettuare con i propri ispettori controlli sugli aeromobili stranieri per verificare la loro idoneità rispetto agli standard di sicurezza imposti dall’Icao, l’organizzazione mondiale dell’aviazione . Così come recitano i regolamenti, “nei casi di rilievi maggiori, l’Autorità aeronautica locale può chiedere prima della partenza dell’aeromobile la rettifica degli inconvenienti riscontrati”. E’ proprio quel che è successo all’A 321 Alitalia da parte dei funzionari francesi sorpresi per ciò che stavano verificando. In fin dei conti non stavano controllando uno scassone di una di quelle compagnie del terzo mondo che fanno volare aerei che solo a vederli uno si fa il segno della croce. Stavano ispezionando il velivolo di linea di una compagnia blasonata come l’Alitalia, in pessime acque quanto si vuole da un punto di vista dei conti e della gestione, ma pur sempre una grande azienda europea, un tempo famosa per la sua attenzione quasi maniacale alla manutenzione e alla sicurezza. Il blocco di Parigi purtroppo non è un fatto isolato, ma si inserisce in una sequela di episodi piccoli e grandi relativi a rischi per la sicurezza raccontati sempre più di frequente da piloti ed equipaggi in modo più o meno carbonaro per timore di ritorsioni aziendali. Il disagio è già sfociato il 25 gennaio in uno sciopero sindacale di protesta incentrato proprio sulla sicurezza.
IL BLOCCO dell’aereo a Parigi segnala pure a che punto sia precipitata la crisi della compagnia italiana, azienda che 5 anni fa l’allora amministratore di Banca Intesa e poi ministro, Corrado Passera, e il capo del governo, Silvio Berlusconi, avrebbero voluto far rinascere con l’“operazione Fenice” dalle ceneri di una penosa bancarotta, ma che si sta avvitando in una situazione peggiore della precedente.