Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  marzo 16 Sabato calendario

LA CAPOLISTA LASCIA IL SEGGIO "TROPPE ILLAZIONI SU DI ME

C’è chi parla di «cordate brianzole», chi lancia l’accusa di una «parentopoli a Cinque Stelle», chi denuncia «inciuci». Fatto sta che Giovanna Mangili, capolista in Lombardia per Palazzo Madama, ha svestito i panni di senatrice-cittadina per tornare una semplice cittadina senza diaria e senza indennità dimezzata, ma con uno stipendio da impiegata. Ufficialmente «per motivi personali».

In realtà la prima senatrice grillina dimissionaria della storia - al suo posto entra in Senato Tiziana Pittau - ha lasciato perché travolte dalle accuse. Non dalla stampa o dai rivali politici, bensì dai suoi stessi compagni di partito. Tutto nasce all’inizio dello scorso dicembre, alle parlamentarie del M5S. La Mangili si presenta nel collegio Lombardia 1 e ottiene 231 preferenze, seconda solo alla militante storica Paola Carinelli. «Troppe per una che milita solo da due mesi», accusano sui forum gli «sfidanti». E allora subito partono le dietrologie: Walter Mio, il marito, è consigliere comunale a Cesano Maderno. Su di lei sarebbero confluiti i voti «brianzoli» per sponsorizzare «la moglie di». «Accuse infami», le definisce Mio, spiegando che la decisione è stata presa «per ridare dignità a una persona che ha sopportato in silenzio questi attacchi». I rumors raccontano anche un’altra versione: sarebbe stato il capogruppo Vito Crimi a premere per le dimissioni ed evitare le accuse di parentopoli. Versione poco credibile, visto che ci sono altri casi di «mogli di» e addirittura una madre (Ivana Simeoni) e un figlio (Cristian Iannuzzi) eletti rispettivamente al Senato e alla Camera.