Marco Bresolin, La Stampa 16/3/2013, 16 marzo 2013
LA CAPOLISTA LASCIA IL SEGGIO "TROPPE ILLAZIONI SU DI ME
C’è chi parla di «cordate brianzole», chi lancia l’accusa di una «parentopoli a Cinque Stelle», chi denuncia «inciuci». Fatto sta che Giovanna Mangili, capolista in Lombardia per Palazzo Madama, ha svestito i panni di senatrice-cittadina per tornare una semplice cittadina senza diaria e senza indennità dimezzata, ma con uno stipendio da impiegata. Ufficialmente «per motivi personali».
In realtà la prima senatrice grillina dimissionaria della storia - al suo posto entra in Senato Tiziana Pittau - ha lasciato perché travolte dalle accuse. Non dalla stampa o dai rivali politici, bensì dai suoi stessi compagni di partito. Tutto nasce all’inizio dello scorso dicembre, alle parlamentarie del M5S. La Mangili si presenta nel collegio Lombardia 1 e ottiene 231 preferenze, seconda solo alla militante storica Paola Carinelli. «Troppe per una che milita solo da due mesi», accusano sui forum gli «sfidanti». E allora subito partono le dietrologie: Walter Mio, il marito, è consigliere comunale a Cesano Maderno. Su di lei sarebbero confluiti i voti «brianzoli» per sponsorizzare «la moglie di». «Accuse infami», le definisce Mio, spiegando che la decisione è stata presa «per ridare dignità a una persona che ha sopportato in silenzio questi attacchi». I rumors raccontano anche un’altra versione: sarebbe stato il capogruppo Vito Crimi a premere per le dimissioni ed evitare le accuse di parentopoli. Versione poco credibile, visto che ci sono altri casi di «mogli di» e addirittura una madre (Ivana Simeoni) e un figlio (Cristian Iannuzzi) eletti rispettivamente al Senato e alla Camera.