Alexander Stille, D, la Repubblica 16/3/2013, 16 marzo 2013
AUGURI MS. PRESIDENT
Dopo oltre vent’anni sotto la lente d’ingrandimento nazionale - e spesso in una specie di tritacarne mediatico - Hillary Clinton gode un momento magico. Lascia il Ministero degli Esteri americano come la figura politica più popolare del paese, anche più del presidente appena rieletto. La Clinton ha ottenuto il rispetto dei suoi avversari politici e l’ammirazione del 67 percento degli americani - il massimo in assoluto nei ventuno anni in cui è stata al centro dell’attenzione di sondaggisti e commentatori politici, a cominciare dall’elezione di suo marito, Bill Clinton, come presidente degli Stati Uniti. Se decidesse di presentarsi come candidato democratico nel 2016, è in una posizione molto forte per diventare il primo presidente donna degli Usa.
Altrettanto importante, Hillary - tutti la chiamano con il suo primo nome tanto è diventata familiare - sembra finalmente a suo agio con se stessa. Come donna ha dovuto sempre sostenere uno scrutinio costante sul suo aspetto fisico, che un uomo nella sua posizione non avrebbe dovuto sopportare. Ogni nuova capigliatura, ogni vestito veniva sottoposto a un’analisi feroce e sfumata - troppo seria, troppo poco seria, non abbastanza femminile, brutta, «non sembra un po’ appesantita?». Negli ultimi mesi, facendo un lavoro al Ministero degli Esteri impeccabile, Hillary sembra essersi riconciliata con se stessa e con il pubblico. Alcuni hanno notato che spesso ha cessato di usare il trucco (tranne un po’ di rossetto), porta i capelli lisci e senza acconciatura, con occhiali da lettura - sembrando esattamente la donna di 65 anni che è, ben conservata ma stanca come potrebbe essere stanca una persona che ha viaggiato per circa 1,5 milioni di chilometri in quattro anni, visitando 112 paesi, passando 401 giorni in giro all’estero.
«Sono così sollevata di essere al punto della mia vita in cui sono ora», ha detto qualche giorno fa in un’intervista sulla rete televisiva CNN. «Se mi va di portare gli occhiali, li porterò. Se voglio portare i miei capelli tirati dietro, li porterò così. Non è una cosa che a questo punto merita molto tempo e attenzione. Se altri vogliono occuparsene, facciano pure». Sembra di nuovo una studentessa, hanno commentato alcuni, dopo le ultime foto della Clinton in India che sono apparse con il titolo Hillary al naturale. Infatti, la Clinton assomiglia molto alla ragazza che era prima di entrare nella sfera pubblica, laureata con lode al Wellesley College e brillante studentessa di giurisprudenza alla prestigiosissima scuola di legge della Yale University. In altri momenti rivelatori, c’è stato un filmato su YouTube in cui Hillary accetta un invito a ballare in un ricevimento in Africa. Quando, come era prevedibile, il video ha cominciato a fare il giro del mondo, alcuni diplomatici sono rimasti meravigliati. Normalmente, i politici evitano di farsi filmare in situazioni in cui potrebbero risultare ridicoli o imbarazzanti. Ma poi, erano anche colpiti da come ha ballato: «Come si muove bene! Mica male!». Quando, in un momento simile, ha ballato bicchiere in mano a un ricevimento a Cartagena, in Venezuela, la Clinton è stata difesa perfino dai conservatori che normalmente non perdono l’occasione per attaccarla: anche i politici devono potersi rilassare.
Questo nuovo senso di sicurezza - guadagnato acquistando un rispetto sempre più ampio - dev’essere una soddisfazione incredibile per una donna che ha dovuto subire giudizi umilianti a cui un uomo nella sua posizione non avrebbe mai dovuto sottostare. Da quando è entrata nella sfera pubblica - aveva 31 anni quando il marito è diventato governatore dello stato dell’Arkansas - è sempre stata giudicata secondo due pesi e due misure. Come professionista doveva essere due volte più brava per superare l’etichetta di quella che ha avuto tutto grazie al marito. Allo stesso tempo, ha dovuto gestire il senso di disagio che provocano le donne forti che vogliono agire nel mondo. Nell’Arkansas, è stata subito attaccata per il fatto di apparire in pubblico come appare ora: senza trucco e con gli occhiali. L’Arkansas, come tutti gli stati del Sud, ha una concezione della femminilità abbastanza tradizionale: la donna ha il dovere di prendersi cura della propria bellezza e di truccarsi per apparire al meglio, sia per rispetto di se stessa, sia per rispetto degli altri. La giovane Hillary ha creato un certo scandalo mantenendo il suo nome da ragazza, Rodham. La prassi di prendere automaticamente il nome del marito è stata messa in discussione durante il movimento femminista degli anni Sessanta-Settanta e quindi la giovane Hillary Rodham, con i suoi occhiali e senza trucco, è sembrata al pubblico di Arkansas come un emblema di tutta una serie di caratteristiche negative: femminista schiacciasassi, “liberal” del Nordest, secchiona, intellualona-arrogante, troppo seria e troppo poco femminile.
Queste critiche feroci hanno provocato degli effetti molto netti nella Clinton. Ha cominciato ad usare il nome Hillary Rodham Clinton, un compromesso infelice tra il suo atteggiamento iniziale di donna emancipata e quello tradizionale. E così sono cominciati i vari tentativi di trovare un’apparenza che equilibrasse la femminilità con la dovuta serietà professionale.
Naturalmente, tutto si è intensificato quando Bill Clinton ha corso, vincendo, la presidenza nel 1992. Con un certo orgoglio Clinton lasciava intendere che il popolo americano vinceva un vero premio eleggendo lui - otteneva gratis i servizi di una moglie, avvocato di grande successo, super-intelligente e preparata. Bill Clinton ha chiesto a Hillary di gestire il suo tentativo di creare un programma nazionale di assicurazione sanitaria universale (quello che si è realizzato solo di recente, quasi vent’anni più tardi, con l’amministrazione Obama). Mentre c’erano state altre “first ladies” molto importanti e influenti (Eleanor Roosevelt per esempio), l’idea della moglie del presidente che riceve un incarico ufficiale era nuova e ha urtato contro molte sensibilità. Quando Hillary ha risposto, «che dovrei fare, stare a casa a preparare biscotti?», è stata subito attaccata come classica femminista rompiballe che snobbava le casalinghe.
L’equilibrio a colpi di coiffeur
Questo tentativo quasi impossibile di quadrare il cerchio non ha mai soddisfatto nessuno e ha dato frutto ai cento cambiamenti di look di Hillary, come i frequenti cambi di capigliatura, di vestiti - meglio vestiti o pantaloni? Questa ricerca un po’ disperata di apparire al tempo stesso femminile, seria, professionale ma simpatica, ha provocato molta satira, critiche, dibattito e perfino interi siti web dedicati alle varie trasformazioni di Hillary. In un sito anti-Hillary, le varie foto portano titoli come: “Sono seria”, “Sono simpatica”, “Sono Lady D”, “Sono intelligente”, “Sono francese.” Mentre erano una risposta del tutto comprensibile alla ricerca di uno standard impossibile, i vari “look” di Hillary davano anche l’impressione di una certa mancanza di “autenticità”. Sembrava, a volte, pronta a rifarsi in continuazione per piacere al pubblico, ma chi era davvero Hillary tra queste centinaia di foto e di versioni?
Quando nel 1993 si è suicidato un consigliere della Casa Bianca, Vincent Foster, sono spuntate fuori subito varie teorie di cospirazione (senza una briciola di prove): Foster era l’amante segreto di Hillary. I servizi segreti l’hanno fatto fuori per Bill per evitare lo scandalo. Sull’altro versante, c’erano voci che Hillary fosse lesbica: in fondo, come si spiega (altrimenti) la sua serietà?
Da First Lady a senatore
La situazione si è parecchio complicata con la rivelazione del Monicagate - il rapporto sessuale di Bill Clinton con la giovane stagista Monica Lewinsky. Da un lato, c’è stata una certa ondata di simpatia pubblica (il suo “tasso di approvazione” è aumentato in quel periodo) ma la sua decisione di non lasciare il marito infedele è stato oggetto di fortissime critiche. «Il matrimonio è fasullo, è solo un accordo di potere», molti commentatori di destra dicevano. «Lei sta con lui solo per posizionarsi per il prossimo ruolo». Sia Hillary che Bill sono stati vittime di un eccessivo puritanesimo americano: l’idea che un uomo che tradisce la moglie non può amarla e che lei non può amare lui. Le cose sono molto più complesse, soprattutto nel caso dei Clinton. Clinton dal vivo è uno degli uomini più affascinanti che ci sia (mi dispiace per Berlusconi); ama affascinare (anche le donne), ma quando parla della moglie lo fa con un tono di grande rispetto, ammirazione e affetto.
Finito il mandato di Clinton alla Casa Bianca, Hillary decide di presentarsi come senatore dello Stato di New York. Subito arriva una nuova raffica di critiche, accuse di inautenticità e calcolo politico. Negli Stati Uniti, per candidarsi al Senato bisogna vivere per un certo periodo nello Stato che si vuole rappresentare. I Clinton hanno semplicemente comprato casa a New York pochi mesi prima della candidatura della moglie. Ma Hillary ha sconfitto i suoi critici conducendo un “listening tour” dello stato di New York: cioè viaggiando contea per contea, paese per paese, ascoltando la gente, cercando di capire i loro problemi. (Tenete in mente: lo Stato di New York è grande quanto dieci regioni italiane messe insieme quindi immaginate un politico italiano che prima di correre per il senato visita ogni paese con oltre 5mila anime in dieci regioni d’Italia). Alla fine, ha superato la prova facendo quello che ha fatto sempre, lavorando più di tutti, conquistando i suoi critici con la sua serietà e impegno. Al Senato, era conosciuta come uno dei senatori più preparati; ha messo su un ufficio molto ben gestito che rispondeva velocemente e con efficacia ai problemi del suo Stato.
Ieri sfidante, domani vincente
Quando la Clinton ha corso per la presidenza nel 2008, c’è stata una nuova ondata di scetticismo e critiche. In fondo, dicevano, la sua forza sta nella sua fama, che deriva dall’essere stata la moglie del presidente. Molti elettori democratici (il sottoscritto compreso) erano scettici perché Hillary aveva cambiato diverse posizioni politiche (da sinistra a centro-destra) per placare vari elettori come aveva addottato molti “look” fisici. (Del resto siamo poi stati sorpresi e delusi anche quando il nostro candidato Barack Obama ha peccato del medesimo pragmatismo.)
Hillary ha fatto molti errori nelle prime fasi della campagna elettorale. Ha trascurato alcuni Stati piccoli ma importanti, dando un vantaggio strategico e psicologico ad Obama. E come con i suoi problemi estetici, non aveva trovato la sua voce come candidato. Ma nella seconda metà della campagna, quando tutto sembrava perso, lentamente è diventata formidabile, ottima nei dibattiti e nell’oratoria (non sempre una sua forza). Se la stagione delle primarie fosse durata di più, forse avrebbe vinto la nomina democratica e quindi la presidenza.
Dopo l’elezione, molti sconsigliavano ad Obama di prendere Hillary come Segretario di Stato: troppo ambiziosa, cercherà di farsi bella alle spese di Obama per preparare la sua prossima candidatura. Ma Obama, da buon politico pragmatico, ha deciso di fidarsi. Hillary ha reagito alla sfida come sempre, lavorando sodo e stando molto attenta a non minare mai il suo capo. Da donna intelligente, ha capito che, anche se aveva ambizioni future, il modo migliore comunque era di servire bene il Paese. Ha fatto un’ottima impressione ai diplomatici di carriera con la sua solita preparazione e serietà, ma si è fatta anche la fama di essere un capo simpatico e amabile con un senso di humour sorprendente. Alla fine, perfino molti repubblicani, come Lindsay Graham, senatore dello Stato ultra-conservatore South Carolina, e uno dei deputati che ha guidato “l’impeachment” di suo marito per la vicenda del Monicagate, ha detto recentemente della Clinton: «Ha rappresentato molto bene il suo Paese. È molto rispettata in tutto il mondo: si comporta sempre con molta classe e ha un’etica del lavoro che non è seconda a nessuno».
Di fronte alle tante crisi della sua vita - le costanti critiche ad ogni sua mossa, le umiliazioni di dover vivere l’infedeltà del marito davanti a tutto il mondo - chiunque avrebbe pensato di cercare rifugio nella vita privata. Per Hillary, aver superato sfida dopo sfida con la possibilità (almeno) di diventare la prima presidente degli Stati Uniti è una delle storie più notevoli dei nostri tempi.
Si sa che l’atmosfera di adulazione bipartisan che gode Hillary scomparirà nel momento in cui decidesse di candidarsi di nuovo. A quel punto, sarebbe di nuovo una figura di parte che susciterebbe reazioni molto schierate. Forse solo una donna che è uscita come acciaio dal fuoco (da tanti fuochi) potrebbe essere pronta per l’ultima sfida.