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 2013  marzo 16 Sabato calendario

M5S, DAL BLOG AL PALAZZO CON IL RISCHIO PICCIONAIA

Ragazzi, qui è finita l’era di Facebook. Qui se non entriamo nei giochi, gli elettori ci sparano”. A Montecitorio è già buio. È passata l’euforia delle foto ricordo, amici e parenti sono tornati a casa, le scarpe eleganti cominciano a stare strette. E il primo giorno di Parlamento, per gli eletti Cinque Stelle, si chiude con un dubbio: l’apriscatole è pronto, appoggiato su un banco del Senato, ma riusciremo a prenderlo in mano? Sono entrati nel palazzo, ma la stanza dei bottoni per loro resta chiusa a chiave. Se la sono cercata, dicono dal Pd, la porta era aperta, bastava trattare. Loro, fedeli agli impegni sottoscritti prima del voto, non hanno ceduto. Ma adesso bisogna stare attenti: se Pd e Pdl fanno muro, il Movimento rischia di non prendere nemmeno un vicepresidente, nemmeno un questore. E senza posti in prima fila, la scatoletta di tonno non si apre.
Bastava vederli ieri, seduti tutti in piccionaia, nelle ultime due file dell’emiciclo della Camera. Ligi al dovere, si sono alzati solo ogni tanto, per concedersi un caffè. “Quanto zucchero, presidente?”. Uno prende la busta, l’altro avvicina la tazzina. Si divertono a prendere in giro Roberto Fico, il loro candidato alla presidenza. Ieri lo hanno votato i Cinque Stelle e un paio d’altri, oggi potrebbe andare avanti così. È quella la pedina che il Pd sembrava disposto a muovere, ma solo in cambio di almeno una vaga garanzia. Nichi Vendola, leader di Sel, ieri è stato l’unico a sperare ancora in un “atto unilaterale di generosità e responsabilità: votare un candidato 5 Stelle anche se non c’è stata un’interlocuzione”. La stessa speranza dei grillini, quella per cui i partiti avrebbero accettato perfino di regalargli una poltrona, pur di fare bella figura fuori dal palazzo.
SOLO IERI, seduti in piccionaia, hanno intuito che mentre il Movimento li osserva dall’alto, gli altri potrebbero continuare serenamente a farsi gli affari loro. “Meglio così”, spiegano i Cinque Stelle ancora restii a fare analisi dando il loro nome e cognome, “mediaticamente per noi è fantastico: se non ci danno nemmeno un questore, potremo denunciarli pubblicamente, dire ai cittadini che ci stanno tenendo fuori”. Ma ora dopo ora, tra i grillini entrati a palazzo, si fa largo la convinzione che non sia così facile. E forse nemmeno troppo giusto. “Noi non dobbiamo rimanere inchiodati al grillismo e aspettare ordini calati dall’alto”, raccontano alcuni. Dall’alto il messaggio è arrivato anche ieri: “Governare è una parola che mi inquieta”, ha detto Beppe Grillo in un’intervista alla tv tedesca Ard. Al governo non ci vuole andare nessuno, il tema delle alleanze non si è mai aperto, ma - ragionano i Cinque Stelle meno “talebani” - “le mosse funzionali alla sopravvivenza del Movimento sono il piano B. Il piano A è portare a casa qualche risultato per il bene del Paese”. Il famoso caso siciliano (la Regione dove M5S “collabora” con il governatore Crocetta sulle battaglie condivise dal Movimento) funziona perché i Cinque Stelle nei posti chiave ci sono: hanno la vicepresidenza dell’assemblea, guidano la commissione Ambiente. È da quella parte di Movimento “di governo” (Cancelleri, Pizzarotti) che vorrebbero farsi dare lezioni per il futuro.
I NOMI delle persone che potrebbero occupare i ruoli chiave in Parlamento sono ancora in via di definizione. Al Senato, subito dopo la fine delle votazioni sulla presidenza (anche qui il candidato Luis Orellana è stato votato solo dai Cinque Stelle) i neo eletti si sono riuniti per scremare la rosa degli autocandidati. Aspettavano di vedere come sarebbe andato il voto sul loro candidato, volevano vedere se c’erano aperture da parte del Pd. Invece, come prevedibile, niente di fatto. Dagli altri partiti è arrivata scheda bianca. E tra i grillini serpeggia il dubbio che, se non stanno attenti, rischiano di lasciare carta bianca a tutti loro.