Francesco Bei; Umberto Rosso, la Repubblica 16/3/2013, 16 marzo 2013
IL COLLE AL PREMIER “GUAI SE SI DIMETTE”
SI SONO infrante contro l’argine del Quirinale le ambizioni di Monti di diventare oggi il presidente del Senato. Niente da fare. Quello tra il capo del governo e Napolitano è un confronto teso, un botta e risposta che si prolunga per quasi un’ora. Il pomo della discordia sono le dimissioni di Monti da palazzo Chigi, necessarie per essere eletto come successore di Schifani.
«SE LEI proprio adesso si dimette da presidente del Consiglio — obietta a Monti il capo dello Stato — rischiamo di dare un colpo drammatico all’immagine dell’Italia. In questo momento, il nostro paese è legato al suo governo, quindi lei è insostituibile ». Il presidente del Consiglio tiene il punto e replica: «Dopo l’ultimo Consiglio europeo ho concluso la mia missione, non devo per forza restare a Palazzo Chigi a fare il parafulmine per gli altri». Ma anche Napolitano è un osso duro. Il presidente della Repubblica esprime senza diplomazia tutti i sui dubbi, le riserve di natura giuridica e istituzionale sul cambio di maglietta in corsa del premier. Monti non si dà per vinto, anzi prospetta, con accanto il sottosegretario Antonio Catricalà la soluzione per uscire dall’impasse. «Sono pronto a convocare già questa sera un consiglio dei ministri straordinario, nominare un vicepresidente vicario e lasciare nelle sue mani l’interim della presidenza». Il nome che circola è quello del ministro Cancellieri, ma è un dettaglio. Anche perché Napolitano giudica subito un’ipotesi di questo tipo «senza precedenti», obietta che l’interim può scattare solo in caso di gravi impedimenti del premier, e in ogni caso non per un mese, perché almeno tanto ci vorrebbe per arrivare ad un nuovo governo.
Monti tira fuori dal dossier giuridico che si è portato dietro un precedente che è andato a ripescare: D’Alema vice presidente del Consiglio del governo Prodi, che con il premier di allora all’estero firma alcuni decreti, «e lei che era al Quirinale se lo dovrebbe ricordare — aggiunge poi rivolto a Napolitano — perché non trovò la scelta scorretta». Ma, accanto al confronto procedurale, c’è la questione politica. Chiede Napolitano a Monti: «Ma potrebbe garantirmi che le forze politiche che appoggiano questa sua operazione per il Senato, poi faranno lo stesso per la maggioranza di governo? ». È un’obiezione gigantesca, perché Monti questa garanzia al momento non può darla. «Questo sarebbe lo schema D’Alema», replica amareggiato. Insomma, non riesce a convincere il capo dello Stato, che lo congeda così: «Io stesso sarei anche disposto a votarla come presidente della Repubblica, ma le sue chance così si stanno esaurendo».
Dunque è di nuovo tutto azzerato. E così anche i rapporti tra Pd e Scelta Civica si raffreddano, nonostante un redivivo Casini faccia di tutto per tenere i fili. L’operazione Monti al Senato parte in gran segreto già giovedì sera, quando viene comunicata al vertice del Pd. «Per noi va bene», risponde Bersani, «ma con Napolitano ci deve parlare Monti». Nella testa del premier quello a palazzo Madama è soltanto un passaggio. A rivelare quale dovrebbe essere lo step successivo è Andrea Olivero, che alza il velo sul progetto parlando ieri mattina all’assemblea dei parlamentari di Scelta Civica: «L’elezione di Monti al Senato è il passaggio verso il Quirinale». Per i montiani tutto si tiene: il Professore che trasloca al Quirinale, Franceschini che diventa presidente della Camera e, a palazzo Madama, tra un mese arriva Renato Schifani. Monti, raccontano, è motivatissimo. Già si vede come successore di Napolitano.
Ma tutto s’incaglia sull’obiezione costituzionale del Quirinale. Ora tutto torna il alto mare. Nel Pd sono pronti a prendersi entrambe le Camere, mentre Bersani andrebbe a palazzo Chigi con un governo di minoranza. E la maggioranza a palazzo Madama? Un aiuto potrebbe arrivare dai 17 senatori del Carroccio. Un sospetto sul dialogo Pd-Lega è venuto a Umberto Bossi, che ieri non a caso ha attaccato duramente Bobo Maroni. Anche Augusto Minzolini, neo senatore del Pdl, da animale parlamentare ha fiutato qualcosa e in serata ha twittato un altolà preventivo: «La Lega l’ultimo anno ne ha sbagliate molte. Se pensa di governare con Pd-Monti contando su maggioranza di 2 voti a Senato è da ricovero».