Vladimiro Polchi, la Repubblica 16/3/2013, 16 marzo 2013
“CI AMEREMO VIA ETERE” IL MATRIMONIO SU SKYPE
QUANDO Bidrohi si è sposato non mancava nulla. Né i testimoni, né il completo scuro, né la sua voce rotta dall’emozione. Mancava giusto la sposa. O meglio, Henrietta c’era, elegantemente vestita, ma la sua voce era lontana più di 7000 chilometri. Mentre Bidrohi sedeva in un ufficio di Roma, la sua futura moglie stava in un appartamento di Dhaka, capitale del Bangladesh.
COLLEGARLI due computer portatili e una connessione Internet. E così il loro «sì» commosso è viaggiato veloce sulle onde di Skype. È la nuova “moda” esplosa tra le comunità migranti: i matrimoni a distanza.
«Nelle comunità bengalesi, indiane e pakistane in Italia — racconta Shobin Islam, segretario dell’associazione Italia-Bangladesh — i fidanzamenti a distanza sono cosa comune. La novità sono le nozze via internet: una pratica in netta crescita». Il fenomeno è diffuso anche negli Usa, come testimonia un recente articolo del New York Times: i “proxy marriages” tradizionalmente riservati ai militari in missione si stanno ora estendendo anche alle comunità immigrate. In alcuni Paesi, infatti, i matrimoni a distanza sono legalmente riconosciuti, come nel caso del Bangladesh: «In Italia — conferma Shobin — so di almeno una decina di coppie bengalesi che si sono unite via Skype».
È il caso appunto di Bidrohi e Henrietta: musulmano lui, cristiana lei. La loro pare una storia da film: «Ho lasciato il Bangladesh otto anni fa — ricorda Bidrohi — facevo il giornalista, ma ero perseguitato dai fondamentalisti che hanno bruciato la mia biblioteca. Sono arrivato a Roma come rifugiato e oggi lavoro come mediatore culturale per una cooperativa. In patria ho lasciato la mia fidanzata. Nel 2010 l’ho ritrovata su Facebook e l’unico modo per portarla in Italia era il ricongiungimento familiare. E dunque sposarla». Ma Bidrohi non può rimettere piede in Bangladesh, troppo pericoloso. E allora? «La soluzione è arrivata dal web. L’11 gennaio 2011 ci siamo sposati via Skype. Lei era a Dhaka a casa di un’amica buddista, con due testimoni, un avvocato e un impiegato del governo. Io ero a Roma negli uffici di due amici che lavorano per Blog. tv». Le nozze, legalmente registrate in Bangladesh, hanno consentito agli sposi di ricorrere al ricongiungimento familiare. E così dal 12 marzo 2012 Henrietta vive a Roma col suo Bidrohi.
«Siamo di fronte a una sorta di matrimoni per procura — ragiona Mara Tognetti, che insegna Politiche migratorie alla Bicocca di Milano — che si avvalgono delle nuove tecnologie. È un’ulteriore declinazione di quello spazio affettivo transnazionale che si va diffondendo: nuove modalità di fare famiglia non più connotate dal vivere sotto lo stesso tetto. Certo — aggiunge Tognetti — dietro queste nozze a distanza possono talvolta celarsi matrimoni di comodo, per garantire l’ingresso in Italia dei migranti». Resta il fatto che nel nostro Paese i matrimoni misti e tra stranieri sono in forte aumento, «per questo dobbiamo guardare con attenzione a questi fenomeni, che possono anticipare tendenze future».