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 2013  marzo 16 Sabato calendario

IL DEFICIT DEMOCRATICO CHE COSA FARE PER ELIMINARLO

Nella trasmissione di Corrado Augias a cui lei ha partecipato, una sua frase mi ha particolarmente colpito: «La democrazia ha ancora una dimensione nazionale». Intendeva dire che siamo messi proprio male o cos’altro?
Umberto Brusco
Bardolino (Vr)
Caro Brusco, intendevo dire che l’opinione pubblica europea considera democratici soltanto coloro che sono stati scelti dai loro concittadini nell’ambito degli Stati nazionali. Questa percezione spiega perché l’espressione «deficit democratico» abbia avuto grande popolarità nel corso di questi ultimi anni. Ciò che viene deciso a Bruxelles e a Strasburgo (sedi rispettivamente della Commissione e del Parlamento) appare a molti un diktat calato dall’alto sulla testa di cittadini che su quelle disposizioni non sono stati direttamente interpellati. Come scrisse più volte Tommaso Padoa Schioppa, questa percezione non tiene alcun conto del modo in cui i trattati sono stati scritti e le norme sono state adottate. I trattati vengono negoziati da delegazioni nazionali, ratificati dai singoli parlamenti, sottoposti in alcuni Paesi a un referendum. Le direttive di Bruxelles divengono leggi dello Stato soltanto quando hanno l’approvazione delle assemblee parlamentari dei membri dell’Unione Europea. Dopo essere stati per molto tempo i soli veri poteri dell’Unione, il Consiglio europeo e la Commissione devono ora fare i conti con il Parlamento di Strasburgo a cui il Trattato costituzionale ha conferito poteri molto più importanti di quelli di cui godeva quando Altiero Spinelli vi conquistò un seggio nelle prime elezioni europee (1979).
Sappiamo che nelle scorse settimane il Consiglio europeo ha approvato, dopo un lungo negoziato, il bilancio dell’Unione. Ma non tutti sanno che il bilancio è stato rinviato al Consiglio e alla Commissione con nuove proposte. È colpa dei deputati di Strasburgo se il loro lavoro è seguito distrattamente dall’opinione pubblica italiana? È colpa della loro Assemblea se l’elezione per il suo rinnovo, non soltanto in Italia, viene utilizzata come una replica delle elezioni nazionali e serve soprattutto a verificare il peso dei singoli partiti dopo l’ultima consultazione locale o, peggio, a trovare una collocazione per coloro che la politica nazionale desidera compensare o giubilare?
Parliamo di «deficit democratico», caro Brusco, perché continuiamo a pensare che il potere sia sempre a Roma e perché i candidati continuano a ingannarci (e a ingannare se stessi) sulla loro effettiva possibilità di dare una risposta alle nostre domande. Il deficit esiste, ma è dovuto soprattutto a questa pericolosa contraddizione. I cittadini europei partecipano con passione e serietà all’elezione di assemblee e governi che hanno progressivamente perduto le loro antiche competenze; ma prestano poca attenzione alla scelta di coloro che concorrono alla formazione della politica europea. Credo che il solo modo per uscire da questo rompicapo sia quello di trasformare le presidenze del Consiglio europeo e della Commissione in cariche elettive. I candidati dovranno illustrare i loro programmi e spiegare l’uso che faranno dei nostri voti. Esisteranno ancora le elezioni nazionali, beninteso, ma sapremo meglio distinguere fra ciò che può essere fatto dai singoli governi e ciò può essere fatto soltanto dall’Europa.
Sergio Romano