Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri il Corriere della Sera ha inaugurato un’interessante campagna: con un editoriale di Sergio Rizzo e due pagine di interventi, il giornale, prendendo spunto dalla rinuncia alle ferie dei due papi, chiede ai burocrati italiani di nom andare in vacanza e continuare a lavorare, dedicandosi alla stesura dei decreti attuativi delle leggi delega, che giacciono a centinaia nei cassetti dei ministeri.
• Prima di entrare nel merito, due domande: che cosa sono i decreti attuativi? Che cosa sono le leggi delega?
I governi hanno aggirato, o creduto di aggirare, la lungaggine delle procedure parlamentari in due modi: o presentando leggi difese da un voto di fiducia, che il Parlamento era costretto ad approvare pena la caduta del governo; oppure ricorrendo alle leggi-delega, uno strumento previsto dall’articolo 78 della Costituzione col quale il Parlamento delega il governo a legiferare su una certa materia. In pratica, è come se Camera e Senato dicessero al governo: ci fidiamo di te, su questa materia puoi legiferare liberamente, hai il nostro consenso preventivo. Quindi la legge delega è un forte strumento di potere in mano all’esecutivo, che deve però esercitarlo entro certi limiti. Inoltre, la legge delega in sé non contiene praticamente norme. Le norme le deve scrivere il governo attraverso una serie di decreti attuativi, cioè di disposizioni che attuano quanto è stato assai genericamente stabilito nella legge delega. Perciò, attraverso lo strumento della legge delega, il governo fa più presto solo se poi le varie amministrazioni scrivono i decreti attuativi. E - ecco il punto toccato ieri dal Corriere - le amministrazioni non scrivono, o scrivono troppo poco, insomma procedono lentissimamente, per cui importanti riforme che potrebbero migliorare il funzionamento del Paese sono ferme da un pezzo per il fatto che le leggi delega sono vuote, sono prive dei decreti attuativi.
• Perché le amministrazioni non scrivono questi decreti attuativi?
Su questo ci vorrebbe la creazione di una Commissione parlamentare, che indaghi. Si dice, lo fa capire anche il Corriere, che a parte questioni di pigrizia o di cattiva organizzazione, ci sono poi resistenze di questo o quell’ufficio. Le leggi di riforma, cambiando qualcosa, vanno a colpire interessi e abitudini consolidate. Intaccano magari pure poteri. Le tribù si difendono.
• Quanti sono questi decreti attuativi che devono ancora essere scritti?
Scrive Antonella Baccaro: «Al 18 giugno, mettendo insieme i cantieri normativi dei tre ultimi governi dal novembre 2011, Monti, Letta e Renzi, secondo l’Ufficio per il programma di governo, mancavano 812 provvedimenti attuativi, senza dei quali le riforme che dovrebbero dinamizzare il Paese restano sulla carta. Di questi provvedimenti, 133, il 16%, sono già dell’esecutivo Renzi (334 sono di Monti su 846 prodotti e 345 di Letta su 457 emanati), che è in carica da quattro mesi e mezzo e ha prodotto 33 norme pubblicate in Gazzetta ufficiale, solo nove delle quali non rinviano ad atti di secondo livello». Romano Prodi, una volta, disse che sono ancora in attesa dei decreti attuativi leggi delega approvate dal Parlamento nel 1997!
• Ma rinunciare alle vacanze, o meglio rinviare le vacanze, si può?
Si fece nel 2011, quando arrivò la lettera da Bruxelles che ci dettò un’agenda di provvedimenti e che alla fine costò il posto a Silvio Berlusconi. I deputati e i senatori avevano già programmato cinque settimane di vacanza e poi una gita in Terra Santa. Dovettero fare precipitosamente marcia indietro. E con loro gli uffici.
• Avevo capito che il problema, relativamente alle vacanze, era soprattutto legato alla nostra scarsa produttività. Con la crisi, possiamo permetterci una sosta così lunga? Non sarebbe il caso - tutti quanti e non solo i burocrati - di rimboccarsi le maniche e mettersi a produrre?
La lunga sequenza di ponti che ha collegato quest’anno Pasqua, 25 aprile e 1° maggio, con una chiusura, di fatto, di venti giorni, sarebbe costata al Paese una quindicina di miliardi. Quando chiudono gli uffici, si ritardano la concessione dei permessi e il disbrigo di tutte quelle procedure piccole o grandi, e diventate assai complesse, con cui in un modo o nell’altro andiamo avanti. Per quanto riguarda gli artigiani o le manifatture, forse il problema non si pone. Alcuni, come il mio barbiere che non chiuderà mai «altrimenti non ce la faccio», resteranno al lavoro per decisione autonoma. Altri chiuderanno, magari più a lungo del solito, perché la domanda è terribilmente debole. Se nessuno compra, che cosa produco a fare?
(leggi)