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 2014  luglio 08 Martedì calendario

CORSA AGLI SPORTELLI E INVESTITORI IN FUGA. BULGARIA IN BILICO

Una meraviglia, almeno sulla carta. In termini di bilanci pubblici, la Bulgaria è (quasi) una meraviglia: un deficit che è la metà di quello francese, un debito pubblico che supera di poco il 20% del prodotto interno lordo, quasi un settimo di quello italiano. E un rating, un giudizio assegnato dall’agenzia Moody’s, praticamente uguale a quello dell’Italia. Infine, una grande crisi superata non peggio di altri vicini balcanici. Ma in questi giorni, la meraviglia si converte in sfacelo, ecco la smentita fulminea ed amarissima: file agli sportelli delle banche, conti prosciugati in poche ore (prelevato il 20% dei risparmi, più quelli già portati via dalle migliaia e migliaia di emigranti), piccoli e medi investitori in fuga, sfiducia che dilaga come le acque alla foce del Danubio. E il governo, risuscitato solo nel 2013 fra mille tumulti e fratture, tornato sull’orlo di un burrone: a fine luglio dovrebbe dare le dimissioni, e subito dopo dovrebbe sciogliersi anche il Parlamento. Saranno convocate nuove elezioni a settembre, che difficilmente risolveranno qualcosa. I tre antichi guai sono infatti sempre là: instabilità politica, corruzione sorretta da una leggendaria mafia locale, poi rapporti internazionali distorti e legami di dipendenza energetica — non solo religiosa, culturale, etnica — dalla Russia. I mali di sempre si sono dunque coagulati in un unico nodo, proprio quando il resto d’Europa riprende a marciare faticosamente.
Intanto Sergei Lavrov, potente ministro degli Esteri russo, arriva a Sofia per ricordare a tutti che South Stream, il gasdotto, non è un giocattolo a noleggio, e tutti devono rispettarne la potenza e il prestigio. Ma neanche il fido compagno di Putin, probabilmente, può comprendere e catturare le redini di questa crisi che scuote una nazione considerata sorella (per l’alfabeto cirillico, la religione cristiano ortodossa, il gusto dell’arte). Prima, un paio di mesi fa, quegli scricchiolii a catena in una serie di istituti di credito, poi la banca centrale che accorre a rianimare i due più grandi, poi ancora la sfiducia che non si ferma: soprattutto perché animata da false e anonime mail, da messaggi che annunciano buchi nascosti in Borsa. Risultato: la crisi scacciata dalla porta, rientra dalla classica finestrella ma in formato nazionale. Solo che ora interessa tutta l’Europa, questa minaccia di contagio finanziario. Perché diverse banche europee hanno piantato da tempo le loro radici in quest’angolo di Balcani: istituti finanziari della Grecia, dell’Austria, dell’Ungheria. E poi la banca a partecipazione straniera più grande di tutte, l’Unicredit Bulbank: 3.800 impiegati, 1,3 milioni di clienti, 23 filiali, depositi per 8,2 miliardi di lev (la moneta bulgara, circa 4,2 miliardi di euro), investimenti per 12,7 miliardi (6,5 miliardi di euro), prestiti per 8,5 miliardi (4,3 in euro). Al contrario delle consorelle bulgare, la Bulbank sembra aver mostrato finora tenuta e solidità. Ma il problema è che la Bulgaria sussulta ormai da oltre un anno. E accanto a lei c’è la Romania, ugualmente in allerta. E poi, le lande contese fra ucraini e russi. Fino ai suoi confini più lontani, l’Ue attende ancora giorni sereni.
Luigi Offeddu