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 2014  luglio 08 Martedì calendario

RESA DEI CONTI IN FONDAZIONE

Potrebbe allargarsi anche all’acquisizione di Banca Antonveneta la resa dei conti promossa nei mesi scorsi dalla Fondazione Monte dei Paschi nei confronti di ex amministratori, advisor e istituzioni finanziarie. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, venerdì 18 luglio la deputazione generale dell’Ente dovrebbe riunirsi per esaminare un’integrazione dell’azione di responsabilità, che potrebbe essere deliberata in tempi stretti. Il documento approvato nel marzo scorso metteva infatti nel mirino soltanto due operazioni: la sottoscrizione dell’aumento 2008 (in particolare il prestito Fresh finanziato attraverso la stipula dei contratti total return swap) e il debito da 600 milioni contratto per partecipare alla ricapitalizzazione del 2011. Per i fatti del 2008 l’azione legale era stata intrapresa a carico dei componenti della deputazione amministratrice allora in carica e di Jp Morgan, allora advisor della Fondazione. Per il debito del 2011, invece, Palazzo Sansedoni aveva messo nel mirino la deputazione allora in carica, l’ex provveditore e le banche che avevano concesso il prestito. Il pool degli istituti coinvolti è davvero nutrito: Barclays, Bnp Paribas, Crédit Agricole, Deutsche Bank, Goldman Sachs, Intesa Sanpaolo, Jp Morgan, Mediobanca, Natixis, Rbs, Unicredit, Banca Imi e, ancora una volta, Jp Morgan.
In questi giorni però si starebbe ragionando su un allargamento dell’azione di responsabilità anche all’acquisizione di Antonveneta da parte di Banca Mps, avvenuta nel 2007 per la cifra di 9 miliardi. L’operazione è stata il peccato originale del Sistema Siena che, nel giro di cinque anni, ha spolpato le finanze della banca e del suo azionista di riferimento, la Fondazione appunto. Basti infatti ricordare la caduta verticale del patrimonio di Palazzo Sansedoni che soltanto nel 2013, grazie alle strategie messe in campo dal presidente Antonella Mansi, ha ripreso a crescere. Ciò che gli attuali amministratori dell’Ente senese intendono ora accertare è se la valutazione di fattibilità compiuta tra 2007 e 2008 da Palazzo Sansedoni sia avvenuta in termini corretti. Quando per esempio il 6 marzo 2008 l’assemblea venne chiamata ad approvare il primo aumento di capitale da 5 miliardi, la Fondazione (che aveva chiuso il 2007 con 407 milioni di avanzo) accettò di sottoscrivere la quota di propria spettanza per 2,9 miliardi. Si trattò di una scelta davvero impegnativa, visto che Palazzo Sansedoni aderendo alla ricapitalizzazione si espose sulla banca per l’80% circa del patrimonio (dal 36% che era) e legò quindi a doppio filo il proprio destino a quello della Rocca. Va comunque ricordato che il bagno di sangue era ancora molto lontano: la partecipazione nel Monte era infatti iscritta a bilancio a un valore di carico di 1,92 miliardi, con una plusvalenza potenziale al 31 dicembre 2007 di 4,6 miliardi per le sole azioni ordinarie. Per fare luce sull’intera vicenda, ieri ai membri della deputazione sarebbe stato fornito un cospicuo plico di documenti, in tutto circa 250 pagine, comprensivo di relazione legale (stilata dal professor Giorgio De Nova, ordinario di Diritto Civile dell’università Statale di Milano) e relazione tecnica (stilata da Ugo Pomante, professore di Economia degli Intermediari Finanziari dell’Università di Roma Tor Vergata). La discussione dovrebbe aprirsi venerdì 18 e potrebbe durare per più di una seduta, anche se i tempi sono stretti visto che la prescrizione per gli ex amministratori potrebbe scattare già all’inizio del mese di agosto. Secondo quanto risulta, è inoltre possibile che nel nuovo filone dell’azione di responsabilità vengano coinvolti anche gli advisor che assistettero la Fondazione all’epoca dei fatti, anche se per il momento si tratterebbe soltanto di un’ipotesi. Non risulta invece che nell’integrazione rientrino anche la gestione delle attività proprie e le erogazioni, come qualcuno aveva suggerito inizialmente.
Sempre ieri intanto la deputazione generale ha nominato Maddalena Ragni come nuovo membro al posto di Antonio Paolucci che aveva rassegnato le dimissioni a fine 2013. Risulta invece ancora in alto mare la procedura per la nomina del nuovo presidente dell’Ente. In un primo momento qualcuno aveva ipotizzato una soluzione interna per il delicato passaggio di testimone, ma l’ipotesi è rientrata. Anche perché Mansi ha indicato il successore ideale come una figura di «profilo alto» e per il momento nessun nome speso corrisponde a questo identikit. Il tema verrà dunque affrontato di nuovo nella seduta di venerdì 18.
Luca Gualtieri, MilanoFinanza 8/7/2014