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 2014  luglio 08 Martedì calendario

QUELL’IMPORT A DAZIO ZERO DA CAMBOGIA E MYANMAR

Everything but Arms. Datato 2001, il piano unilaterale Ue di solidarietà nato con le migliori intenzioni sta mandano in rovina la risicoltura europea. Tredici anni fa l’Europa ha liberalizzato le importazioni di qualunque prodotto – tutto escluse le armi – in arrivo dai Paesi meno sviluppati. Per riso, zucchero e banane l’azzeramento dei dazi venne spalmato tra il 2002 e il 2009. La risicoltura è andata in tilt. Troppo forte la concorrenza di Cambogia e Myanmar mentre è residuale la quota di mercato di Laos e Bangladesh.
Nel 2009, all’azzeramento dei dazi Ue, dai Paesi Eba erano state importate poco più di 10 mila tonnellate di riso semilavorato di cui 6 mila cambogiane. A settembre 2013 le cifre sono salite rispettivamente a 216 mila e 196 mila. Non solo. Tra settembre 2013 e giugno 2014, le importazioni a tasso zero dai Paesi Eba di riso sono in aumento di 88 mila tonnellate (+60%) rispetto a un anno fa: il totale importato è di 236 mila tonnellate di cui 204 dalla Cambogia, cifre già superiori a quelle dell’intera stagione scorsa.
Oggi in Italia sono 218 mila gli ettari a risaia (l’anno scorso 235 mila) con una produzione di oltre un milione e 300 tonnellate quasi tutta concentrata nel triangolo Vercelli-Novara-Pavia, dove si coltiva il riso migliore del mondo. L’intera Europa non arriva a produrre due milioni di tonnellate e ciò spiega la freddezza con cui le lamentele italiane sono sempre state accolte a Bruxelles.
Ma c’è un dato nuovo. Vista l’estrema convenienza delle importazioni in Europa, molte multinazionali hanno iniziato a investire in Cambogia e in Myanmar per esportare prodotto subito pronto per gli scaffali dei supermercati. Negli ultimi mesi arriva sempre più prodotto già confezionato in scatole da 5 o 20 chili. Germania, Francia e Paesi Bassi sono i maggiori importatori di riso lavorato dalla Cambogia.
«L’Unione europea ha voluto attuare una politica di sostegno sociale umanamente condivisibile, ma si è disinteressata nel seguirne l’evoluzione commerciale - commenta Paolo Carrà, presidente dell’Ente nazionale risi, ente pubblico che tutela il settore -. E così il riso rischia di fare la fine di barbabietole da zucchero e tabacco, che oggi l’Italia è costretta a importare dopo essere stata tra i maggiori e migliori produttori».
La soluzione è una sola, l’introduzione della clausola di salvaguardia e il conseguente contingentamento delle importazioni a dazio zero. «Lo scorso autunno – conclude Paolo Carrà – l’Europa ha negato il problema, ma gli ultimi dati sono inequivocabili e pare che la posizione stia cambiando». E se proprio Bruxelles volesse completare l’opera ci sarebbe da migliorare il sistema dei controlli igienico-sanitari, oggi le verifiche sono demandate alle dogane dove si fanno prelievi a campione e si verifica la correttezza formale dei documenti. «Non punto il dito contro nessuno, però sono convinto che sia auspicabile una maggiore attenzione sulla qualità del riso che arriva da quei Paesi».
Franco Cottini, La Stampa 8/7/2014