Paolo Siepi, ItaliaOggi 8/7/2014, 8 luglio 2014
PERISCOPIO
Berlusconi: «Ho un problema, mi è crollato l’impulso erotico». «Eh!?». «E quindi pure quello politico, che è correlato». Vignetta di Vincino. Il Foglio.
(mfimage) Ma che cosa è saltato in mente a Matteo Renzi di evocare Telemaco, uno che cornificò il padre Ulisse andando con la di lui amante Circe e finì maciullato dalle sirene, dando il crepacuore alla madre Penelope? Enrico Cisnetto. Terza Repubblica.
Dentro l’Ncd sta maturando un profondo scontento nei confronti di Alfano. Due anni fa era leader di un Pdl sopra al 35%. Ora ha mandato a Strasburgo un solo europarlamentare, per merito di Casini. Alfano avrebbe dovuto annunciare le sue dimissioni dopo questo risultato, come ha fatto Prandelli dopo la sconfitta con l’Uruguay. Invece, niente. La sua scissione dal Pdl, nel 2013, mi ha disgustato. Alfano è un uomo incoerente a cui manca spessore umano. Nessuno ha preso tanto da Berlusconi quanto lui. Come Fini e Casini è stato colpito dalla sindrome rancorosa del beneficiato. Michaela Biancofiore. Deputati Fi. Sette.
«Matteo Renzi? Un copione. Mi ha fregato lo slogan delle primarie: “Adesso”. E ora quasi quasi si fa crescere la barba come me. E i renziani? Non facciano troppo i furbetti. In fondo il loro siciliano Davide Faraone ha perso le primarie esattamente come è capitato a me. Che differenza c’è?». Queste parole erano impresse fino a un anno fa nel profilo twitter di Dario Franceschini. Ma non ci sono più. Perché l’attuale ministro dei Beni culturali se ne deve essere vergognato e li ha cancellati tutti. Io cancello, la trasmissione della web tv di Libero, li ha però recuperati dalla memoria del web. Dopo avere fatto pace con Renzi però Franceschini è passato da un eccesso all’altro. Gli è sfuggito un tweet sgradevole, con cui scaricava Letta, sostenendo che era meglio che Renzi prendesse palazzo Chigi tre mesi prima. Poi si è pentito e ha cancellato pure questo. Franco Bechis. Libero.
Il berlusconismo termina sotto il segno di tre fallimenti: la costituzione di un grande partito liberal-conservatore; la modernizzazione del paese e la rivoluzione liberale. Va però anche sottolineato che un’autentica rivoluzione liberale non ha potuto farla perché i suoi principali alleati, da Fini a Casini, da La Russa a Bossi, erano tutto fuorché liberali. Sandro Bondi, ex braccio destro di Silvio Berlusconi. La Stampa.
Il Sovrano di Arcore non pare più maldisposto nei confronti di Alfano: «Ancora, malgrado tutto, lo preferisce a Fitto», mormorano le malelingue. Il Foglio.
Il modello usato da Urbano Cairo per La7 è simile e opposto a quello usato per le sue riviste. Gioca in contropiede: in edicola ha puntato verso il basso, e funziona. In Tv ha puntato verso l’alto, e vedremo se funzionerà. Carlo Freccero. Agenzie.
In Italia le donazioni sono fiscalmente e praticamente faticose. Se io dicessi, a un’università americana: offro un milione di dollari per un laboratorio intitolato a mia madre, non mi lasciano neppure finire la frase, il laboratorio è già lì, con la sua bella scritta sulla porta. Se proponessi la stessa cosa in Italia, prima di vederla realizzata, farei in tempo a diventare bisnonno. Beppe Severgnini. Sette.
Il perbenista, il cittadino esemplare, non sa, e neppure vuol sapere altra spiegazione (oltre la rapacità delle élite corrotte) sul motivo per cui scoppiano tanti scandali. Questo atteggiamento è il prodotto della «questione morale» inventata da Enrico Berlinguer (il comunista chiamato a far fronte a problemi più grandi di lui, ma anche tanto abile da truccare le carte a proprio vantaggio) per tenerne accuratamente fuori il Pci, finanziato dall’Urss! Piero Ostellino. Corsera.
In occasione del Premio Strega c’è il ghiaietto che fa inciampare le signore con i tacchi. Ma fa inciampare anche le signore senza tacchi. C’è il buffet preso d’assalto come se nessuno mangiasse da tre giorni. Ci sono i tavoli con la gente che mangia e i tavoli con la gente che il cibo neanche lo guarda: lo stomaco è annodato in attesa della conta. La conta, in effetti, è più noiosa di quella che precede l’elezione del presidente della repubblica (con la differenza che al Ninfeo, nessuno scrive sulla scheda. «Sofia Loren»). Mariarosa Mancuso. Il Foglio.
Non c’è pace per l’eredità di Carlo Caracciolo, il principe napoletano morto a 83 anni nel dicembre 2008. A lungo le ricchezze dell’azionista storico del gruppo l’Espresso sono state contese tra la figlia Jacaranda Falk, unica erede legittima, ex giornalista de l’Espresso, e i fratelli Carlo e Margherita Revelli, che rivendicavano di essere figli naturali del principe. Il principe faceva un po’ come il cuculo: depositava le sue uova nei nidi degli altri. Ora i tre fratelli sono concordi nel denunciare Milvia Fiorani, 76 anni, principale collaboratrice e grande amica di Carlo che ha beneficiato di una donazione testamentaria (termine tecnico «legato») di 2 milioni di euro, oltre l’usufrutto della casa in cui abitava. La decisione di presentare ricorso in tribunale contro una persona comunque «di famiglia» sarebbe stata presa da Jacaranda, in accordo con i fratelli Revelli: l’eventuale somma recuperata verrebbe ripartita tra loro secondo lo schema della transazione principale. Aldo Grasso. Sette.
La Cina ha sviluppato un mercato robusto per le merci, ma le manca ancora un libero mercato delle idee. Ronald Coase, premio Nobel per l’economia. The Economist.
Abituati ai dividendi della pace le società post eroiche non hanno più voglia di mandare degli uomini a morire in combattimento. Nel 1914 mille uomini cadevano ogni giorno al fronte. Nel 2012, la morte di quattro soldati francesi in Afghanistan è stata sufficiente per provocare la modifica dell’impegno francese in quel paese. Isabelle Lasserre. Le Figaro.
Ramona è stupenda fin dalla sua prima apparizione. È una donna benestante, divorziata, che frequenta un corso serale tenuto da Herzog (protagonista dell’omonimo romanzo di Saul Bellow). Una sera, Ramona invita a cena il professore. Moses è titubante, non gli piace avere relazioni extrascolastiche con le allieve. Poi i due prendono un taxi diretti alla casa di Ramona. Lei gli propone di sentire come le batte il cuore. Lui aveva fatto per prenderle il polso, ma lei aveva detto: «Non siamo mica bambini, professore» e gli aveva messo la mano altrove. Antonio D’Orrico. Sette.
Un cannibale entra in un ristorante, chiama il cameriere e se lo mangia. Walter Chiari.
Il buonista non sa quanto è cattivo. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 8/7/2014