Luigi Mascheroni, Il Giornale 08/07/2014, 8 luglio 2014
LO SCRITTORE CHE VOLEVA UCCIDERE BARICCO
Il romanzo inizia nell’ufficio di una celebre Scuola di scrittura, che è anche casa editrice, ed è anche libreria. Una vera factory. Seduti uno di fronte all’altro ci sono: uno scrittore famoso, ricco, elegante, che si chiama Holden; e uno scrittore non famoso, squattrinato, vestito in modo dozzinale, che si chiama Mengoli. Gli scaffali alle pareti sono ricolmi dei romanzi dello scrittore famoso, «comprese le molteplici edizioni straniere». Ci sono anche molte foto: in una lo scrittore famoso, da giovane, è seduto accanto a Italo Calvino, «in un’altra Walter Veltroni gli consegna un premio letterario»... Comunque, lo scrittore non famoso ha una pistola e minaccia di uccidere lo scrittore famoso.
Il romanzo s’intitola Iene di carta, ha un sottotitolo da pamphlet - «Invettiva contro l’editoria» - lo pubblica una casa editrice contro il sistema editoriale (Guaraldi), lo scrive uno scrittore che si chiama (come il protagonista del romanzo) Michele Mengoli, e come fascetta di lancio ha scelto: «Il romanzo che mette al rogo Alessandro Baricco e svela il sistema (psicoterroristico) su cui si regge l’editoria». Olè!
E quindi, se ancora non lo si era intuito, si capisce che Mengoli è lo scrittore-tipo «tritato, sfruttato e vomitato dal sistema editoriale», mentre Holden è «l’alter ego del più celebre scrittore italiano degli ultimi decenni», che tiene le lezioni in aula (come le presentazioni di libri in teatro e le performance narrative in tv) in maniche di camicia arrotolate e «seduto sopra la cattedra, a gambe ciondolanti». Cose così. Sì, è lui. Baricco.
Scritto secondo le regole delle migliori scuole di scrittura creativa (e qui l’autore si offenderà), Iene di carta è un romanzo divertente e furioso. Con tre grandi qualità. La prima: è brevissimo (50 pagine). La seconda: è un irresistibile, tragicomico, atto d’accusa contro l’attuale sistema editoriale (di cui Holden-Baricco rappresenta l’icona riccioluta), una macelleria culturale fatta di scuole di scrittura inutili e costosissime («Tutti figli di papà, perché il corso costa come un viaggio di nozze in Polinesia, sposa esclusa»), di libri pubblicati a pagamento (nel romanzo viene riprodotta una lettera-tipo della fatidica Holden Edizioni, in cui, dopo accurato commento critico dell’opera, si chiede all’autore «un contributo alle spese / per un totale di 6.300 euro»), e fatto soprattutto di ipocrisie, opportunismi, illusioni. Ah, manca la terza grande qualità del libro. Il finale.