Claudia Casiraghi, Libero 08/07/2014, 8 luglio 2014
CHE VITA DA NANI
Catturare l’attenzione di Matt Groening e la sua fiducia, al punto da farsi affidare la scrittura di un’intera puntata dei Simpson non è impresa da poco nemmeno per chi col genio americano ci lavora da anni. Figuriamoci per uno sconosciuto d’oltreoceano, costretto a confinare le proprie abilità artistiche in Gran Bretagna. Eppure Ricky Gervais, creatore contestato e poi interprete lodato della britannica The Office (in onda sulla Nbc dal 2005 al 2013), non solo è riuscito a mettere mano al cartone più irriverente della televisione ma, senza la preoccupazione di dover reinventare il proprio stile, ha preso a braccetto il collaboratore di sempre, Steve Merchant, e con lui ha dato alla luce una serie destinata ad essere bollata sin dall’esordio come l’espressione più piena dello humor inglese. Irriverente, dissacrante, ma mai greve, Life’s too short sbarca stasera su Sky Arte (ore 21.10, canale 120 e 400 di Sky), un’anteprima assoluta pronta a replicare il successo di The Office, liberando l’estro della coppia Gervais-Merchant dai vincoli a lei imposti dall’azienda fittizia che faceva da cornice alle vicende di The Office. Non ci saranno pantomime da lavoro, né ci saranno le filippiche di Steve Carell a fare da contraltare all’umorismo cinico di Gervais e socio. Al centro di Life’s too short sarà solamente Warwick Davis, attore noto ai quattro angoli del mondo per via dei suoi 107 centimetri d’altezza. Un fardello per molti, un punto di forza per altri, vissuto dal ragazzo con una leggerezza tale da permettergli di diventare bersaglio delle pretese comiche del duo britannico. Già interprete di Harry Potter, Star Wars, Leprechaun, Davis presta il suo nanismo alla narrazione di Life’s too short spingendola oltre i limiti del politically correct per farla approdare ad orizzonti nuovi.
Davis, una vita reale ammantata di crisi per l’occasione, diventa così la prima voce di un finto documentario (in gergo tecnico mockumentary), realizzato ad hoc per demistificare una volta per tutte il buonismo nascosto dietro le pratiche del vivere comune. La moglie lo ha lasciato per via del suo carattere ingestibile, l’agenzia di cui è titolare, Dwarves for hire (Nani in affitto), è sull’orlo del fallimento e, come se non bastasse, Davis ha contratto con il fisco inglese un debito non indifferente.
Ma questo non basta a fare di lui una specie di eroe della modernità. Davis è tutto fuorché uno stinco di santo e Gervais non manca di sottolinearlo. Antipatico, vanaglorioso, vanitoso e meschino, l’attore ha in sé le stigma della banderuola: cattivo con i più deboli, servile con i potenti, Davis è infido, spesso preda della cattiveria altrui. Diviso tra frustrazioni e prese in giro, l’inglese è pretesto per l’intervento umoristico di Gervais e Merchant, capaci di provocare risate infrangendo dettami morali.
«Life’s too short è una commedia naturalista che si occupa dei problemi del vivere quotidiano, delle nostre fobie, dei tabù sociali. E poi è il racconto della vita di un nano dello showbiz», ha dichiarato Gervias, strizzando l’occhio al suo piccolo complice artefice del successo della serie. «È stato Warwick in persona a raccontarci storie al limite del comico, materiale perfetto per una serie di cui ha scelto persino il titolo», ha continuato Gervais, produttore e, di tanto in tanto, interprete di Life’s too short.
Nonostante infatti sia Davis il protagonista conclamato, nella serie non mancano cameo d’autore: tra Sting, Johnny Depp, Gervais e Merchant, Life’s too short, ricerca del riscatto socio-professionale di un attore nano, annovera tra le sue fila persino Helena Bonham Carter, dispotica e malvagia interpreta di se stessa.