Anna Maria Greco, Il Giornale 08/07/2014, 8 luglio 2014
FERRI IN BILICO PER GLI SMS MILANO, ORA BRUTI RISCHIA
Mentre a Roma rimane in bilico la sorte del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, a Milano potrebbe aggravarsi la situazione del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Al comitato di presidenza del Csm, infatti, è arrivata ieri una nota assai critica del procuratore generale Manlio Minale, sulle vicende dell’Expo e degli interrogatori da cui è stato escluso Alfredo Robledo, oggetto del suo secondo esposto. Parla di «ferita alla trasparenza» per la revoca delle indagini all’aggiunto e di violazione delle stesse prassi del Csm. A Palazzo de’ Marescialli probabilmente sarà resa nota oggi ed è stato anche sollecitato il parere del consiglio giudiziario locale sulla vicenda. Se le cose si mettessero di nuovo male per Bruti, oltre all’azione disciplinare rischierebbe di veder sfumare l’eventuale riconferma appena chiesta al Csm.
Per il caso Ferri, invece, l’Anm sferra l’attacco appena chiuse le urne per le elezioni dei togati del Csm. Critica il sottosegretario, rimasto invischiato nella storia dell’sms ai colleghi della corrente di Magistratura indipendente per sostenere due candidati in corsa. È «una evidente e grave interferenza nel delicato equilibrio tra i poteri», dice la nota del «sindacato» delle toghe.
Ferri potrebbe essere costretto a dimettersi, come chiede Mario Giarrusso del M5S, ma l’ultima parola spetta al premier Matteo Renzi. Che l’avrebbe giudicato «indifendibile», soprattutto dopo aver messo tra i 12 punti della riforma della giustizia il no alle carriere fatte grazie alle correnti e non per merito. Ma per ora i contatti con il Guardasigilli Andrea Orlando e l’incontro di ieri sera tra i due non avrebbero portato a nulla di definitivo.
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano chiede al sottosegretario di chiarire, ma fa capire che questa bufera potrebbe essere stata strumentalizzata. «Ferri - dice - ha il diritto e il dovere di fare una riflessione e di comunicarla pubblicamente. È una vicenda che va affrontata senza ipocrisie. Ma vedo urla indignate di protesta da chi fa finta di non sapere come si svolgono le elezione del Csm, cioè con una contesa aspra tra le correnti».
Non c’è dubbio che la storia sia il frutto avvelenato di uno scontro interno all’Anm e a Mi, di cui il sottosegretario è stato il leader e il rappresentante al Csm, portandola ad una crescita che minaccia le altre correnti, Unicost e il cartello di sinistra Area. Ora che Mi si è divisa in due anime, tra i fedeli alla linea di Ferri e i contrari che sostenevano candidati diversi da quelli segnalati da Ferri (Lorenzo Pontecorvo e Luca Forteleoni), l’occasione è ghiotta per una resa dei conti che danneggia fortemente la corrente in ascesa. Carlo Citterio di Area, membro del «parlamentino» dell’Anm, chiede a Orlando di mettere alla porta Ferri e un attacco viene da Marcello Matera, segretario di Unicost, per cui il sottosegretario sarebbe l’emblema del «correntismo più spinto».
L’Anm, che di fronte alle accuse di politicizzazione della magistratura ha sempre tirato fuori il vessillo dell’autonomia e indipendenza delle toghe, stavolta dice che il caso «fa emergere ancora una volta la problematicità dei rapporti tra politica e magistratura e la necessità di porre dei limiti per assicurare una netta distinzione di ruoli e funzioni».
Il paradosso è che le correnti che storicamente hanno sostenuto il «collateralismo politico» con i partiti di sinistra, sono quelle di Area mentre la linea di Mi è stata quella di interventi più sindacali, per migliorare il lavoro dei magistrati e tutelare l’immagine di terzietà.
Adesso, però, sotto accusa finisce proprio Ferri, criticato perché come «tecnico» è entrato prima nel governo Letta e poi in quello Renzi, mentre lo si ritiene in quota Fi. E se lui esce dalla scena di Via Arenula, nella Mi che ha contribuito a rendere grande, sono in tanti che vorrebbero sostituirlo. A cominciare dagli animatori della fronda interna, come Marcello Maddalena e Piercamillo Davigo.