Sergio Romano, Corriere della Sera 8/7/2014, 8 luglio 2014
IL TERRORISMO ISLAMISTA, LE SUE ARMI E IL SUO DENARO
Una miriade di sigle che non nomino per brevità, tutte sotto il denominatore comune di Al Qaeda, dall’Africa sub sahariana, alla Nigeria e alla Somalia, dalla Siria e dall’Iraq per arrivare fino al Pakistan, strutturate come veri e propri eserciti, stanno combattendo una guerra in nome dell’integralismo islamico. Le mie domande sono: ma chi li finanzia? Dove trovano le risorse per mantenere tutta questa vasta organizzazione? Se gli Stati che combattono il terrorismo islamico non riusciranno al più presto a bloccare i finanziamenti e chi li
eroga, la guerra non sarà mai finita.
Antonio Merlo
antonio_merlo@icloud.com
Caro Merlo,
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 molti Paesi adottarono leggi che consentivano ai governi di meglio vigilare sui circuiti finanziari. È probabile che quelle leggi abbiano fortemente ridotto i trasferimenti di denaro indirizzati a gruppi terroristici. Ma vi sono almeno tre Paesi del Medio Oriente — Arabia Saudita, Iran e Qatar — che non hanno mai smesso di aiutare i movimenti ideologici e religiosi con cui hanno una maggiore affinità politica e spirituale. Questi movimenti non sono necessariamente terroristici, ma i finanziamenti sono segreti e possono lungo la strada cadere in mano a fazioni e correnti radicali. È accaduto particolarmente in Siria dove i gruppi che combattono contro il regime di Bashar Al Assad sono stati aiutati con armi e denaro da molti donatori, fra cui qualche potenza occidentale. È probabile che alcuni di questi Paesi, dopo avere compreso che i destinatari non erano affidabili, abbiano smesso di foraggiarli. Ma quando giungono in un territorio dove non esistono due fronti, distinti e compatti, le armi e il denaro sono difficilmente «tracciabili».
Esiste poi l’autofinanziamento. Se un movimento armato dispone di una base territoriale, può sfruttarne le risorse minacciando le imprese di colpire i loro impianti o sequestrando i loro dipendenti. Né le imprese né i governi stranieri ammetteranno mai di avere pagato un riscatto, ma le prime hanno interesse a continuare le loro operazioni e i governi non possono abbandonare i loro connazionali alla mercé di bande che non esitano a distruggere e a uccidere.
Vi sono state infine circostanze, caro Merlo, in cui le potenze occidentali hanno involontariamente contribuito a riempire gli arsenali delle milizie islamiste. Una buona parte delle armi usate per abbattere il regime del colonnello Gheddafi sono finite nelle mani dei guerriglieri di Al Qaeda nel Maghreb islamico, l’organizzazione che opera da qualche anno nel Sahara e nel Sahel .