Stefano Montefiori, Corriere della Sera 8/7/2014, 8 luglio 2014
TRENTUN GIORNI VISSUTI SOTT’ACQUA. FABIEN COUSTEAU SUPERA IL NONNO
Manca il berrettino di lana rosso, che Jacques Cousteau indossava in omaggio ai detenuti di Tolone (i primi a sperimentare i suoi scafandri, prima della guerra), e che Bill Murray porta con fierezza nel film «Le avventure acquatiche di Steve Zissou», parodia-omaggio di Wes Anderson. Per il resto, Fabien Cousteau ha accolto l’eredità del nonno, e la rilancia con la «Mission 31»: 31 giorni passati 19 metri sott’acqua, in Florida, a bordo della base sottomarina «Aquarius», per celebrare i 50 anni della precedente avventura di Jacques Cousteau.
Nel 1964 il fondatore della dinastia di esploratori marini guidò una spedizione di 30 giorni nelle profondità del Mar Rosso, in Sudan, a bordo del «Conshelf II», con lo stesso obiettivo: condurre esperimenti, studiare fauna e flora degli abissi, e soprattutto sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sul bisogno di conoscere e quindi preservare il mare. In realtà pare che Jacques Cousteau non abbia passato neanche un giorno sott’acqua, limitandosi a dirigere le operazioni a bordo della sua mitica nave «Calypso» ormeggiata vicino.
Ma la leggenda Cousteau è rimasta e Fabien, 46 anni, è determinato a farla rivivere. «L’obiettivo della mia missione era raggiungere simbolicamente 331 milioni di persone in tutto il mondo — ha detto mercoledì scorso, appena tornato in superficie —, e credo di averlo largamente superato. Ho potuto usare mezzi come Skype o Youtube che mio nonno poteva solo sognare, quando è morto nel 1997».
Assieme agli svizzeri Piccard (dal mare allo spazio al cielo, l’ultima prodezza è l’aereo a energia solare Solar Impulse 2), i francesi Cousteau hanno trasportato nella realtà il sogno ottocentesco, tra Jules Verne e Illuminismo, del progresso legato all’esplorazione. Con un tono tra l’entusiasta e il dolente, tra Tin Tin e catastrofismo, Jacques Cousteau ha riempito le domeniche pomeriggio di tanti bambini degli anni Settanta con i viaggi della sua Calypso, tra squali — in fondo buoni anche loro, come tutta la natura — e i pericoli dell’inquinamento prodotto dagli uomini (cattivi, tranne lui). Prima che Greenpeace prendesse in mano la comunicazione globale sulla tutela dell’ambiente, con metodi più determinati e spettacolari come l’assalto dei gommoni alle baleniere, il berretto rosso di nonno Cousteau ha solcato i mari in difesa della barriera corallina e di altre cause destinate all’approvazione unanime, vincendo Palma d’oro a Cannes e Oscar per il documentario «Il mondo del silenzio» girato con Louis Malle.
La biografia non autorizzata di Bernard Violet e il libro del figlio Jean-Michel Cousteau hanno poi gettato un po’ di ombra sulla figura troppo luminosa del fondatore. Che non sarebbe stato un resistente ma piuttosto un collaborazionista di Vichy. Che avrebbe scritto parole ignobili contro gli ebrei che affollavano Marsiglia nella speranza di sfuggire ai nazisti e ai loro solerti aiutanti francesi. Che si sarebbe vantato di avere creato il sistema aqualung (la bombola di ossigeno per respirare sott’acqua) e lo Scuba (Self Contained Underwater Breathing Apparatus ) quando il merito andava piuttosto all’ingegnere Émile Gagnan. Infine, Jacques Cousteau avrebbe preferito per sempre l’altro figlio, Philippe, falciato dall’elica dell’idrovolante durante una spedizione a Lisbona.
Jacques e Jean-Michel si sono amati e dilaniati: il primo ha fatto causa al secondo che aveva osato aprire un parco di divertimenti Cousteau alle isole Fiji e un albergo alle Hawaii, e poi ha scaricato su di lui tutta la colpa per il clamoroso insuccesso del parco marino — senza una goccia d’acqua — costruito sotto Les Halles, a Parigi, negli anni Novanta, con queste parole: «Non è il fallimento del parco, ma di mio figlio. Non è perché un ragazzino nasce dal tuo seme che ha le qualità per prendere il tuo posto».
Dopo splendori e orrori, la saga della famiglia Cousteau torna adesso grazie a Fabien, figlio di Jean-Michel, che ha imparato la grande lezione divulgativa del nonno: «Finora è stato esplorato neanche il 5 per cento del mondo oceanico, ci sono ancora tante cose da scoprire». L’avventura riparte, (forse) senza Edipo.
Stefano Montefiori