Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 8/7/2014, 8 luglio 2014
BARBARA E IL SUO PUBBLICO: FIGURANTI LIBERATI DAL SILENZIO
Il pubblico di Forum ama la sua Barbara, nel senso di Palombelli. C’è modo di intuirlo perfino da casa. Tra le mie ossessioni televisive, accompagnate da un senso compassionevole che sfiora il sogno di una possibile rivolta dei poveri convocati, campeggia l’esistenza del pubblico deportato lì in studio. Talvolta muto: puro umano arredo di sfondo, quasi a voler dimostrare l’incarnazione d’ogni format nello spettacolo del mondo, altre volte, com’è il caso di Forum, Canale 5, sotto la benevola supervisione di Barbara Palombelli. Mi riferisco a un pubblico attivo: parlante, vociante, indignato, scettico, a un pubblico narrante i propri sogni, meglio, i propri cazzi. Talvolta amarissimi. Dunque, per una volta almeno, pronto a interrompere la sensazione corrente d’essere venuto al mondo del collocamento dello spettacolo per subire ogni genere di solfa altrui. Fra l’altro, il dogma secondo il quale il pubblico ne possa sapere assai meno di un Pippo Baudo è assolutamente arbitrario, come dimostrano certe smorfie, certi tratti di insofferenza che talvolta c’è modo di cogliere tra i proscritti. A nulla varranno le raccomandazioni, le cazziate dei gruppisti che poco prima di entrare in studio invitano a non sbadigliare, non ridere e applaudire al momento opportuno, di non mostrarsi appunto scazzati.
Il miracolo compiuto da Barbara Palombelli sotto la volta celeste del suo tribunale-tavernetta, mostra invece un’altra realtà, che sembra liberare il pubblico, i figuranti dal giogo della subalternità. Ciò non toglie che il pubblico di Forum possa talvolta sprofondare nel luogocomunismo, nella banalità, nel già sentito, nell’insopportabile buon senso familiare che sa di pentolino con uovo sul fuoco e di visita fresca all’Amplifon. Nello specifico, coloro che pendono dalle labbra di Barbara nostra rispondono alle regole dei distinti stessi. La figurante donna rimanda a un genere di pensionata insofferente, dotata di una vivacità che in assenza di una scrittura televisiva avrebbe come unico sfogatoio il banco del fruttarolo sotto casa: “Po’ esse’ mai che ‘ste pesche vengheno 18 euri ar chilo?”.
Quanto invece all’uomo, non meno pensionato, questi suggerisce un sincero amore per le canzoni di Charles Aznavour, come certi zii armati di pipa, le basette brizzolate curate dal barbiere “Joseph”, la bottiglia di “Chivas Regal” nel suo cofanetto “riserva extra-lusso”, l’amante, ossigenata, in abito lungo verde, la moglie al mare per le ristrutturazioni, il cognato omosessuale con cardigan e borsello con le sue afflizioni d’amore. Le giacche color crema dei maestri dell’orchestra: “Balliamo questo lento?” “Sì, balliamo”.
C’è perfino da immaginarli in gita in pullman alla fine della stagione della messa in onda, con la Palombelli al microfono che intona per tutti la battistiana Canzone del sole: “Oh mare nero, mare nero, mare ne’… “Che dichi, Barbare’, che se rifa’ l’anno venturo ‘sta nostra bella trasmisione, eh, che dichi?”
Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 8/7/2014