Marco Ventura, Il Messaggero 08/07/2014, 8 luglio 2014
LA GRECIA ALZA LO SGUARDO
IL CASO
Telemaco, Aristotele, il Partenone. Matteo Renzi ha raccolto il testimone della Grecia alla guida dell’Unione Europea con un peana, un’apologia, dell’Europa che deve saper parlare non solo la lingua dell’economia ma quella dei valori e della cultura. La Grecia oggi ha qualcosa da insegnare pure sul versante del consolidamento fiscale e della ripresa della crescita. E, forse, nelle parole del premier a Strasburgo c’era un messaggio volto a sfatare le convinzioni politicamente corrette sull’incubo Grecia. Il modello negativo del Paese che si è affidato alle cure intensive della Troika (Fmi, Bce e Commissione europea) potrebbe trasformarsi in modello da seguire. Quello che la Grecia ha realizzato è simile a quanto dovrebbe fare l’Italia, senza l’assillo del Programma.
I CONTI
La Grecia nel 2014 crescerà dello 0,6 per cento grazie a riforme strutturali imposte dalla Troika e messe in atto con coraggio dal governo di Antonis Samaras (e dai greci, ovviamente), poi si attesterà al 2,9 per cento nel 2015 rispetto all’1,3 dell’Italia, salendo nel 2016 fino al 3,7. «Nel 2010 siamo partiti in Grecia da un deficit alto, un debito alto ma non altissimo, una bilancia commerciale in deficit e una elevata domanda interna - spiega un economista di Bruxelles che lavora sui dossier - I tassi d’interesse sul debito di oltre il 20 per cento non erano sostenibili e la Grecia è dovuta ricorrere agli aiuti. Il programma ha ridotto il deficit al netto del rifinanziamento delle banche. Il debito ovviamente è aumentato per via dei prestiti dell’Europa, ma in quattro anni il deficit di bilancio che era meno 15 per cento sul Pil è stato colmato, e il disavanzo commerciale da meno 20 si sta riequilibrando grazie a minori importazioni e a maggiori, anche se di poco, esportazioni».
È vero che i greci sono più poveri di prima della crisi e la disoccupazione più alta. «Ma sono state fatte le riforme strutturali, la crescita è stabile, l’economia competitiva». Le agenzie di rating, Fitch e Standard & Poor’s, hanno attribuito a Atene rispettivamente la B e la B-, con prospettive stabili.
«Fatta la riforma del lavoro, gli investimenti stranieri sono tornati convenienti». I salari privati sono scesi del 35 per cento, quelli pubblici del 25.
I COLOSSI
Tornano gli investitori internazionali. La Hewlett-Packard esporterà computer in Europa tramite il gigante dei container cinese Cosco Pacific che si è accordato col Porto del Pireo tornato a essere un Hub per Europa dell’Est e Mediterraneo. Da Palo Alto a Atene, passando per Shangai. Le aziende tornate a investire nella patria di Aristotele e del Partenone si chiamano Canadian Eldorado Gold (miniere d’oro), US Watson Pharmaceuticals (ha comprato per 562 milioni di dollari la greca Specifar), nell’alimentare gli olandesi della Friesland-Campina, nella moda il colosso cinese Fosun entrato col 13,4 per cento in Folli Follie Group, greco. E poi cechi, olandesi, turchi, cinesi, americani. Molti nel settore energetico, con investimenti pure nel solare. Da Phoenix alla Macedonia e a Creta.
LE TAPPE
Gli economisti della Troika hanno lavorato gomito a gomito coi tecnici del governo Samaras (e con le banche oggi ricapitalizzate e a prova di stress). Riforme strutturali e lotta agli sprechi le parole d’ordine. Noi parliamo di riforma della giustizia, loro l’hanno fatta con un nuovo codice di procedura civile. Noi parliamo di spending review, loro l’hanno applicata censendo le pensioni d’invalidità per farle rientrare nel tetto del 10 per cento sul totale. Tutti i presunti disabili hanno dovuto ripresentare la documentazione per dimostrare di averne realmente diritto: nel 2012 i primi 30 milioni di euro di risparmi, con una previsione di tagli a regime, su base annua, di 170. Nel segno dell’equità.
Capitolo a parte la spesa sanitaria. Noi parliamo di costi standard. I greci hanno trasferito le competenze dei fondi pensione a un solo gestore. Risultato: da 4 miliardi di spesa nel 2010 si è scesi a 2, la metà, nel 2014, grazie a un accordo con le case farmaceutiche e ai nuovi limiti di rimborso pubblico (le aziende hanno dovuto stringere un patto tra loro per spartirsi la torta). In più, la consegna ai medici di un computer inserito in una rete di controllo elettronico delle prescrizioni. E così, fine degli abusi e restaurazione del sano dialogo tra Stato e ditte farmaceutiche.
Non tutto è rose e fiori, ovviamente. Ma qualche speranza in più c’è, ora, per la “generazione Telemaco” doc, ellenica. Un’impresa “titanica”. La tredicesima fatica di Ercole. Targata Troika.