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 2014  luglio 08 Martedì calendario

PASSERA: UN PERCORSO TUTTO IN SALITA, IL SUO

Francamente credevo che, al pari di Luca Cordero di Montezemolo, anche Corrado Passera rinunciasse nel proseguire il suo impegno in politica, dopo la sua non esaltante partecipazione al flebile governo Monti. Invece Passera non molla. Dopo una convention, eccolo con un libro. Il titolo è accattivante: Io siamo anche se sa troppo di copywriter. Meglio il sottotitolo: «Per costruire un’Italia migliore» che ha il solo difetto di averlo già sentito in bocca persino ad Antonio Di Pietro e a Gianfranco Fini, gente che non conosce nemmeno l’Italia che c’è. Immaginiamo se è in grado di prefigurarne una migliore.
Da questo punto di vista, Passera svetta. Ricordo, una quindicina di anni fa, di essere andato a trovarlo nella torre delle Poste, all’Eur a Roma. Trovai, al piano terreno, una portineria enorme, ma sguarnita. C’erano solo un’impiegata e una guardia. Mi dissero: «Vada al 13° piano». Raggiunto Passera, gli chiesi: «Ma chi sta, sotto di lei, nei primi 12 piani?». «Nessuno». «In che senso?». «Nessuno, perché ho mandato tutti il più vicino possibile alle filiali postali, quando non nelle filiali stesse. Io stesso, fra poco, lascerò questo grattacielo, dove non resterà più nessuno». Ecco, Passera è questo. Ed ha il difetto di non averlo fatto sapere. Passera non si limita a dire che ridurrà la burocrazia. Lui l’ha ridotta. E drasticamente, anche. Non per massacrare ma per fare efficienza. Infatti, sotto la sua regia, le Poste hanno cambiato volto.
Il suo approccio anticonformista si rivela anche nelle proposte di questo libro programmatico. Vuole fare un’asta fra i territori che, traendone vantaggio economico, si candidano a ospitare i rigassificatori, prevede un bonus badante che solleverebbe le famiglie e i conti degli ospizi, punta sulla sussidiarietà per non far fare, più onerosamente, allo Stato, ciò che le famiglie o i gruppi di volonterosi farebbero meglio con meno soldi. Prevede un ministero della Bellezza. Indica come si possono trovare 400 miliardi di euro da gettare nel paese per farlo uscire dalla lunga agonia. Che problema c’è allora? Il problema non è Passera, ma il paese che deve votarlo. Sinora questo paese ha preferito i demagoghi o il mugugno del non voto. Passera non è demagogo. Forse non c’entra con quest’Italia. Ma non si può dire mai.
Pierluigi Magnasch, ItaliaOggi 8/7/2014