Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Berlusconi è nei guai perché la Corte Costituzionale gli ha dato torto nel conflitto di attribuzione relativo al legittimo impedimento non riconosciuto dal tribunale di Milano durante il processo cosiddetto Mediaset...
• Piano, piano. Cominciamo da questo processo Mediaset.
Berlusconi, che comprava film negli Stati Uniti per le sue tv, era accusato di aver creato una catena fittizia di mediatori esteri, i quali a ogni passaggio gonfiavano artificialmente il prezzo di questi diritti americani in modo da dare al Cav una giustificazione per trasferire somme all’estero, sottratte in questo modo al fisco e parcheggiate in tanti conti personali. Il Cav s’è sempre difeso, dicendo di essere casomai stato vittima di un raggiro dei suoi e facendo notare che la somma eventualmente evasa in questo modo sarebbe talmente irrisoria rispetto alle tasse effettivamente pagate dalle sue aziende da rendere tutto l’impianto accusatorio risibile. I giudici del primo grado gli diedero tuttavia torto, condannandolo a 4 anni di reclusione e a 5 di interdizione dai pubblici uffici. I quattro anni di reclusione, per via dell’indulto, si riducevano automaticamente a uno. Ma l’interdizione dai pubblici uffici farebbe automaticamente fuori il Cav dalla vita politica. Il ricorso in Appello non sortiva effetto: quei giudici, lo scorso 8 maggio, hanno confermato in pieno la condanna del primo grado. In Italia i gradi di giudizio sono tre, dopo l’appello c’è ancora la Cassazione. Però in questo caso c’era spazio per un’altra mossa della difesa, il ricorso alla Corte costituzionale.
• Come mai?
Berlusconi aveva chiesto ai giudici di Milano che non si tenesse l’udienza del 1° marzo 2010, adducendo la necessità di presiedere un Consiglio dei ministri (a quell’epoca era capo del governo). I giudici non avevano accolto la richiesta, avevano tenuto ugualmente l’udienza e, dopo l’appello, i difensori di Berlusconi avevano perciò sollevato davanti alla Corte costituzionale il cosiddetto “conflitto d’attribuzione”, un’espressione che definisce il contenzioso tra due poteri dello Stato, in questo caso presidente del Consiglio e magistratura. È su questo che ieri si è pronunciata la Corte costituzionale, dando torto a Berlusconi. Come del resto tutti si aspettavano. «La riunione del Consiglio dei ministri - ha spiegato la Consulta - non è un impedimento assoluto. Spettava all’autorità giudiziaria stabilire che non costituisce impedimento assoluto alla partecipazione all’udienza penale del 1 marzo 2010 l’impegno dell’imputato Presidente del Consiglio dei ministri di presiedere una riunione del Consiglio da lui stesso convocata per tale giorno» che invece «egli aveva in precedenza indicato come utile per la sua partecipazione all’udienza».
• Che succederà adesso?
L’avvocato Franco Coppi, ingaggiato da Berlusconi per quest’ultima fase processuale, ha presentato già ieri il ricorso. La Cassazione si pronuncerà a novembre. Se non darà ragione a Berlusconi, annullando la sentenza, il Senato dovrà poi pronunciarsi sulla questione dell’interdizione dai pubblici uffici. Cioè espellere Berlusconi dal Parlamento ed esiliarlo per cinque anni dalla vita politica. Non so se mi spiego.
• Il Cavaliere potrebbe far cadere il governo?
Berlusconi ha reagito così: «Tentano di eliminarmi dalla politica ma vado avanti, ma confermo leale sostegno a governo. L’odierna decisione della Consulta, che va contro il buon senso e tutta la precedente giurisprudenza della corte stessa, non avrà alcuna influenza sul mio impegno personale, leale e convinto, a sostegno del governo né su quello del Popolo della libertà». Gasparri ha ventilato l’ipotesi che, di fronte a un pronunciamento sfavorevole, i parlamentari del Pdl possano dimettersi in blocco, determinando una situazione di paralisi inaudita e forse forzando la mano di Napolitano sulle elezioni anticipate. L’ipotesi ha suscitato dissenso all’interno dello stesso centro-destra (Carfagna, Galan) ed è poi stata respinta dal Cavaliere: «Non si abbandona il campo di battaglia» avrebbe detto.
• Mi pare tuttavia che i suoi guai giudiziari non finiscano.
Per niente. Lunedì c’è la sentenza sul processo Ruby. Il 27 comincia in Cassazione il processo sul lodo Mondadori, la faccenda per cui Berlusconi ha già versato a Carlo De Benedetti 560 milioni: la Cassazione deve decidere se De Benedetti deve restituirglieli. In quello stesso giorno, a Napoli, si decide sul rinvio a giudizio per la compravendita di senatori rivelata dall’ex senatore De Gregorio (reo confesso). Il 9 luglio, infine, la Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari del Senato affronterà la questione dell’eleggibilità di Berlusconi. C’è una vecchia legge, mai applicata, per cui chi ha concessioni dallo Stato non può entrare in Parlamento. Se la giunta dovesse votare per l’ineleggibilità, Berlusconi dovrebbe uscire da Palazzo Madama, immediatamente.
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