Tonia Mastrobuoni, La Stampa 20/6/2013, 20 giugno 2013
DRAGHI, LE INCOGNITE SUL “TOCCO MAGICO”
Siamo pronti ad agire se necessario»: l’altroieri Mario Draghi ha tentato di arginare il nervosismo che è tornato ad agitare i mercati e sta facendo rialzare i famigerati spread con una formula che ricalcava quella di un anno fa, quella che aveva impresso la svolta positiva alla crisi. I mercati, stavolta, non hanno reagito. E da qualche settimana sembrano freddi, nei confronti del presidente della Bce. Che Draghi abbia perso il suo “tocco magico”?
In realtà, la questione non è semplice. E a complicarla ulteriormente è intervenuto ieri il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble. Il limite di Draghi, ha insinuato il tedesco, è il suo essere troppo italiano. Lo scudo antispread che salvò l’euro nel 2012 dal collasso mina l’indipendenza dell’Eurotower, ha sostenuto. E poi: «l’ho spiegato più e più volte a Mario Draghi, che non lo capisce. Forse perché gli italiani hanno un modo diverso di pensare». Lapidaria la reazione di un portavoce Bce: «Tutti i membri del comitato esecutivo della Bce hanno a cuore l’interesse dell’Europa».
Oggi il problema non è più la tenuta dell’euro o della galassia finanziaria tra Paesi nordici e Paesi periferici, su cui Draghi ha dimostrato di avere un enorme potere di intervento. Oggi i nodi che attanagliano l’Europa sono più difficilmente aggredibili, perché esulano dalla sua sfera di intervento o rischiano addirittura di limitarla. Dipendono, infatti, da un’intesa franco-tedesca che sta minando l’Unione bancaria - un’indiscrezione che sembra confermata ieri da un’altra dichiarazione inquietante di Schäuble ma sono appese anche ad una sentenza della Corte costituzionale tedesca sullo scudo anti-spread che rischia di seppellire la moneta unica. Ancora, dipendono da uno scenario statunitense che tiene col fiato sospeso gli investitori di mezzo mondo e da una paralisi del settore bancario che sembra complicata da sciogliere. Infine, da una sintonia col governo tedesco imprescindibile. E che sembrava solidissima. Fino a ieri?
In ogni caso le parole di Draghi di martedì, forse sottovalutate, fanno presagire misure già al prossimo consiglio del 4 luglio. E non solo mosse straordinarie; non è escluso un ulteriore taglio dei tassi e uno sconfinamento di quelli sui depositi in territorio negativo. I problemi che sfidano la sua efficacia di intervento sono però molti. Il primo è il destino dell’Unione bancaria. L’accordo rischia non soltanto un rinvio a fine anno, come era ormai nell’aria, ma potrebbe essere azzoppato. Nonostante il membro del board Asmussen abbia nei giorni scorsi evocato un rischio di «zombificazione», bancaria - che farebbe presagire per l’eurozona un futuro “giapponese” di lunga stagnazione - e abbia definito «indispensabile» un meccanismo di risoluzione degli istituti di credito che accompagni la supervisione affidata alla Bce, ieri Schäuble si è detto contrario a un fondo di garanzia comune e scettico sul fondo di risoluzione. Quello, cioè, che dovrebbe garantire un paracadute europeo di ultima istanza nel caso di fallimenti: «ogni Paese si occupi dei suoi» ha ribadito ieri la sua (già nota) idea sul tema.
Fonti vicine al dossier sostengono che sul fondo di risoluzione (in sostanza un coordinamento di quelli nazionali) come sull’indisponibilità di Berlino all’ipotesi di una ricapitalizzazione retroattiva delle banche attraverso il fondo salva-Stati Esm, la Germania ha il sostegno della Francia di Hollande. Con i due pesi massimi dell’eurozona alleati su un progetto estremamente indebolito, sarà difficile immaginarlo diverso. Per la fonte «a Berlino l’idea che l’Esm ricapitalizzasse retroattivamente le banche non è mai passata. È il frutto di una lettura del vertice di giugno 2012 tutta italiana e spagnola».