Ugo Bertone, Libero 20/6/2013, 20 giugno 2013
PREZZI DEL PESCE ALLE STELLE COLPA DELL’APPETITO DEI CINESI
Affrettatevi: la vostra frittura di pesce potrebbe andarvi per traverso. Colpa del prezzo, mica di una lisca ingerita per errore. Attenti, poi, a fare i grandiosi a suon di ostriche e champagne per impressionare la vostra conquista estiva. Forse le bollicine, causa la crisi, vi costeranno meno di un anno fa.
Ma il prezzo delle ostriche, che in tre anni è già più che raddoppiato, è destinato a salire alle stelle. Colpa di una malattia che ha decimato l’acquacoltura francese ma, ancor di più, della crescita dei consumi da parte dei cinesi, inesorabili ghiottoni di gamberetti, tonni, cernie e così via.
LE PINNE
L’allarme arriva nientemeno che dalla Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di cibo e agricoltura: l’indice mondiale, che comprende sia i prezzi del pesce d’allevamento che di quello d’altura ricavato dall’andamento dei mercati di 223 Paesi di ogni Continente, segnala quotazioni in rialzo da un anno fa del 15 per cento, ben al di sopra dei livelli toccati nel 2011, quando nei supermercati si erano toccati livelli record. Senza dimenticare che, in media, i prezzi sono già aumentati tra il 2000 il 2011 di due volte e mezzo secondo gli esperti Onu. E presto potrebbe andare ancora peggio.
INDICE FAO DEL PESCE
Prendiamo il tonno, pinnipede che ha la disgrazia di piacere un po’ a tutti, a partire dai giapponesi. I prezzi, l’anno scorso, sono saliti del 12 per cento, ci avverte l’indice Fao (messo a punto nel 2010, dopo un lavoro ciclopico). Ma la passione per il sushi ormai non conosce confini, e per il povero tonno si annunciano tempi difficili e prezzi alle stelle.
Delle ostriche si è già detto: il calo della produzione, combinato con l’aumento della richiesta da Hong Kong e dalla Cina rischiano di farne un cibo proibito per i consumatori normali. E i gamberetti? Una volta tanto non camminano all’indietro, almeno in quanto ai prezzi. Le loro quotazioni salgono del 22% rispetto ad un anno fa, meno del salmone (+27%) che resta comunque al di sotto del primato assoluto toccano un paio d’anni fa. Ce n’è pure per i pesci meno nobili, vedi le acciughe o altri animali usati come base per i mangimi. Con la conseguenza di far salire alle stelle anche i costi dell’acquacoltura, oltre che quelli delle flotte che sfidano gli Oceani.
I NUOVI STILI DI VITA
Insomma, la Fao suona l’allarme: «Nei prossimi mesi» segnala il rapporto dell’agenzia Onu, «i prezzi ittici sono destinati a salire». Ovunque, perchè pochi alimenti, forse nessuno, possono vantare un mercato globale quale il pesce, il cui commercio all’ingrosso vale, quest’anno, qualcosa come 130 miliardi dollari.
Ma è davvero tutta colpa della Cina? In parte sì, come era già successo per il grano o per il balzo dei consumi di carne bovina. Il consumo di ostriche, cozze e frutti di mare in genere sale nella terra del drago di un buon 20 per cento all’anno ormai da diverse stagioni. A questo, come si è già detto, si aggiungono le disavventure degli acquacultori d’Oltralpe.
Ma sottolinea la Fao, pesano anche i nuovi stili di vita.
Il sushi sugli scaffali dei supermarket e ancora di più i pratici filetti di platessa, sogliola o altro pronti per il consumo sono ormai un’abitudine alimentare sempre più diffusa (anche su consiglio dei dietologhi) sia per le famiglie che per i single che vanno ad abitare in città.
L’ACQUACOLTURA
Ai problemi posti dalla domanda in crescita vanno poi sommati i costi i produzione crescenti: il cibo per sfamare i pesci di allevamento costa sempre di più. Senza tener conto della concorrenza spietata per conquistare le correnti più pescose. Non è solo per motivi di orgoglio nazionale che i pescherecci giapponesi e quelli i arrivo dalla Cina si confrontano nelle acque delle isole Daoyu (o Shensaku come vogliono i giapponesi).
Insomma, ancora una volta i problemi posti dall’economia globale rischiano di varcare la soglia di casa nostra. Al punto di farci razionare, se non negare, il piacere di gustare un rombo al sale o un trancio di tonno alla messinese. A meno che non si scelga la strada del fai da te, pinna fucile ed occhiali.
Ma attenzione.
In mari sempre più frequentati come una corsia dell’Autosole prima della crisi, bisogna scansare le reti dei cinesi, le fiocine norvegesi o la canna da pesca di qualche capitan Achab della domenica.