Andrea Laffranchi, Style 20/6/2013, 20 giugno 2013
LA VOCE NON BASTA. CI VUOLE UN FISICO BESTIALE
[Placido Domingo]
Definirlo il re dell’opera è riduttivo. La carriera cinquantennale di Placido Domingo è la più ricca del mondo della lirica: 140 ruoli interpretati, da tenore ma anche da baritono, oltre 3.600 rappresentazioni, 11 Grammy, gli Oscar della musica. A 72 anni non si ferma. Oltre che cantante, è manager – dirige la Los Angeles Opera – direttore d’orchestra, talent scout. Nel 1993 ha fondato Operalia (sostenuto da Rolex), concorso internazionale per scoprire giovani cantanti, la cui prova finale sarà a Verona dal 19 al 25 agosto.
Quali caratteristiche deve avere la voce che state cercando e cosa rende moderno un cantante? La voce è molto importante, ma oggi cerchiamo qualcosa in più. Con la crescente importanza delle riprese video, oltre ad avere una tecnica solida e a saper suonare molto bene uno strumento, ci vuole padronanza del palco. Devi essere un artista completo. Con il celebre marchio abbiamo un impegno comune: sostenere una sana competizione e coltivare giovani talenti nel campo della musica e dello sport.
Negli ultimi anni si sono visti cantanti d’opera molto sexy. Non è un rischio inseguire il pop sul suo stesso campo? Il fisico non basta, anche se oggi si presta più attenzione al lato estetico. Ma se chi canta non possiede un solido talento vocale, non farà una grande carriera.
I suoi primi ricordi musicali? Ho ascoltato di tutto. Ma sono cresciuto con la zarzuela, l’operetta spagnola, perché entrambi i miei genitori erano cantanti professionisti.
I Rolling Stones sono in tour per celebrare mezzo secolo di carriera, Paul McCartney sale sul palco a 71 anni, lei ne ha 50 di opera sulle spalle... Esiste un limite anagrafico? Quando non riesci più a farlo bene. In parte è una questione di tecnica e di allenamento, in parte di salute e fortuna. Ogni cantante ha dei problemi di voce almeno una volta durante la carriera. Se li superi o meno lo decide un lancio di dadi. Io li ho avuti spesso e ogni volta mi sono chiesto: «E se fosse la fine?». Per fortuna sono spariti e ora sono un lontano ricordo.
Nel XIX secolo l’opera era pop. Ora è qualcosa di più elitario. Potrà mai recuperare quel ruolo? L’opera non era poi così pop... Certo, 150 anni fa ogni italiano conosceva l’aria di La donna è mobile, ma non significa che tutti andassero all’opera. Prima di cinema, radio e tv, il teatro era quello che più si avvicinava all’idea di intrattenimento di massa. Oggi non è più così. Penso abbia un luminoso futuro artistico, ma la sopravvivenza economica è difficile. È sempre stato così. Il mondo dell’arte chiedeva denaro ai Medici e ai Papi; ora a governi, banchieri e industriali. Come si dice: «Tutto cambia per rimanere uguale».
I Tre Tenori sono stati pop. Cosa avrebbe rubato a Luciano Pavarotti e José Carreras? Nulla. Sono voci notevoli per la loro individualità. Luciano aveva un’estrema facilità nel raggiungere i registri più alti. Di José ho ammirato voce, coraggio nel seguire un proprio percorso artistico e nel combattere la leucemia.
Domingo, Carreras e Andrea Bocelli: i nuovi Tre Tenori? Non senza Luciano. Anche se Andrea è un amico.
Cosa contiene il suo guardaroba? Ho uno stile classico. Porto sempre un completo, grigio o blu scuro, e in valigia non mancano mai smoking e frac. Amo Ermenegildo Zegna. Il mio accessorio preferito? L’orologio.
Se non fosse una celebrity come userebbe i social network? Per comunicare con famiglia e amici. Non mi piace l’idea di rendere pubblica la vita privata, ma forse è un modo di pensare della mia generazione.
Si può riassumere un’opera in un tweet? Il Ring di Wagner: se pensi di avere dei problemi, spera di non essere Wotan. Il Samson et Datila di Saint-Saëns: scegli il tuo barbiere con molta attenzione.