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 2013  giugno 20 Giovedì calendario

L’ULTIMO GIORNO DA GRILLINA “È NAZISMO INFORMATICO”

ROMA — Adele Gambaro si è svegliata di colpo, bruscamente: «Questo è una specie di nazismo informatico». In privato la senatrice ha scelto parole pesanti come pietre. Perché in un attimo l’incantesimo grillino si è spezzato. La Rete, la democrazia diretta dei cinquestelle, l’immagine tranquillizzante dei parlamentari-portavoce che docili si lasciano guidare dai consigli degli attivisti del movimento. Tutto evaporato. L’hanno processata, insultata, buttata fuori. Lei ha osservato l’escalation sentendosi già lontana. E nel momento più cupo dell’epurazione si è lasciata andare: «Questa è una gabbia di matti».
In pubblico, però, Gambaro ha scelto un profilo diverso. Quasi sempre silente. Si era già spinta troppo in avanti, sfidando il leader assoluto. Ha ascoltato chi l’ha difesa fino alla fine e chi le ha chiesto di togliere il disturbo per un’intervista. Ha dimostrato doti di grande incassatrice. Mai scomposta, mai sopra le righe: «Lo devo - ha confidato - a quelli che mi sono stati vicini. Ai colleghi che mi hanno accompagnato ».
L’ormai ex parlamentare grillina si è confrontata a lungo con chi ha condiviso con lei i giorni più difficili. «Ho sofferto, ho sofferto tantissimo». Ora che tutto è finito, però, non riesce a scacciare lontano i timori per l’andamento del dibattito interno al pianeta grillino, né l’angoscia per il futuro: «Nessuno deve sottovalutare questa situazione, che è davvero preoccupante sotto il profilo democratico».
L’ultimo giorno a cinquestelle, Gambaro ha deciso di viverlo almeno un po’ al Senato. Accanto ai suoi ex compagni di strada. Anche a quelli che le hanno voltato le spalle. L’esito dello spoglio virtuale l’ha atteso però lontano da tutti, mentre in Aula proseguiva il dibattito. In fondo, la Corte del web doveva ancora pronunciarsi, ma la senatrice già sapeva come sarebbe andata a finire: «L’esito è scontato - ha detto ad alcuni senatori - Come volete che vada a finire?».
È finita con la senatrice Adele Gambaro da Bologna fuori dal gruppo grillino del Senato. La prossima destinazione è già fissata, l’accoglierà il gruppo Misto. E come spesso accade quando una storia finisce male, i titoli di coda hanno il vantaggio di sembrare quantomeno liberatori: «Finalmente è finita... Non vedevo l’ora che questa pantomima terminasse».
I rapporti umani con molti dei senatori restano ottimi. La maggioranza dei colleghi di Palazzo Madama si è esposta per lei, rischiando nuove scomuniche. Ieri la senatrice ha ringraziato parecchi di loro. Ma il giudizio sul movimento e sulle dinamiche che l’hanno stritolata, quello è cambiato radicalmente: «Io sono una persona per bene, ma alcuni di questi sono personaggi assurdi. Attenzione - ha avvertito in privato - non dovete sottovalutarli».
Il processo l’ha lasciata a tratti senza fiato. E un po’ l’ha fiaccata: «Mi è molto pesato, umanamente, essere finita in prima pagina per un’intera settimana. Io sono schiva, riservata. È stato un vero tritacarne. Mi ha fatto soffrire».
Al Senato i colleghi degli altri partiti l’hanno osservata a lungo con curiosità. Hanno imparato il suo cognome dall’accento che inganna. E di fronte al processo del web, iniziato ben prima della votazione finale, hanno iniziato a rispettarla. Se non altro per la determinazione con la quale ha affrontato il giudizio. Proprio ieri un senatore, lontano anni luce dall’orbita grillina, si è avvicinato a Gambaro. Davanti agli altri colleghi del movimento le ha stretto la mano. E senza abbassare il tono della voce l’ha salutata: «Senatrice, complimenti. Lei è stata coraggiosa». Ha ringraziato, nulla di più. Mai una parola fuori posto, in pubblico.
Parlerà, l’ex grillina. Non ora, ma tornerà a farsi sentire. Forse con un video, sicuramente incontrando la stampa. Intanto ragiona sui numeri, sui tredicimila che l’hanno bocciata e i seimila che hanno tentato di salvarla: «Voglio comunque analizzare cosa significano questi dati. Voglio capire». Con la stessa calma con la quale, dopo aver osato contestare Beppe Grillo in persona, domandava: «Ma cosa ho detto di male?».